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Il coraggio di pensare a un provvedimento di amnistia

di Ornella Favero

“Nell’attuale condizione patologica della giustizia italiana, il numero di processi che, anno dopo anno, si interrompono per intervenuta prescrizione raggiunge vette da vertigine: 159.533 (nel 2006), 163.860 (nel 2007), 154.533 (nel 2008), 158.953 (nel 2009), 141.453 (nel 2010), secondo dati ufficiali ministeriali. È una prescrizione di classe oltre che di massa”. A rompere il tabù dell’amnistia, dimostrando con forza che oggi l’amnistia c’è già, ma solo per i ricchi, ed è la prescrizione dei reati,  non sono solo “i soliti radicali” o le associazioni che si occupano dei diritti dei detenuti, no oggi anche 119 costituzionalisti hanno deciso di rivolgersi al Presidente della Repubblica per chiedergli di intervenire sulla vergogna delle carceri, che non rieducano come impone la Costituzione, ma riconsegnano alla società persone incattivite e probabilmente più pericolose di quando vi sono state rinchiuse.

A fianco a loro, le testimonianze di migliaia di detenuti che, come Clirim B., raccontano il livello di disumanità a cui sono arrivate le nostre galere: “Dopo tanto tempo che mi trovavo in carcere grazie ad una circolare del Ministero, che ha permesso di chiamare anche ai telefoni cellulari, ho potuto sentire mia madre.

Mi ha chiesto come passo il tempo. Le ho detto che sto quasi tutto il giorno a letto guardando la tv. Non le potevo dire che nella cella dove devo passare 20-22 ore al giorno sono con altri due miei compagni in uno spazio di nove metri quadrati, per la maggior parte occupato dai letti, e non c’è posto per stare tre persone in piedi (perché lei ha sentito in televisione che in Italia hanno condannato un cittadino che aveva chiuso il suo cane in uno spazio di sei metri quadrati. E non capirebbe come possono essere chiuse tre persone in nove metri). Non potevo dire a mia madre che in quelle due ore nelle quali posso uscire all’aria (un cubo di cemento armato di 100 metri quadrati) siamo in 75 e per prendere l’aria devo alzare la testa verso l’alto.

Poi mi ha chiesto se mi dispiaceva per quello che avevo fatto.  Dopo una lunga pausa le ho detto di si. Io mi trovo in carcere, dove dovrei riflettere sui miei errori, ma lottando per sopravvivere avevo quasi dimenticato perché sono in galera.

Spero che qualcuno capisca che il carcere non è solo un contenitore di chi ha commesso reati, ma dovrebbe essere un posto dove si recuperano le persone. Se però la società non vuole occuparsi di me che sono un delinquente, le chiedo un ultimo favore: di ammazzarmi. Cosi a mia madre  risparmio le mie bugie, e a me risparmio di commettere un ultimo errore, di incontrare Dio come suicida, perché ho tanti altri errori da farmi perdonare. Chiedo di farmi questo favore perché anch’io ero uno di voi, una persona; adesso vorrei essere un cane perché avrei più diritti.

Chiudo con l’augurio di non provare mai queste sensazioni. E con una richiesta; per favore fate qualcosa se ci ritenete ancora delle persone”. 


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