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Così la Russia ha perso l’anima

Un numero straordinario del magazine che prova a rispondere alla domanda: “Cosa è oggi la Russia?” Un numero affidato a un collega russo esule dal luglio scorso che ha interpellato educatori, imprenditori, religiosi, protagonisti delle realtà non profit. Pagine straordinarie che testimoniano come il regime di Putin stia soffocando la libertà e la sua gente, data per data. Ma nonostante tutto la speranza resiste

di Alexander Bayanov

Cosa è oggi la Russia? È una domanda che ci inquieta da oltre un anno. Noi di Vita, in particolare grazie all’impegno di Riccardo Bonacina nelle vesti di giornalista e di attivista del Mean (Movimento europeo di Azione Nonviolenta) abbiamo fin da subito fatto una scelta di campo. Questa è una guerra di aggressione con un aggressore, la Russia e un aggredito, l’Ucraina.

Ma non ci siamo fermati qui. Consci che la pace non si costruisce né pretendendo il martirio del popolo ucraino, né attraverso l’escalation militare, ci siamo mobilitati per conoscere e allacciare legami con la società civile ucraina come sa chi ci legge sul magazine e sul sito.

Con questo numero facciamo un passo oltre, gettando un ponte verso quel pezzo di società civile russa che da dentro e da fuori il Paese prova a immaginare e costruire un futuro che non sia quello voluto dal guerrafondaio Putin. Come primo segnale abbiamo deciso di riservare l’ampio servizio di copertina a un racconto fatto di analisi, interviste, testimonianze interamente opera di russi (illustrazioni comprese) molti dei quali costretti a vivere da esuli. A loro abbiamo chiesto di rispondere alla domanda capitale su cosa sia oggi la Russia al di là di Putin e delle cronache belliche e delle analisi geopolitiche di cui trasbordano i media occidentali. Lo hanno fatto dal loro punto di vista di attivisti, ma soprattutto di cittadini, imprenditori, giornalisti, religiosi…

Queste pagine costituiscono un documento straordinario e unico. Un lavoro che non avrebbe potuto essere nemmeno immaginato senza l’incontro con un collega di grandissime qualità e coraggio umano e professionale come Alexander Bayanov e alla disponibilità della sua (e nostra) amica e traduttrice Simonetta Ferrario. (Stefano Arduini)

“Una mattina mi son svegliato e ho trovato l’invasor”

Penso che a molti tra noi siano venute in mente le parole di Bella Ciao la mattina del 24 febbraio 2022. Per la prima volta in quasi 80 anni sul territorio europeo è cominciata una guerra tra due Stati confinanti. La Russia, che durante la Seconda Guerra Mondiale ha sofferto più di tutti gli altri Paesi, è oggi l’invasore. Questo fatto stupisce anche per l’assenza di motivazioni reali, per la loro inconsistenza. Gli scopi inizialmente dichiarati, in primis la lotta contro il governo nazista dell’Ucraina che avrebbe preso il potere a Kiev, lasciavano stupiti per il loro cinismo che li imponeva con la propaganda a un pubblico disinformato. Come è noto, il presidente dell’Ucraina è di origine ebrea e già questo rende impossibile definirlo nazista. Fino al 2014, ha partecipato a molti show della televisione federale russa, era un ospite ben accolto ed è stato anche conduttore di diversi programmi: a quell’epoca non veniva dunque considerato un nazista. Anche la tesi relativa alla demilitarizzazione non è credibile già per il fatto che l’Ucraina non era pronta a questa guerra, così come la Nato, che ha dimostrato di non possedere una quantità sufficiente di armamenti per condurre azioni militari terrestri. Avendo definito “operazione speciale” una guerra vera e propria e avendo proibito ai mass media di chiamare guerra la guerra, lo Stato e la procura generale hanno di fatto impedito da subito a tutti i mass media federali e regionali di diffondere informazioni definite “non degne di fiducia” sulla guerra, sulle vittime civili e sulla distruzione di città ucraine.

L’annientamento della società civile

Il governo russo ha di fatto introdotto la censura di guerra senza aver dichiarato di essere in guerra, con sanzioni penali fino a 15 anni di prigione per coloro che si rifiutavano di chiamare “operazione speciale” ciò che stava accadendo. Questi atti legislativi “sulla diffusione di fake news in merito all’operazione militare speciale e all’esercito russo” o “sul discredito dell’esercito” sono stati adottati dal parlamento russo, in grande velocità, alla prima proposta, già il 4 marzo 2022. Da quel momento è iniziato l’annientamento della società civile in Russia.

Era possibile prevedere una vera e propria guerra in Europa, con operazioni militari, distruzione delle infrastrutture, utilizzo di armi e di artiglieria sulla linea del fronte, attivazione di un’isterica macchina di propaganda militare, introduzione della censura militare ed emarginazione della minoranza contraria alla guerra, come già accaduto nella prima e nella seconda guerra mondiale? Probabilmente no. Erano ancora troppo vicine le catastrofi del ventesimo secolo: sotto i nostri occhi è morta la generazione dei combattenti e il ricordo era ancora vivo. Ma il regime in Russia sembra aver dimenticato tutto. Oppure si è rivelato a tal punto incompetente che ha deciso di avventurarsi su una via folle, ha deciso di “giocare alla guerra”, come nei libri e nei film prodotti durante questi 80 anni di vita pacifica.

Come è stato possibile? Come “noi”, nel senso più largo del termine, l’abbiamo permesso? Nove giorni prima della sua morte, il 18 dicembre 2011, Vaclav Havel ha scritto una lettera profetica al popolo russo, pubblicata sulla Novaja Gazeta (attualmente chiusa), il cui significato si poteva cogliere solo considerando gli eventi terribili di quell’anno: «Penso che la società russa stia conducendo una lotta contro la più crudele di tutte le forme note del post comunismo, una combinazione dei vecchi stereotipi con i nuovi ambienti affaristici mafiosi. È possibile che i politologi trovino in futuro un legame tra la situazione che si è creata in Russia e le rivoluzioni arabe in corso, ma personalmente io sento prima di tutto l’eco della caduta della “cortina di ferro”, gli echi dei cambiamenti politici degli anni 1989-1990. Sono perciò convinto che sia indispensabile innanzitutto convincere i cittadini della Russia che il regime che si presenta loro come una democrazia in realtà non lo è per niente. Questo regime è connotato solo da alcuni estremamente formali aspetti di una democrazia. La peggior minaccia per la Russia sono l’indifferenza e l’apatia della gente. Le persone devono al contrario instancabilmente esigere il riconoscimento e il rispetto dei loro diritti e delle loro libertà. Le opposizioni si devono riunire, formare un governo ombra e diffondere il proprio programma presso le persone in tutto il territorio della Russia. L’opposizione deve rivolgersi ai compatrioti che per esperienza personale hanno verificato l’efficacia delle libertà democratiche in Occidente, chiamandoli a ricordare le proprie radici e a sostenere lo sviluppo della società civile in Patria».

Sembra che la società civile abbia perso la battaglia, che non sia in grado di opporsi. È davvero così?

Inizia la guerra, chiudono i media

In queste pagine presentiamo la cronaca degli avvenimenti accaduti in Russia dall’inizio della guerra. Iniziamo dunque.

Se consideriamo tutte le notizie pubblicate in questo anno dai mass media russi che sono dovuti fuggire in Europa per le persecuzioni del regime, al netto delle notizie legate alla guerra, si svela un quadro tragico, il grido silenzioso di moltissime persone che chiedono aiuto e sostegno.

Il 26 febbraio 2022, su richiesta dell’Ufficio del Procuratore della Federazione Russa, il Roskomnadzor (la Commissione che regola le attività nel campo dei media) invia una notifica ai media, richiedendo di limitare l’accesso alle informazioni non verificate sulle vittime tra la popolazione civile. Il Roskomnadzor blocca i siti di molti media russi: Nastojashee vremja, Tayga.info, l’edizione Krym.Realii, New Times, Interfaks-Ukraina, Doha, Dozhd’, Eho Moskvy (che è stata bloccata durante una trasmissione in diretta). Ben presto, una parte dei collaboratori del canale televisivo Dozhd’ lascia la Russia a causa delle minacce ricevute, e la stazione radio Eho Moskvy il 3 marzo viene chiusa dal proprio consiglio di amministrazione. Lo stesso giorno Dozhd’ decide di sospendere temporaneamente le trasmissioni. Il 2 marzo Serebrjanyj Dozhd’ comunica l’annullamento di tutte le trasmissioni “parlate”. Sul canale Telegram della radio viene pubblicata la scritta: «Non possiamo parlare. Non vogliamo mentire». Il 4 marzo smettono di trasmettere le pubblicazioni regionali online Znak.com (della città di Ekaterinburg) e TV2 (Tomsk). Lo stesso giorno, in seguito alla decisione dell’Ufficio del Procuratore generale del 24 febbraio, viene limitato l’accesso ai siti internet di Meduza, Radio Svoboda, Bbc News, Golos Ameriki, Deutsche Welle, ai social network Facebook e Twitter, ad App Store e a Google Play. I canali televisivi Bloomberg, Cnn e Radio Svoboda a causa della legge che di fatto sancisce la censura di guerra, sospendono le trasmissioni in Russia. Il 6 marzo il Roskomnadzor blocca i siti, molto popolari, di Mediazona, Republic, 7×7, Sobesednik, Snob, e diverse altre pubblicazioni.

Il 14 marzo viene oscurato Instagram.

Il 21 marzo viene oscurato il canale televisivo Euronews.

Il 28 marzo la redazione di Novaya Gazeta, nella persona del suo caporedattore Dmitrij Muratov, vincitore del Premio Nobel per la pace, annuncia la sospensione delle proprie attività fino alla fine dell’«operazione speciale sul territorio dell’Ucraina» dopo il secondo avviso del Roskomnadzor, che porterà poi alla revoca della licenza per la pubblicazione del giornale.

Ad oggi, secondo i dati di Roskomsvobodi (un progetto contro la censura) sono stati bloccati dalla censura militare praticamente tutti i media indipendenti, oltre 265, e oltre 10mila siti internet con posizioni contro la guerra. Alcune centinaia di giornalisti hanno lasciato la Russia. In tal modo il Governo russo ha soffocato in primo luogo la voce della società civile, liquidando di fatto tutti i media e i siti internet indipendenti.

Oltre 15mila arresti: se protesti vai in galera

Poi cominciano le repressioni dirette. Dall’inizio della guerra al 13 marzo 2022, per la partecipazione a manifestazioni contro la guerra, sono state arrestate circa 15mila persone. Dopo le grandi manifestazioni iniziali, il governo è riuscito con metodi duri, inclusa la violenza fisica, a ridurli fino ai picchetti solitari e alle azioni singole. Ad oggi il numero delle persone oggetto di repressione, secondo l’associazione Ovd-info che si occupa della difesa dei diritti umani, ammonta a 19.644 persone.

Il 14 marzo 2022, durante il telegiornale della sera trasmesso in diretta su Pervyj kanal (il principale canale federale della Tv russa), la redattrice Marina Ovsjannikova si fa riprendere dalle telecamere con un cartello contro la guerra che riporta le scritte “Fermate la guerra. Non credete alla propaganda. Qui vi mentono” e diverse volte ripete «Fermate la guerra!» e «No alla guerra!». Viene arrestata. Il tribunale la mette ai domiciliari. Il 17 ottobre il tribunale la priverà della potestà genitoriale sui figli minorenni per un procedimento penale per “fake news” sull’esercito russo, perché il 15 luglio, su una strada affollata di Mosca, si è presentata con un cartello con la seguente scritta: “Putin è un assassino. I suoi soldati sono dei fascisti. Sono morti 352 bambini. Quanti ancora ne devono morire perché vi fermiate?”. È stata costretta a lasciare la Russia con la figlia undicenne e si trova ora al sicuro in Francia.

Dal 14 marzo 2022 ad oggi, tra le personalità russe note, solo l’ex vice-premier Arkadij Dvorkovich, presidente della Fide (la Federazione internazionale degli scacchi) ha condannato pubblicamente la guerra in Ucraina. Venendo immediatamente destituito da tutti gli incarichi che ricopriva all’interno del governo.

Nella stessa data si viene a sapere che in Russia cominciano a proibire gli spettacoli e addirittura le canzoni degli artisti ucraini e russi pronunciatisi contro la guerra.

Il 21 marzo 2022 a Mosca si suicida Konstantin Ol’mezov, un matematico di origini ucraine. Dopo l’inizio della guerra aveva cercato di lasciare la Russia, ma era stato trattenuto. Ecco un estratto dalla lettera che ha lasciato prima di morire: «Ciò che è cominciato il 24 febbraio ha provocato in me cambiamenti. Temo che nella nostra lingua non vi siano ancora parole adatte a descrivere ciò che sta accadendo. La cosa più tragicamente ridicola è che tutti ancora credono che con la forza si possa ottenere qualunque cosa. Che basti piegare con sufficiente crudeltà le persone per far loro dimenticare ciò che è accaduto davanti agli occhi. Che, chiudendo tutte le bocche, si possa soffocare il pensiero. Essere privato della libertà per me è peggio della morte. Per tutta la vita ho cercato di avere libertà di scelta in tutto: il cibo, la professione, il posto in cui vivere, il sapone con il quale lavarmi le mani e il partito da votare. Ho sempre e solo mangiato il cibo che trovavo buono e se questo non era possibile preferivo soffrire la fame. Sono addolorato per entrambe le parti coinvolte in questa guerra, ma vedo con i miei occhi distinguo bene chi sta difendendo la propria terra, e chi cerca di conquistare una terra che non è la sua. Vedo con i miei occhi chi sta difendendo il diritto di essere responsabile per la propria vita e chi giustifica il proprio degrado.

C’è questo banale interrogativo: essere o non essere? Ho sempre cercato di pormelo. Mi sembra che se una persona non si pone ogni tanto questa domanda continuare a vivere non è una scelta consapevole.

(…) Tacere, mentire, fare finta che nulla accada né intorno a me né in me non è tollerabile. Non vedo come continuare a vivere con dignità. Quando nel XXI secolo un esercito, nella notte, attacca un paese straniero, che non costituisce per sé un pericolo. E ogni soldato capisce ciò che sta facendo, ma fa finta di non capirlo. Quando un ministro di questo Paese dice: “Non abbiamo attaccato” e i giornalisti riportano questa affermazione. E ogni giornalista capisce che è una menzogna e fa finta di non capirlo. Quando milioni di persone vedono questo e capiscono che ciò che sta accadendo peserà sulla loro coscienza e sulla loro storia, e fanno finta che loro non c’entrano. Quando il nero viene chiamato bianco e il dolce amaro (…) . Quando il mondo valuta seriamente la possibilità di ciò che per 75 anni ha cercato di evitare e non trova nessun nuovo modello per evitarlo. Quando la forza di nuovo pretende di diventare la sorgente della verità, e il tradimento e l’ipocrisia le sorgenti della tranquillità. Ha senso ciò di cui abbiamo vissuto finora? Chiaro, tutto tornerà come prima, ma sarà così debole che potrà essere abbattuto senza difficoltà dal pazzo di turno. Sono totalmente ateo. Non credo nell’inferno, vado nel nulla. Ma questo nulla è per me più dolce di una realtà in cui una parte di popolo si è ridotta allo stato selvaggio, e gli altri li assecondano, a tratti alzando le mani in una follia collettiva, a tratti allontanandosi dalla linea del fronte. Io non voglio essere né con gli uni, né con gli altri».

Il 22 marzo 2022 il politico Aleksej Naval’nyj, definito dall’organizzazione internazionale Amnesty International “prigioniero di coscienza” viene condannato a 9 anni di prigione.

Contro il giornalista Aleksandr Nevzorov viene aperto un procedimento penale per la diffusione di fake news sull’esercito russo. Il 22 aprile 2022 il ministero della Giustizia ha inserito Nevzorov nella lista degli “agenti stranieri”. Non torna in Russia dopo un soggiorno di lavoro all’estero e l’8 febbraio 2023 verrà condannato in contumacia a 8 anni di prigione. La nota blogger Veronika Belotserkovskaya, anch’essa denunciata come “agente straniero”, il 6 febbraio 2023 viene condannata in contumacia a 9 anni di colonia penale per pubblicazione di fake news sull’esercito russo. Alla fine di marzo 2022, secondo Ovd-info le autorità inquirenti hanno avviato oltre 400 procedimenti per diffusione di fake news sull’esercito russo e per l’utilizzo della parola “guerra” per definire l’operazione militare speciale. Ad oggi sono in corso processi a carico di 505 persone. Per 130 persone sono già state emesse sentenze che vanno dalle multe fino a 8 anni di prigione. In sostanza per una parola, detta dietro le quinte, in pubblico o sui social.

Prima pacifista, poi putiniano: la svolta di Kirill

La posizione della Chiesa ortodossa, enunciata dal Patriarca Kirill il primo giorno della guerra, era inizialmente abbastanza prudente e invitava alla pace. Già il 1° marzo 2022 era poi risuonata chiara la voce della Chiesa ortodossa russa, che invitava all’interruzione della guerra fratricida e alla pace, e che condannava la persecuzione di chi manifestava per la pace. Questa iniziativa è stata sottoscritta da 293 personalità della Chiesa, tra i quali molti sacerdoti noti e amati.

«Facciamo lutto per le prove cui sono stati ingiustamente sottoposti i nostri fratelli e le nostre sorelle in Ucraina. Ricordiamo che la vita di ogni persona è un dono di Dio senza prezzo e irripetibile, e per questo auguriamo a tutti i soldati, russi e ucraini, di tornare sani e salvi alle proprie case e alle proprie famiglie. Pensiamo con dolore (con amarezza) all’abisso che dovranno superare i nostri figli e i nostri nipoti in Russia e in Ucraina, per vivere nuovamente in amicizia gli uni con gli altri, per rispettarsi e amarsi reciprocamente. Rispettiamo la libertà data da Dio all’uomo, e riteniamo che il popolo ucraino debba compiere la propria scelta autonomamente, non sotto la minaccia delle armi, senza pressioni da parte dell’Occidente o dell’Oriente. Nessun invito non violento alla pace e alla cessazione della guerra deve essere impedito o considerato come un’infrazione della legge, poiché il comandamento divino è “Beati gli operatori di pace”. Invitiamo tutte le parti in causa al dialogo, perché non vi è altra alternativa alla violenza. Solo la capacità di ascoltare l’altro può far sperare di uscire dall’abisso nel quale i nostri Paesi sono sprofondati in pochi giorni». Questo il testo sottoscritto. Purtroppo esso non è stato ascoltato dal Governo russo.

Dal 9 marzo i pronunciamenti del Patriarca diventano sempre più propagandistici, ed usano le stesse parole e gli stessi dubbi rimandi storici utilizzati dai media controllati dal governo. Questa posizione costringe Papa Francesco ad una reazione abbastanza dura in un colloquio privato con il patriarca. Il prefetto del dicastero per l’Unità dei cristiani, cardinal Kurt Koh, a giugno 2022 dice al Die Tagespost che una posizione religiosa che giustifichi la guerra fornendo basi pseudo religiose può essere considerata eretica. Aggiunge che in secondo piano emerge un problema fondamentale, una sintonia tra il governo e la Chiesa ortodossa russa.

Il 7 giugno 2022, in base all’articolo del codice penale riguardante le fake news sull’esercito russo, viene arrestato un sacerdote di Novosibirsk, Ioann Kurmojarov. Sul suo canale YouTube c’è un video intitolato L’essenza spirituale di ciò che sta accadendo in Ucraina: «Vedo nella chiesa dei reali errori sistematici, dei problemi sistematici, cui pochi oggi prestano attenzione. Il primo problema fondamentale è che la chiesa da noi si fonde inevitabilmente con lo Stato, si muta in un’istituzione sociale, e per questo perde la fiducia della società», spiegava Kurmojarov nel suo primo video. «Di conseguenza perdiamo la gente, la gente lascia le chiese. Per questo nelle nostre chiese ci sono soprattutto donne anziane o gente che non sa dove altro sbattere la testa, che sta male, che soffre di malattie mortali. Ma non c’è missione in quanto tale nella chiesa, per questo non attiriamo nessuno, non spieghiamo niente. E se spieghiamo, lo facciamo male. Alla fin fine, vedo che la chiesa si trasforma in una struttura chiusa in se stessa, in un’istituzione chiusa. La nostra via e quella della società si separano e noi diventiamo incomprensibili per la gente. Ma la chiesa ha tutt’altra natura: essa è missionaria». In tribunale ha poi detto: «Nei miei video insisto che il comandamento fondamentale è “Non uccidere”, non ci deve essere la guerra. Io sono per la pace. La mia posizione è che bisogna far cessare la guerra, tutti devono sedersi al tavolo delle trattative». Attualmente è imprigionato in un centro di custodia cautelare, si sta svolgendo il processo e rischia 10 anni di prigione.

La lista degli agenti stranieri

L’inizio di aprile 2022 porta una novità inquietante. Il ministero della Giustizia della Russia apre un registro delle persone fisiche “agenti stranieri”. Questo registro esisteva prima solo per le persone giuridiche. I primi ad esservi inseriti sono i giornalisti Evghenij Kiselev e Matvej Ganapol’skij. Ad oggi, secondo i dati di Ovd-Info, sono state incluse in questo registro 178 persone: giornalisti, blogger, musicisti, studiosi, attivisti per i diritti umani. Il 1° dicembre 2022 è entrata in vigore una nuova variante della legge sugli “agenti stranieri”. Proposta in tutta fretta proprio in aprile, questa variante criminalizza qualunque comunicazione, collaborazione e lavoro svolto con qualunque organizzazione o persona esterna alla Russia, introducendo il concetto di “influenza straniera”.

Il 7 aprile 2022 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite esclude la Russia dal Consiglio per i diritti umani. Il 22 aprile il ministero della Giustizia russo classifica come “agenti stranieri” i noti giornalisti Alksej Venediktov e Serghej Parhomenko, oltre al politico Leonid Volkov (un consigliere di Alksej Naval’nyj, attualmente all’estero) e il politico Vladimir Kara-Murza, che viene anche arrestato in questa occasione con l’accusa di diffusione di fake news sull’esercito. Si trova tuttora in un centro di custodia cautelare in attesa di giudizio.

(…)

Data per data, episodio dopo episodio, dichiarazioni nei tribunale dopo altre dichiarazioni nei tribunali, Alexander Bayanov dà conto dei 15 mesi della Russia che nessuno sino ad oggi vi ha raccontato.

Un racconto che conclude così: Sembra che durante questo periodo la società civile in Russia sia stata soffocata e distrutta, spaventata dall’orrore del ritorno della repressione staliniana, tesa e confusa. La cronaca che abbiamo riportato degli eventi accaduti in oltre un anno di guerra ci sembra dire questo, ma è anche piena di testimonianze di quanti non si sono arresi, che sanno cosa fare, che restano persone oneste, che non chiamano bene il male, che non si lasciano sopraffare dalla propaganda e dalla follia imperante e dicono la verità, anche a costo della propria libertà, che alla fine restano se stessi, restano uomini e donne nonostante la disumanizzazione di massa della Russia.

Le pagine che seguono raccontano di queste persone, di questi eroi della dura quotidianità in diversi settori della vita russa.

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Nela foto in senso orario gli autori: Aleksander Bayanov, Aleksandr Zhirov, Nikolai Epplee, Svetlana Kaverzina, Roman Sheshenin, Egor Fedorov, Aleksandr Archangel’skij, Rita Loghinova, Serghej Chernyshov, Dmitrij Holjavchenko, Dmitrij Muratov, Anna Gorbunova, Anche la cover del numero e tutte le illustrazioni sono di una giovane illustratrice russa, Diana Zadneprovskaya.


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