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Da Venezia una porta aperta al tempo che verr

Angelo Scola, nato a Malgrate (alle porte di Lecco) nel 41, cresciuto in Cl, ricorda che «don Giussani mi ha spalancato le porte del mondo, una possibilità di dialogo e accoglienza di ogni realtà»

di Andrea Tornielli

«Devo essere grato all?Unità: probabilmente a 11 anni sarei finito anch?io a lavorare, come tutti i miei compagni delle elementari, se mio padre non avesse imparato da lì che studiare era molto più importante». Angelo Scola, cardinale patriarca di Venezia dal 2002, deve anche al papà camionista che non si perdeva un numero del quotidiano fondato da Gramsci l?essere arrivato dov?è arrivato. Nato a Malgrate, alle porte di Lecco, nel 41, cresciuto in Cl, ricorda spesso che «don Giussani mi ha spalancato le porte del mondo, una possibilità di dialogo e accoglienza di ogni realtà». Il patriarca di Venezia si colloca piuttosto al di fuori degli schieramenti: non è certo assimilabile al vecchio progressismo ma neanche all?emergente cordata «identitaria». La rivista Oasis, da lui voluta e pubblicata dal Marcianum in cinque lingue (italiano, francese, inglese, arabo, urdu e indonesiano), racconta la realtà dei cristiani che vivono nei Paesi islamici dando conto delle difficoltà e delle esperienze positive senza facili semplificazioni. Nel gennaio 2005 il cardinale lancia il tema del «meticciato di civiltà e di culture», suscitando varie reazioni, anche negative, all?interno della Chiesa da parte di chi vede in questa posizione una sorta di cedimento al multiculturalismo. In realtà Scola approda a questa sintesi partendo da un dato di fatto: il movimento migratorio mondiale è destinato ad aumentare nei prossimi anni. Come affrontarlo? Fingendo che non esistano i problemi, innalzando barriere, oppure cercando di capire e governare in qualche modo il fenomeno del mescolamento di popoli e dunque di culture e di civiltà? Il patriarca segue questa terza via, partendo, da un lato, dallo sguardo di fede di chi crede che sia Dio a guidare la storia, dall?altro basandosi sull?«esperienza elementare» di ogni uomo, che dovrebbe permettere a ciascuno, qualsiasi sia la propria cultura, etnia e religione, di parlarsi e comprendersi.


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