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Media, Arte, Cultura

Imparare Bach sulle pendici del monte Amiata

Un laboratorio per un centinaio di musicisti venuti da New York nella cornice suggestiva di Arcidosso. Un modello per capire il valore aggiunto che l’Italia può dare a chi ama e fa cultura

di Barbara Marini

Capita che il violoncellista Misha Quint si trovi tra luglio e agosto in un meraviglioso comune alle pendici del Monte Amiata: Arcidosso. Capita anche che il maestro  sia il  Direttore musicale e Fondatore  de “InterHarmony Festival Internazionale di Musica” e che si svolga per il secondo anno proprio tra i boschi toscani. Capita che questo Festival sia non solo un luogo di ritrovo per grandi, ma che sia un laboratorio continuo: concerti, Master class, esecuzioni, corsi di perfezionamento, prove, insegnanti, allievi, piccoli geni e musicisti di dichiarata fama insieme.
Capita insomma che un centinaio di musicisti, per un mese circa, restituiscano la vita ai boschi solitari in un progetto elaborato per molto tempo che abbraccia vari stili e musica classica e contemporanea

«Appena entrato ad Arcidosso visto il Castello , mi dissi:  questo è  il paese che cercavo». Sì perché InterHarmony nasce e si sviluppa a New York  ma in estate va in trasferta tra la Toscana e la Germania.
Capita così che la gente del borgo tiri fuori le sedie e si metta davanti alla soglia di casa ad ascoltare Chopin. Oppure si fermi davanti alle scuole, dove sono comparsi pianoforti che si aprono e dispiegano note. Capita anche che piccole chiese sconosciute pronto  agli stessi autoctoni, gioielli trascurati e chiusi da tempo, vengano riaperte per dei concerti, come  a Sant’Andrea quella vicina a porta di Castello: uno scrigno romanico ad unica navata, coperta con capriate, che appoggia il suo fianco alle mura di Arcidosso. Capita allora che i turisti arrivino e rimangano sorpresi.
Perché la Bellezza è tutta intera e l’architettura non è gelosa della musica o della poesia, lo sa bene il poeta contadino Gian Domenico Peri, che lì fu sepolto.
Capita anche che un Assessore alla Cultura, Roberta Pomoni, senza soldi, senza troppi mezzi né ufficio stampa, invece di lamentarsi sulle larghe non intese, si dia da fare perché questo Festival prenda corpo e lo faccia anche col gusto e con la soddisfazione di vedere il suo borgo rinascere, “le persone mettersi in discussione, e vederle collaborare contente per la bellezza di quello che sta accadendo”. Capita di vedere l’Assessore sistemare le sedie di una sala prima del concerto o rimanere a cena con i musicisti. Capita anche che un imprenditore del Turismo, Marco Paglialunga, li ospiti e si prenda cura di loro nel suo Hotel Colle degli Angeli, perché gli artisti devono dormire bene e nutrirsi meglio e pare che la buona cucina toscana aiuti di certo una buona esecuzione…
Sì perché quando rappresentanza politica e imprenditoria si uniscono alla cultura accade, può accadere davvero, qualcosa di strano che le piccole realtà comunali della nostra stanca penisola ancora riescono “magicamente” a creare e che poi trascini dentro tutte le realtà artistiche presenti in loco che risuscitano dall’anonimato in cui le gettiamo.
Pare che il connubio assomigli molto ai folletti danzanti delle foreste Shakesperiane che rimangono nascosti ai re, ai potenti, agli sponsor e alla cultura del gossip estivo.

Insomma capita che in sere di mezza estate quello che pareva un sogno diventi realtà. E se vi siete persi questi musici fino ad oggi, potrete ascoltare  il 27 luglio  Bach (Concerto Brandeburghese  n. 3 BWV) eseguito da dieci alunni solisti e poi Donizetti in una intensa  interpretazione dallo stesso Misha Quint che segnerà la fine del Festival.  E se proprio siete lontani, non mancate il prossimo anno per la terza edizione che sarà ancora più ricca.

 


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