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Sostenibilità sociale e ambientale

Esquivel: Benetton restituisca terre agli indios

Il premio nobel argentino lancia un appello all'impreditore veneto proprietario di diversi ettari di terreno in Patagonia

di Carmen Morrone

”Cio’ che chiedo e’ un gesto di solidarieta’, un atto di altruismo verso questa famiglia mapuche che, cacciata dalla sua terra, non ha altro futuro che la poverta’ e la fame”. Lo afferma, in un’intervista a ‘La Repubblica’, il premio Nobel per la pace, l’argentino Adolfo Perez Esquivel, che ha scritto un appello a Luciano Benetton, l’imprenditore veneto che ha vinto una causa contro una famiglia mapuche della Patagonia. La ragione del contendere e’ un appezzamento di terreno di 385 ettari che fanno parte dei 900mila acquistati dall’azienda italiana in Argentina. ”Non e’ Benetton il nostro nemico. – continua Esquivel – Io voglio soltanto che si renda conto che e’ complice di un’ingiustizia e gli offro il mio aiuto per ripararla”. ”Quella terra e’ dei mapuche per diritto storico – aggiunge – sono loro che la abitano da secoli. Se la legge non lo riconosce e da’ ragione a Benetton, per me vuol dire soltanto che la legge e’ sbagliata”. ”Nel mio appello – dice ancora Esquivel – chiedo a Benetton un gesto che definisco ‘storico’. Se un grande imprenditore come lui si rende conto della profonda ingiustizia che c’e’ dietro la sentenza del Tribunale che gli ha dato ragione, darebbe un segnale dirompente contro tutta la politica di sfruttamento sofferta dagli indios’ ”Sono certo che il dottor Benetto abbia agito in buona fede – sottilinea il premio Nobel – e per questo voglio incontrarlo e raccontargli la storia di quelle terre e delle comunita’ mapuche che le abitano da secoli”. ”Sono sicuro – dice – che comprendera’ l’atroce ingiustizia che e’ stata commessa e che agira’ di conseguenza. Non in base alla legge, ma in base alla morale ed alla ragione etica”. ”La comunita’ dei mapuche – prosegue Esquivel – e’ pronta a dare battaglia e noi porteremo il caso alla Corte di giustizia inter-americana e in tutte le sedi internazionali che si occupano dei diritti umani”. ”Non vogliamo danneggiare l’immagine dell’azienda italiana – conclude – ma se non dovessimo avere altra opzione…”


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