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Attivismo civico & Terzo settore

E la febbre da Coppa abbatte le frontiere

Un contagio che riguarda tutti i Paesi e tutti gli strati sociali

di Chiara Caprio

Schermi televisivi in tutti
i locali a Kinshasa, tavole rotonde improvvisate
per le strade del Congo, viaggi premio in Kenya.
Le aspettative (e le paure)
di un continente raccontate in presa diretta
dai partner di Afronline
Gli Stati Uniti d’Africa, almeno a parole. La prima magia di questi attesissimi Mondiali è già stata compiuta. Il continente entra nell’evento così unito che anche in zone ben lontane dal Sudafrica la febbre dei Mondiali ha contagiato l’intera popolazione. «Già qualche settimana prima dell’inizio, la gente di Kinshasa si fotocopiava a vicenda il calendario delle partite, venduto in strada da venditori ambulanti», spiega Didier Kebongo, giornalista di Syfia, agenzia d’informazione francofona dell’Africa occidentale. «I gestori dei locali si sono attrezzati con schermi televisivi per le partite: per le strade della capitale i match si sono già giocati a parole, i cittadini sono stufi della politica e per il prossimo mese parleranno sono di calcio», afferma Kebongo. Mentre la Repubblica Democratica del Congo offre “tavole rotonde” per discutere dei Mondiali agli angoli delle strade, anche il Kenya non è da meno: «I kenyoti si sentono più vicini che mai ai loro compagni dell’Africa australe», spiega Salim Amin, fondatore e direttore di A24 Media, casa di produzione di video e documentari giornalistici di Nairobi. Dalle promozioni via sms alle promesse di viaggi premio in Sudafrica, gli abitanti del Kenya «hanno la netta sensazione che stanno condividendo qualcosa di importante, cui si aggiungono iniziative fortunate, come la Coppa Coca-Cola (torneo giovanile internazionale promosso da Coca Cola, ndr), che hanno ulteriormente accorciato le distanze». Ed è per questo motivo che lo schieramento di forze sarà enorme. Anche A24 non rinuncia a una copertura capillare dell’evento: «Abbiamo raggiunto un accordo con EarthTV, e avremo a disposizione le loro telecamere in quattro stadi di Durban, Johannesburg, Cape Town e Pretoria».
La tecnologia però farà la sua parte nell’intercettare rovesciate spettacolari o fan in delirio, ma quello che accadrà fuori dagli stadi avrà un impatto molto più forte sulla popolazione sudafricana. «Ci sono persone la cui condizione è notevolmente peggiorata con questi Mondiali», spiega Josh Okoth Ogada, corrispondente dal Sudafrica di Pambazuka News, network pan-africano di informazione sull’attivismo e la società civile del continente. «Noi ci concentreremo sulle fasce povere della popolazione che sono state forzatamente rimosse da alcune aree urbane, sulle persone che saranno economicamente e socialmente sfruttate e su tutti quei movimenti sociali che sono stati zittiti per non rischiare voci di protesta durante i Mondiali». Tuttavia, mettere in evidenza i limiti non impedisce di vedere anche i lati positivi «per quanto riguarda le iniziative che fanno da ponte con chi è socialmente escluso», prosegue Ogada. Occhi puntati anche sui giovani delle township, dove i rischi di violenze e proteste sono più forti, e sulle campagne di sensibilizzazione promosse dall’Onu, «come i messaggi per la prevenzione dell’Aids, diffusi durante le partite in 12 città del Camerun e del Ghana su schermi giganti».


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