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Cooperazione & Relazioni internazionali

Il viaggio della morte dei bambini siriani

Nelle prossime settimane i profughi in fuga dalla guerra diverranno 2 milioni. Metà di loro sono minori. E per i più piccoli il percorso è pieno di pericoli

di Silvano Rubino

Un bambino di appena dodici anni che è stato lasciato indietro a morire dopo che, in seguito all’assassinio di sua madre, era diventato troppo debole per proseguire il viaggio a causa di una ferita provocata da alcune schegge di una granata. Un neonato separato dalla propria madre e morto a causa del caldo e della mancanza di latte. Bambini calpestati dalla gente che correva sotto il fuoco delle armi. Un ragazzino di 13 anni ucciso da un colpo mentre tentava la fuga. Un ragazzo di 16 anni che dopo 15 giorni di detenzione aveva segni evidenti di tortura fisica. Un ragazzo di 12 anni ucciso con un taglio alla gola dal personale di un checkpoint…

Sono alcune delle terribili testimonianze raccolte da Save the Children dai profughi che hanno lasciato il Paese e che agli operatori della ong presente nei campi al confine hanno descritto un vero e proprio  “viaggio della morte” che vede protagonista i bambini in fuga.

Nella Giornata mondiale dei rifugiati di questo 2013, è inevitabile che l'attenzione si concentri sulla Siria. E sul dramma che milioni di persone in fuga da una guerra senza fine stanno vivendo. Una coalizione di agenzie umanitarie di cui fanno parte anche Oxfam e Action Aid denuncia che nelle prossime settimane i rifugiati diventeranno 2 milioni
Oggi sono 1 milione e 600 mila persone scappate dalla Siria che vivono nei campi profughi in Giordania, Libano, Iraq ed Egitto, di cui un milione ha attraversato il confine nel solo mese di marzo, e che hanno bisogno di aiuto umanitario. Più della metà di loro, sottolinea Save the Children, sono bambini.

 “L’emergenza dei rifugiati siriani si fa sempre più grave – dichiara Hugh Fenton, coordinatore del Syria INGO Regional Forum, una coalizione di organizzazioni non governative che lavora nella regione – Violenza e spargimenti di sangue non si fermano e questo provoca l’esodo a cui assistiamo da mesi”
 
“Quando arrivano nei paesi ospitanti, i profughi sono esausti e disorientati, non sanno che futuro li aspetta. Un’intera generazione di ragazzi e bambini siriani ha assistito a violenze inaudite, donne e ragazze hanno subito abusi e stupri. Vivere in esilio non li aiuterà di certo”  aggiunge Fenton.“Dobbiamo garantire che tutte queste persone ricevano l’assistenza necessaria per vivere in modo dignitoso, a prescindere dal fatto che siano o non siano registrate, che vivano dentro o fuori dai campi.”

“Abbiamo appreso storie tremende dai rifugiati siriani, che descrivono tantissimi minori uccisi, torturati, reclutati come bambini soldato e abusati. I minori vengono separati dalle proprie famiglie e molti muoiono per strada a causa delle ferite, cercando di scappare”, dichiara Valerio Neri, Direttore Generale di Save the Children Italia. “Sono proprio i più vulnerabili che pagano il prezzo più alto”.

I bambini sono diventati ormai bersaglio per i cecchini, costretti a scappare sotto pesanti bombardamenti, costretti a cercare di ricavare un po’ di acqua dall’erba e dalle foglie, per evitare la sete causata dalle torride temperature.

“Le testimonianze raccolte dai nostri operatori offrono un’istantanea della disperazione e dell’orrore che i bambini siriani stanno affrontando quotidianamente. Fino a che questa spirale di violenza nel paese non si riesce a fermare, occorre raggiungere urgentemente queste persone e portar loro aiuto”, continua Valerio Neri. “Tutti i bambini coinvolti in questo orrendo massacro ne hanno bisogno: da un lato coloro che all’interno del paese sono esposti all’atrocità del conflitto, dall’altro quelli che, riusciti a scappare, ora vivono in campi profughi affollatissimi, senza poter frequentare una scuola o senza avere un posto sicuro dove giocare”.

Oltre il 77% del totale della popolazione di rifugiati vive in aree urbane, al di fuori dei campi ufficiali, con poca o nessuna possibilità di guadagnarsi da vivere. Nonostante i governi e le comunità dei paesi ospitanti insieme alle agenzie umanitarie stiano facendo tutto il possibile, i rifugiati siriani hanno bisogno di accesso urgente ai servizi di base, tra cui alloggi, salute, acqua, servizi igienico-sanitari e di istruzione. Troppe persone sono intrappolate in un circolo vizioso da cui è difficile uscire: gli affitti troppo alti spingono molti a indebitarsi o a vivere in ripari inadeguati, con inevitabili ripercussioni per la salute fisica e psicologica.
 
Le strutture sanitarie nelle sovraffollate comunità di accoglienza sono al limite; in Giordania, ad esempio, il numero di visite ospedaliere per i rifugiati è cresciuto da 300 del mese di gennaio 2012 a 10.000 dello scorso marzo, mentre in Libano i profughi non riescono a pagare la quota che gli spetta pari al 25%.
 
“La comunità internazionale e i governi non possono restare indifferenti di fronte a questa tragedia umana che assume dimensioni enormi settimana dopo settimana – ha dichiarato Riccardo Sansone, coordinatore aiuto umanitario di Oxfam Italia – Non siamo in grado di prevedere quando finirà la crisi ma sappiamo che i rifugiati rimarranno nei paesi ospitanti per parecchio tempo ancora. Proprio per questo è fondamentale che tutti i rifugiati siano messi nelle condizioni di vivere con dignità e di avere accesso ai mezzi di sostentamento principali, lavorando contemporaneamente per ridurre l’impatto che la loro presenza sta avendo sulle comunità ospitanti."
 
Le agenzie umanitarie hanno chiesto invano una risposta continuativa alla crisi: gli appelli delle Nazioni Unite, per oltre 4 miliardi di dollari, sono stati finanziati per meno di un terzo e le Agenzie umanitarie stanno sollecitando i paesi donatori a trovare il denaro necessario per finanziare adeguatamente la risposta umanitaria. Fino ad ora Oxfam ha aiutato 95.000 rifugiati in Libano e Giordania.  Save the Children sta cercando di supportare la popolazione siriana sia all’interno delle comunità di rifugiati in Libano, Giordania e Iraq sia all’interno del Paese. Purtroppo, però, a causa della difficoltà di accesso, l’Organizzazione è attualmente riuscita a raggiungere solo il 10% delle persone che si era prefissa di aiutare.


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