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Fragili, ma senza paura

Cosa ha significato questo Papa per noi imprenditori sociali che ci affaccendiamo tra dono e interesse? Ci ha insegnato a non sottrarci alla quotidianità e alla storia.

di Johnny Dotti

Venerdì 1° aprile ore 22. Caro direttore, qualche ora fa mi hai chiesto una riflessione su Papa Giovanni Paolo II, su ciò che ha significato per me, per noi, che ci affaccendiamo tra economia e socialità, tra dono e interesse. Cosa ci hanno detto le sue parole, a cosa ci hanno richiamato i suoi ammonimenti, su cosa ci hanno fatto riflettere i suoi insegnamenti, ma credo soprattutto cosa ha testimoniato a noi la sua vita. Molte parole, immagini, riflessioni, pensieri si stanno accavallando su tutti i media in questo momento. Il Papa è in fin di vita. Ho molti dubbi nell?accettare la tua proposta, la sofferenza e la morte si accompagnano al silenzio e alla preghiera del cuore, le parole rischiano di essere un di più inutile. In coscienza devo aggiungere poi di aver avuto in questi decenni un rapporto, da credente, pieno di luci e ombre con questo Papa. Decido infine di accettare, per amicizia e stima nei tuoi confronti. Lascio passare la notte. Provo ad ascoltare un po? l?anima. Sabato 2 aprile, ore 9 Al risveglio mi appare chiara una indicazione, mi risuona una sola frase che Giovanni Paolo II ha ripetuto costantemente in questi quasi 27 anni: «Non abbiate paura». Lo stesso annunzio che l?angelo del Signore fa all?inizio del Vangelo di Luca (Luca 2, 8-12) e che ha per uditori alcuni pastori, un angelo e un annuncio che ritroviamo alla fine del Vangelo di Matteo (Matteo 28,1-7) con protagoniste due donne che vanno al sepolcro. In molti altri passi evangelici è lo stesso Gesù che invita a non avere paura. Ma sono questi due i brani che mi piace pensare abbiano accompagnato il Papa in questi anni. Che abbiano sostenuto nella profondità le sue parole. Lo abbiano trasformato piano piano, avvicinandolo all?esperienza dell?angelo del Signore. Sono poi due brani pieni di umanità perché hanno a che fare con il nascere e il morire, non solo di Gesù Cristo ma di ognuno di noi. Decido così, dopo averli riletti, di meditare, per qualche tempo, un po? in silenzio e nel silenzio. L?annuncio della buona novella, della salvezza per essere accolto deve dunque fare i conti con la paura. La luce, la novità, la pienezza scatenano al primo impatto, dentro di noi, il timore. Il quotidiano non li sa accogliere. Il visibile cui siamo abituati sembra non poter comprendere la gioia. Il vero nemico dell?amore è la paura. Da soli saremmo tentati dalla fuga e dalla morte. Ma l?angelo del Signore, si ferma, parla, rassicura, ci invita ad incontrare un evento. Ci fa muovere. E nel farci muovere ci prepara il cuore all?incontro. È l?incontro stesso con il Cristo che poi ci trasformerà, riconsegnandoci diversi alle vie del mondo. È come se fossimo costretti a vedere le cose in modo diverso. Stando dentro la storia, le cose del mondo, ma guardandole con luce nuova. Non abbiate paura. Siamo noi, pastori erranti e donne innamorate, noi con la nostra fragilità che possiamo ascoltare in qualsiasi momento questo annuncio di pienezza, realizzazione, salvezza. Siamo noi, poveri uomini, gli amati da Dio. Perché non avere paura è la condizione che predispone alla vita, all?incontro, all?esperienza dell?Altro da sé. Che innanzi tutto è il tuo prossimo. Caro direttore, se anche solo per un istante questo si fa vero nel nostro cuore, questo cambia la vita, fa scrivere storie meravigliose. Non ci sottrae né dalla quotidianità né dalla storia. Non rende immuni dalla sofferenza, non ci protegge dai nostri limiti, non ci fa essere più buoni. Semplicemente accoglie tutto questo in una tensione amorosa infinita. La libertà è allora una condizione di cui non si può fare a meno, la giustizia una esigenza insopprimibile, la pace l?unica dimora accettabile. C?entra questo con quello che facciamo, qui oggi? Con le imprese sociali? Con il non profit? Con il welfare? Sono convinto che senza densità di senso, orizzonte ampio di speranza, il nostro sia solo un affannarsi da piccoli Sisifo. Se sta sotto la luce della gioia è invece una libera risposta di cammino, un rendersi disponibili all?incontro. In questi anni ho visto costruire storie meravigliose, figlie solo della fiducia e di uno sguardo di speranza sugli eventi che pur all?apparenza sembravano pesanti come macigni. Non abbiate paura. Ognuno risponde come può a questo annuncio, che richiede una risposta autentica. Non riguarda solo chi professa una fede, è un atteggiamento nei confronti della vita. Da questo punto di vista è un annuncio radicale, di una gioia piena. Capita così poi ad alcuni di divenire espliciti annunciatori. Non credo che Wojtyla aspirasse a fare il Papa. Lì comincia un?altra storia, un?altra responsabilità. Ma nel cuore resta quell?indicazione che travalica lo spazio e il tempo. Sabato 2 aprile, ore 22. «Non c?è amore più grande che dare la vita per i propri amici».


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