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Il perché di un elogio a Silvio

È uscito, disponibile in rete, un pamphlet a cura di Pierangelo Dacrema che titola “Breve elogio dello spirito pubblico di Berlusconi”. Abbiamo chiesto all'economista e docente, perchè un elogio a Berlusconi, ora?

di Pierangelo Dacrema

Perché scrivere un elogio dello spirito politico di un uomo così criticato come Berlusconi? Per ritrovare un senso della misura e delle proporzioni.
 

La copertina del libro

C’è chi ha paura, e per sua natura non scommette mai. C’è poi chi gode del vantaggio singolare di sapere in partenza come andrà a finire, scommette in modo fittizio e inganna qualcuno per procurarsi un ingiusto profitto. C’è infine chi scommette davvero e gioca una partita aperta, con coraggio, sinceramente animato dalla speranza di vincerla, sempre conscio del fatto che potrebbe perderla.

Sono convinto che Silvio Berlusconi faccia parte di quest’ultima categoria di individui, uomini che rischiano per conquistare un premio e che, comunque vada, sanno perfettamente di dover pagare un prezzo. Di più, per quanto possa sembrare sorprendente, credo che Berlusconi incarni – in modo esemplare, molto convincente – la figura di una delle numerose vittime del nostro tempo. Vittima delle sue stesse ambizioni, del suo disegno politico, del compito che si è dato? Probabilmente sì, anche.

Potrei sbagliare ma, se si guardano le cose con animo sereno, Berlusconi si presenta di fatto in modo molto più attendibile nella veste di un uomo oppresso dal suo ruolo, nella posizione di chi resiste ai colpi che gli sferrano, di chi è votato e consapevolmente orientato alla faticosa ricerca di una possibilità di mediazione, dell’individuazione di un comune indirizzo più che alla libera espressione di un comando o alla soddisfazione di un capriccio. Ciò che del resto ha dato connotati speciali alla sua leadership, l’ha resa umana, per certi aspetti dolce, tanto dibattuta, combattuta e discutibile quanto civile, morbida e accettabile.

Berlusconi un cavaliere nero? No, falso. Vero è che si tratta di un guerriero, ma buono, l’antitesi di un duce odioso e borioso, un politico strano, fuori dal coro, particolarmente laborioso. Certo, è evidente, un lottatore nato e un ottimista a oltranza come lui parrebbe destinato a essere ammirato da chi – per esempio da uno come me – si sente normalmente un po’ depresso. Ma non si tratta solo di questo. A Berlusconi bisogna infatti riconoscere un’adeguatezza del tutto personale all’esercizio dell’attività politica proprio in un’epoca come la nostra, la dote di saper essere misurato per quanto costantemente sollecitato a reazioni estreme, la capacità di evitare la rissa fino a quando non si è superato il segno, esattamente fino al punto in cui non se ne può fare a meno.

Nel quadro a tinte forti della politica italiana, Berlusconi ha resistito alla tentazione di trasformare le vittorie in trionfi e ha dimostrato di poter vivere le sconfitte come fasi normali di qualunque percorso. Berlusconi ha rappresentato gli italiani così come sono, senza infingimenti o paludamenti, senza tentativi patetici e furbeschi di renderli un po’ più simili ai tedeschi. Li ha rappresentati anche nei loro non piccoli difetti, ma sempre con l’orgoglio delle loro qualità, della loro riconosciuta operosità, con la loro inclinazione a piacersi ma anche a migliorarsi senza snaturarsi, con la loro dote naturale di diversità e di eccentricità, con il loro saper fare, con ciò che hanno realmente da dare. Per questo ha avuto il merito,  secondo me poco apprezzato, di offrire di essi un’immagine vera, profonda, ricca di sfumature.     

Che cosa ci ha dato Berlusconi?  A chi avesse qualche difficoltà a rispondere a questa domanda consiglio intanto di non sottovalutare quanto egli ha impedito che ci venisse tolto. Mi riferisco alla libertà che ci avrebbero rubato, penso allo spazio che, senza di lui, avrebbe potuto prendersi chi di nascosto o senza alcun pudore ha lavorato per l’affermazione di una repubblica delle manette, di una morale del timore e del sospetto, di una giustizia rapida e severa che agli avversari politici avrebbe riservato la galera, di una società che si vorrebbe radicata in un’inquietante etica pubblica e privata, di un insieme di idee corredate di nobili intenzioni da portare avanti a suon di delazioni e di intercettazioni. Berlusconi non è intervenuto perché è stato blandito da qualcuno: nessuno lo ha invocato come un  redentore, nessuno lo ha convinto pagandolo in anticipo per entrare in azione.

Non ho voluto mitizzare un personaggio, mi sono limitato a interpretare certi eventi. Credo che Berlusconi sia un uomo molto solo, e che per maturare le sue decisioni si sia dovuto abituare a dialogare soltanto con il tempo e con la sua coscienza: un modo saggio per proseguire il cammino, un modo onesto per piegarsi al destino.
 

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