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Education & Scuola

Il Parini è ricco e non ha bisogno di modelle

Lo sfogo di un prof del liceo milanese dopo la discussa sfilata. «Abbiamo 230mila euro in cassa»

di Pasquale Coccia

La telefonata effettuata dalla segreteria della scuola nel primo pomeriggio annunciava che i libri che avevo ordinato da tempo erano arrivati e li avrei trovati l’indomani nella casella della posta degli insegnanti, un mobile anni 30 che adorna la sala professori. Vengo subito, dico. «Non c’è fretta professore, siamo aperti fino a tardi», è stata la risposta. Resto perplesso: insegno da 27 anni so che alle 14,30 – dopo la pulizia delle aule – la scuola viene chiusa a doppia mandata. Non fidandomi, prendo la bicicletta e mi precipito a scuola. Nella fretta, penso di aver sbagliato indirizzo.
Nell’atrio mi scontro con un via vai di gente, elettricisti alle prese con fili intrecciati e fari da set cinematografico, ragazzi di una società di catering che scaricano casse di arance e di pompelmi, bottiglie di champagne, una band che prova pezzi musicali, e infine operai che trasportano pannelli. Salgo la rampa di scale che porta alla sala professori. Arrivato in cima, proprio davanti all’aula dei docenti, resto pietrificato: ragazze della scuola cedevano il viso ad abili professionisti del trucco, altre sottoposte all’acconciatura appollaiate su sgabelli davanti alla vicepresidenza, le spazzolate professionali si susseguivano frenetiche e sollevavano chiome di capelli; un carrello appendiabiti zeppo di vestiti ridotti al minimo innanzi alla porta del preside e, per chiudere, una pigna di cartelli che indicano i posti riservati alle autorità e agli ospiti.
Per un minuto, lunghissimo, sono rimasto immobile a osservare la scena: non mi hanno detto niente, e il liceo classico Parini è diventato una scuola per parrucchieri? Non ho avuto la forza di varcare la soglia della sala professori: sono tornato sui miei passi e nell’atrio ho cercato tra mille facce sconosciute il bidello Salvatore, precario, moglie e due figli in Sicilia da mantenere, che per l’occasione aveva le cuffie del cellulare perennemente all’orecchio, quasi a volersi confondere con quel mondo della moda. Ho chiesto che cosa stesse succedendo e lui, con tono eccitato, mi dice: «Professò, c’è la sfilata di Chiara Bruni, domani saremo su tutte le prime pagine dei giornali. Vede, i privati entrano nella scuola, magari smetto di essere precario…». Quante illusioni.
La stilista Chiara Bruni per “occupare” la scuola ha dato 5mila euro al liceo Parini, una scuola del centro storico di Milano, che nel bilancio del 2011 ha ancora un fondo cassa di 230mila euro non spesi, frutto del contributo volontario dei genitori degli studenti. Non a corto di risorse, dunque. Si voleva aprire la scuola, far circolare aria nuova, svecchiarla? Si poteva aprire ad associazioni culturali, ai gruppi teatrali… ma la sfilata di moda per ringiovanire la scuola no. Questa è mercificazione. In gioco c’è la crescita dei ragazzi.
All’indomani della sfilata sono stati proprio gli studenti i primi a reagire con un ironico striscione esposto davanti alla scuola: «Vogliamo meno modelle e più scuole modello». Capito?


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