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Leggi & Norme

E il ministro disse: Ambientalisti sgomberate l’aula

Le associazioni non potranno più costituirsi parte civile nei processi per reati legati all’inquinamento: è uno dei tanti punti contestati della nuova normativa

di Silvano Rubino

Le associazioni ambientaliste? Fuori dai processi. Se la cosiddetta legge delega sull?ambiente voluta da governo (soprattutto dal ministro Altero Matteoli) e maggioranza passerà così com?è (e ormai manca solo un via libera formale del Consiglio dei ministri), rimarranno solo un ricordo le battaglie compiute da WWF, Legambiente e molti altri gruppi ?verdi? all?interno delle aule dei tribunali dove si celebrano processi per scempi ambientali. Una delle norme del ponderosissimo corpus che dovrebbe costituire il nuovo Codice dell?ambiente (700 pagine di legge più altrettante di allegati) prevede infatti che soltanto il ministro competente possa agire in sede penale per il risarcimento, costituendosi parte civile: «Siamo di fronte», spiega Patrizia Fantilli, direttore ufficio legale e legislativo di WWF Italia, «alla più totale statalizzazione della tutela del danno ambientale in uno Stato che, dopo le recenti riforme costituzionali, dovrebbe, invece, ispirarsi al principio di sussidiarietà». Una presenza, quella dell?associazionismo ambientale all?interno dei processi, che ha avuto sovente una funzione di pungolo, di testimonianza: «Il nostro obiettivo non è mai stato il risarcimento economico. Siamo stati a fianco della magistratura, dando il nostro contributo alla raccolta delle prove», aggiunge Fantilli. E con la nuova legge? Sarà solo il ministro a decidere se e quando chiedere il risarcimento: «Non si capisce», aggiunge la Fantilli, «come farà a chiedere il risarcimento ad altri ministeri o ad altri enti pubblici, spesso autori loro stessi di danni all?ambiente». È solo uno dei tanti punti controversi contenuti in una legge (per essere precisi, uno schema di decreto legislativo di applicazione di una legge delega) che ha suscitato una levata di scudi abbastanza inedita, se si considera il suo carattere meramente ?tecnico?. Al No di tutte le associazioni ambientaliste e degli enti locali (molte Regioni hanno già nel cassetto ricorsi alla Corte costituzionale) si è unito quello del mondo scientifico, concretizzatosi in un appello con 400 firme illustri, a cominciare da quella del Nobel Rita Levi Montalcini. «Un mostro giuridico», secondo il WWF; una delle prime leggi da abrogare, secondo l?Unione, nel caso di vittoria del centrosinistra. Le ragioni del No Viene da domandarsi cosa susciti una tale avversione, tanto più che nessuno contesta l?obiettivo di partenza: l?esigenza, cioè, di mettere ordine nella giungla della legislazione ambientale. «Il metodo, innanzitutto», spiega Romano Pagnotta, dirigente di ricerca del Cnr, che si presta a farci un po? da guida all?interno del testo. «Tutto è stato fatto dentro un ?conventino?, senza un coinvolgimento delle reali competenze presenti nel paese». I 24 saggi nominati ad hoc hanno avuto pochissimo tempo per leggere l?enorme mole di provvedimenti. E, a sentire le associazioni ambientaliste, si tratta di personaggi con profili poco centrati rispetto alla materia su cui avrebbero dovuto intervenire. Risultato? «Una legge», spiega Pagnotta, «costituita dall?assemblaggio di norme diverse, a volte risalenti a dieci anni fa, piena di imprecisioni, con addirittura metodi di misura superati, non più attuali». Roba da bocciatura sicura in un esame universitario. E va bene, errori e imprecisioni. Ma qui si parla di una legge che – sono parole di Fantilli – «stravolge completamente i principi di tutela ambientale». Chiediamo a Pagnotta di aiutarci a capire se l?allarme sia fondato e lui fa subito l?esempio dei rifiuti: «La legge toglie dal circolo dei rifiuti tutta una serie di materiali, classificandoli come materie prime seconde e sottoprodotti: se vengono riutilizzati, non sono più considerati rifiuti e quindi sfuggono a norme molto restrittive, per esempio per quanto riguarda l?incenerimento e quindi l?emissione di sostanze nell?atmosfera». Una classificazione, quella italiana, che non risponde a nessun criterio valido a livello europeo: tant?è vero che Bruxelles, sul fronte rifiuti, ha già avviato una procedura di infrazione contro l?Italia. Contabilità macabra Altri difetti? Un inspiegabile ritorno al centralismo, per esempio sulla gestione delle acque: «È lo Stato che stabilisce le regole, le Regioni sono di fatto esautorate», spiega Pagnotta. E poi una generale attenuazione di vincoli e sanzioni. Sul fronte dei terreni inquinati da recuperare, per esempio, secondo Pagnotta la legge porterà a una considerevole attenuazione dei limiti di rischio al di sopra dei quali scatta l?obbligo di bonifica: «Verrà considerato accettabile un rischio che comporta un morto ogni 100mila abitanti». Una contabilità un po? macabra, certo, ma che aiuta a capire, soprattutto se si confronta questo valore con quello applicato negli Stati Uniti: un morto ogni milione di abitanti. Una bella differenza. Utile a chi? «Nei cassetti di alcuni grandi gruppi ci sono già pronti progetti di recupero di aree industriali inquinate. Da tirare fuori una volta approvata la legge delega», dice Patrizia Fantilli. Un motivo di più, per il WWF, per continuare la battaglia: «Faremo in modo che la legge finisca all?esame della Corte costituzionale e della Corte di giustizia europea». Il wwf In tribunale 40 volte all?anno Dai morti per le attività del Petrolchimico di Marghera agli abusi edilizi nella Valle dei Templi di Agrigento: sono decine i processi in cui il WWF (da solo o insieme ad altre associazioni) si è costituito parte civile. Ogni anno l?associazione intenta circa 50 nuovi ricorsi al Tar e 40 nuove costituzioni di parte civile in processi penali per danno all?ambiente. I risarcimenti vengono impegnati dall?associazione per avviare nuove azioni giudiziarie o per finanziare progetti di conservazione.


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