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Famiglia & Minori

Di mamma non ce n’è una sola

Lavoratrici a confronto: quella altoatesina e quelle di Milano e Roma

di Mariateresa Marino

Mamme lavoratrici uguale donne stressate e figli trascurati. Un?equazione inevitabile nelle alienate società occidentali? Dipende. Da dove si vive e dall?amministrazione che governa. In Italia, per esempio, c?è chi deve aggrapparsi ai minuti per riuscire a rientrare negli orari di una giornata, attraversando in lungo e in largo città non proprio piccole come Roma e Milano e chi invece, avendo la fortuna di vivere a Bolzano, può stare tre anni a casa, a crescere il proprio bambino, usufruendo di vantaggi particolari. Per esempio, tre anni di aspettativa, di cui due senza stipendio ma con la copertura previdenziale. E in più corsi di aggiornamento e di sostegno psicologico per le donne che si preparano a rientrare al lavoro dopo un?assenza prolungata. Ma non finisce qui. A chi non sa dove lasciare il ?bebé? per frequentare il corso, a Bolzano vengono in aiuto (gratuitamente) intere cooperative di baby-sitter assunte dalla Provincia, che badano ai bambini in casa loro o nello stesso luogo dove le mamme studiano, ma in locali separati. L?idea è venuta all?assessore provinciale al personale Romano Viola. Su 250 lavoratrici, 50 si sono iscritte ai corsi e 9 hanno usufruito del ?baby-sitteraggio? pubblico. Succede solo nella provincia autonoma di Bolzano. Perché nel resto d?Italia, come dimostrano le storie raccontate in questa pagina (di due donne di Roma e Milano), la vita di una mamma lavoratrice è assai più faticosa e stressante. Un esempio di buon ?minimalismo? politico o un vantaggio che deriva da una sana autonomia locale? Alle madri l?ardua sentenza. Bolzano Il bimbo cresce la baby sitter è gratis la madre s? aggiorna Gina ha 38 anni quando arriva inaspettato il terzo figlio. Vive a Bressanone, una cittadina a venti minuti di treno da Bolzano, e lavora come segretaria in una scuola. Ma da tre anni, cioè da quando ha avuto il piccolo Mario, ha fatto una lunga e necessaria pausa dal lavoro. Tra pannolini e minestrine, notti in bianco e ansie antiche, Gina si è scordata il tempo sempre uguale del lavoro, della scrivania piena di carte, del va e vieni di ragazzi e insegnanti nella scuola media di Bressanone. Da quando è nato Mario, Gina è diventata padrona del suo tempo di donna e mamma, la casa le appartiene e non è più un luogo di passaggi rapidi. E, soprattutto, la presenza di Mario ha costretto marito e figli ad imparare a badare a sé stessi. Quasi quasi… No, è arrivata l?ora di tornare a lavorare. Ma in tre anni quante cose saranno cambiate? Gina non troverà più gli stessi ragazzi e forse neanche gli stessi insegnanti. Saranno mutati i regolamenti, gli orari e probabilmente anche i colleghi. Qualcuno avrà pensato a tutto questo? Per la fortuna di Gina e di tante donne come lei, sì. Qualche volta gli assessori provinciali pensano anche in ?piccolo?. Gina sta frequentando un corso intensivo di aggiornamento sulle ultime novità legislative e di sostegno psicologico per chi si appresta al rientro al lavoro dopo un?assenza prolungata. E per frequentare i corsi Gina non deve ?scomodare? la madre o costringere il marito a cambiare turni di lavoro per accudire al piccolo. Ci stanno le baby-sitter chiamate dalla Provincia. Mentre la mamma si aggiorna, loro tengono impegnato il bimbo. Milano Dallo sprint per il cartellino al salasso per la governante A soli 25 anni Nicoletta deve già badare a due figli. Niente di strano se potesse rimanere a casa con Camilla, cinque anni, e Andrea, un anno e mezzo. Ma Nicoletta lavora otto ore al giorno al Comune di Milano e il marito è impiegato in una ditta rifornitrice di prodotti per distributori automatici. Significa che esce di casa alle 7,00 e rientra la sera. Durante il primo anno di vita di Andrea, Nicoletta ha avuto un po? di respiro, complice il periodo di congedo straordinario per maternità che le spettava. L?asilo nido comunale? Neanche a parlarne, poiché è una vera ?fatica di Sisifo? riuscire a rientrare nelle condizioni richieste e, una volta inseriti in graduatoria, non significa affatto che si abbiano buone probabilità in tempi immediati. Nicoletta ha una mamma giovane sulla quale però non può sempre contare. A Nicoletta non rimangono molte possibilità: o un asilo nido privato o la baby-sitter. Sui costi non c?è molta differenza, in entrambi i casi deve spendere più della metà del suo stipendio che, già di per sé, non è elevato. Abita nella zona ?Farini?, un quartiere centrale, ma la metropolitana ci mette tre quarti d?ora per portare Nicoletta in ufficio. La sveglia suona alle 6,00, per uscire di casa alle 7,15, essere al lavoro alle 8,00 e cercare disperatamente di non fare ritardo. Se Nicoletta riesce a tagliare il traguardo della puntualità mattutina ha buone probabilità di tornare a casa per le 16,30. Fanno presto le ore a tramutarsi in soldi. Per una baby-sitter che badi otto ore al piccolo Andrea ci vogliono ottantamila lire al giorno e per un nido privato quasi un milione al mese. Ma, come si dice, finché si è giovani si é forti e pieni di risorse. Sarà vero per tutti? Roma Vivere con l?affanno e con una nonna troppo lontana Anna vive con un orologio in testa. Ma non perché la sua giornata sia tempestata di appuntamenti di lavoro. Il lavoro centra, ma solo a metà. Anna invidia le sue amiche. Giovani mamme come lei che possono riprendere a lavorare senza insormontabili problemi di organizzazione. Tanto il bimbo sta con la nonna, che magari abita a due passi da casa. E comunque è ben contenta di percorrere in autobus un pezzo di città per accudire al nipotino. Anna la mamma ce l?ha in Sicilia e lì, a Partinico, entroterra palermitano, la nonna ha ancora una famiglia numerosa a cui badare. Anna deve arrangiarsi. E arrangiarsi significa correre, illudendosi di avere le rotelle ai piedi. Cinzia, la baby-sitter arriva alle 8,00, Anna deve essere in ufficio alle 8,45. Dalla Casilina a via Pastrengo, l?autobus si chiude nel traffico cittadino e ci resta bloccato anche un?ora. Arrivata in ufficio col fiato grosso, senza che se ne renda conto arriva già l?ora del rientro. Un?altra ora per attraversare la città, Cinzia deve andar via alle 14,30 e, se il papà non arriva in tempo, tocca ad Anna fare i salti mortali. Andrea ha solo dieci mesi e Anna deve fare un promemoria quotidiano a Cinzia sulle pappette da dare, sugli orari e su tutto quello che avrebbe fatto lei se fosse rimasta a casa. Più della metà del suo stipendio va a Cinzia e tutto il suo tempo è scandito dalle ore d?ufficio, dalle corse pazzesche per arrivare a casa in orario, dalla rinuncia inevitabile agli spazi personali. L?attesa per iscrivere Andrea a un asilo nido è lunga ed estenuante e, in fondo, per sette ore al giorno Cinzia può assolvere bene i compiti di una mamma. E pazienza se per Anna il tempo ormai significa solo affanno. L?opinione Donne, che fatica Spesso gli aiuti che si attuano a favore delle mamme lavoratrici sono poco adeguati alle esigenze reali di chi, come me, deve conciliare lavoro e famiglia. Non posso fare altro che plaudire all?iniziativa della Provincia di Bolzano che, essendo purtroppo unica, dà il segno di quanta poca attenzione sia riservata alla condizione di maternità nel lavoro. In ogni caso, non credo che una legislazione migliore, soprattutto nella pubblica amministrazione, possa aiutare efficacemente le donne. I pregiudizi sopravvivono alle leggi nuove. A tutt?oggi la ricaduta della cura dei figli e della casa sulle donne è pesante, benché si pensi e si dica il contrario. La legislazione dovrebbe servire anche a cambiare il costume o a indirizzare determinati atteggiamenti culturali. Ma nel caso della condizione delle lavoratrici, molto dipende dalle donne e, in particolare, dalle donne italiane, ancora troppo ?mamme? e troppo legate al concetto che le vede protagoniste assolute dell?educazione dei figli. L?atteggiamento super protettivo è una costante ancora purtroppo invariabile . L?unico suggerimento che posso dare, se posso farlo, è che le donne devono accompagnare la dedizione a un po? più di attenzione verso se stesse.

di Clara Sereni


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