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E Fertilità lasciòble cooperativebin mezzo al guado

malagestione Il caso del bando per le imprese sociali di Invitalia

di Francesco Dente

Sei milioni di euro congelati. Ma gran parte delle 73 imprese vincitrici avevano già avviato i progetti. E ora si devono fermare e contare i danni A rrabbiate. Infuriate. Ma soprattutto deluse. C’è rabbia e sfiducia fra le organizzazioni del terzo settore che hanno partecipato due anni fa a Fertilità, il bando di Invitalia finalizzato alla creazione e allo sviluppo di imprese sociali. A più di un anno dalla pubblicazione della graduatoria, infatti, non hanno ricevuto ancora un euro. Beffate da un’iniziativa che, a dispetto del nome, rischia di trasformarsi nell’esatto contrario: la morte in culla di progetti di sviluppo del non profit a mezzo del non profit.

73 progetti al palo
Il bando Fertilità prevede, infatti, che un soggetto senza scopo di lucro si faccia promotore della nascita di una cooperativa sociale o di un’associazione di promozione sociale. Un’idea che ha riscosso successo: 171 progetti presentati per un totale di 400 organizzazioni del terzo settore coinvolte fra soggetti promotori, destinatari e tutor. Più di mille invece i nuovi occupati previsti: 602 lavoratori svantaggiati e 450 non svantaggiati.
Ora 73 progetti in graduatoria sono al palo. Una vera e propria beffa, questo forse l’aspetto più curioso della vicenda, se si considera che le somme sono già nella disponibilità dell’ex Sviluppo Italia, la società ora ribattezzata Invitalia, Agenzia nazionale per lo sviluppo d’impresa e l’attrazione di investimenti. Si tratta, infatti, delle risorse residue del primo bando Fertilità finanziato dal Cipe nel 2000 e nel 2002 con 33,5 milioni di euro. Sei milioni di euro, questo il finanziamento su cui può contare il secondo bando, congelati in attesa che succeda chissà cosa.
E mentre a Roma discutono, in provincia le cooperative iniziano a fare i conti con una somma promessa che, purtroppo, non è ancora arrivata. Imprese sociali che hanno avviato progetti interessanti come la cooperativa Ad astra di Vercelli, una cooperativa di tipo B che si occupa di pazienti psichiatrici. «Abbiamo investito nella ristorazione e dato un’opportunità di inserimento lavorativo a nove ragazzi della nostra comunità. Oggi sono impegnati nelle cucine, nelle pulizie o nella manutenzione», dice
Giancarlo Beccari , presidente della cooperativa. Grazie al contributo di Invitalia, la cooperativa piemontese contava di pagare gli stipendi e parte dei lavori effettuati. «Ci sembrava una bella boccata di ossigeno e anche un incoraggiamento a proseguire col tentativo di favorire l’emancipazione sociale di ragazzi che vivono di sussidi e di solitudine. Ora però non ce la facciamo più ad accollarci i costi», ammette Beccari. Nelle prossime settimane il consiglio di amministrazione della cooperativa deciderà se continuare o tirare i remi in barca. Stessa sorte potrebbe toccare ad altre imprese sociali vincitrici.

Una beffa all’orizzonte
Resta il mistero, intanto, sulle ragioni dello stop. Invitalia e il ministero del Lavoro, contattati, non hanno ancora fornito risposte ufficiali. Sembra, secondo quanto ricostruito da Vita , che all’origine del caso ci siano alcune verifiche del ministero del Lavoro sui costi sopportati dalle imprese che hanno partecipato al primo bando. Controlli che avrebbero indotto Invitalia a temporeggiare con le erogazioni del secondo. Non ci sarebbe chiarezza, infatti, sul tipo di sanzioni da applicare nel caso di esito negativo delle verifiche. Le imprese, ma anche la stessa Invitalia, potrebbero essere chiamate infatti a restituire le somme erogate al non profit. Una beffa a cui si aggiungerebbe, questa volta, il danno.


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