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Famiglia & Minori

Io t’insegno a ballare ma tu curami il pupo

Quasi 200 sportelli in tutte le città italiane per lo scambio del tempo libero. Tra i servizi più richiesti e offerti: la compagnia, le lezioni, il lavoro in casa, l’assistenza ai figli. È il boom d

di Alessandro Sortino

Qual è la risorsa più scarsa nei Paesi occidentali? La benzina? Il denaro? La cultura? Risposte sbagliate: la risorsa che manca è il tempo. Gli uomini vi hanno rinunciato ormai. Le donne no. Per questo hanno inventato una banca apposta per sé: la Banca del tempo. Giusto tre anni fa, nel marzo del 1995, nacquero le prime due, oggi sono 184 sparse per tutta la Penisola, con 2.190 soci di cui il 74 per cento donne, e 2.532 ore di ?fatturato? scambiate. Tutto cominciò nel maggio del 1995, un convegno come tanti, al palazzo regionale di Bologna, sui servizi per i cittadini. Presenti i Comuni, i sindacati, le associazioni, qualche cronista di testate locali. Quando a parlare al microfono sale un gruppetto di donne di Sant?Arcangelo di Romagna, i giornalisti capiscono subito che dal loro racconto poteva nascere una notizia curiosa da dettare ai giornali: quelle donne avevano trovato il modo per gestire la mancanza di tempo. Come? Coalizzandosi. L?unione fa la forza L?idea era semplice e geniale, come l?invenzione del denaro: offrire tempo libero agli altri, in cambio non di quattrini, ma di altro tempo libero. Ovviamente ognuno offre ciò che sa fare, e riceve ciò di cui ha bisogno. Ma attenzione, non si tratta di scambi a due: Caia può dare a Tizia un?ora, e venire contraccambiata qualche giorno da un?ora messa a disposizione da Sempronia. A gestire il traffico un istituto di credito che conteggia gli assegni (ci sono davvero, gli assegni) in ore e minuti. Manco a dirlo: direttore e cassiere, sono donne. Sui giornali apparve la notizia, qualche articolo, molti trafiletti, ma da quel momento l?Osservatorio sui servizi al cittadino che organizzava il convegno fu tempestato di decine di telefonate e richieste di informazioni. L?Osservatorio oggi si chiama ?Tempomat?, per fare il verso al più noto ?Bancomat?: è lui che ha fornito il ?kit? di idee e strumenti necessario alle associazioni che telefonavano per imitare e ripetere l?esperienza delle donne di Sant?Arcangelo. Già nel dicembre del ?95 ne erano nate altre tre, nell?ottobre del ?96 erano 55, nel giugno del ?97 100, e oggi 185. Una valanga, e il loro numero è destinato a crescere. La direttrice dell?Osservatorio, Adele Grisendi, reduce da un convegno nazionale sul fenomeno banche a Firenze, spiega di che cosa si tratta: «Noi stessi non ci aspettavamo un simile incremento», dichiara, «e soprattutto una diffusione così capillare nel territorio, senza che si registrino fondamentali differenze tra Nord e Sud. Io spiego il successo così: è un?invenzione delle donne, vengono offerte e richiesti servizi e piccole prestazioni legate all?organizzazione quotidiana della vita e del lavoro domestico: in sostanza le donne hanno inventato un?associazione per aiutarsi, che ricrea quel sistema di relazioni umane che un tempo era spontaneo e diffuso nei paesi e nei quartieri della città, ma che oggi si è dissolto e non si realizza più». Fagiolini e inglese A vedere che tipo di scambi effettuano le banche del tempo le parole della Grisendi vengono confermate: tra i servizi più richiesti dalle donne al primo posto c?è la compagnia, seguita da lezioni, lavori manuali creativi, collaborazioni nelle incombenze domestiche: pulire la verdura, badare ai bambini, stirare i panni. E poi: aiuto agli anziani, cura di piante e di animali, letture, trasporti. Emerge il quadro di una donna che cerca di riappropriarsi del proprio tempo: è schiacciata dalle incombenze quotidiane, eppure si sforza di trovare lo spazio per una realizzazione extrafamigliare: per esempio imparando cose nuove. Lezioni di inglese, di ballo, lezioni di piano o chitarra, e così via. È impressionante la mole di richieste che arrivano per lo scambio dei saperi. Che le donne amano ricevere in forma collettiva, piuttosto che, come preferiscono gli uomini, in maniera individuale. Non è un caso che le attività di gestione del tempo libero siano predominanti. Il fenomeno delle Banche del tempo, infatti, non va confuso col volontariato: non c?è gratuità, le richieste di assistenza sono minoritarie. E non va confuso neanche con un?esperienza simile nata in Inghilterra al tempo della Thacher per difendersi dallo smantellamento del Welfare. Un volontariato diverso Chiara Sereni ex vicesindaco di Perugia, fondatrice della Banca del tempo del Comune, una delle prime sorte in Italia, spiega questo aspetto e le differenze con l?impegno classico del volontariato. «Per sua natura il volontariato trova nel dare il sua ricompensa: nelle Banche del tempo invece c?è un?attenzione diversa alla dignità dei singoli, non c?è uno che dà e uno che riceve, ma un sistema che appiana le differenze sociali: l?unità di misura è il tempo, non il denaro, neppure la generosità disinteressata». E Adele Grisendi conclude: «Per far parte delle banche del tempo bisogna imparare a chiedere: per questo si è più liberi di entrare o uscire senza sensi di colpa, che invece insorgono nel volontariato puro. Diciamolo: è un fenomeno femminile e molto laico, e che ha davvero poco a che spartire con le parrocchie». L?opinione di Paolo Crepet Valorizzare le abilità Ho visto nascere le Banche del tempo: ho conosciuto le donne che hanno dato vita alla prima edizione, a Sant?Arcangelo di Romagna. Ho valutato sin dall?inizio questo come un fenomeno bellissimo: un modo per cambiare la propria cultura, riappropiarsi del proprio tempo. Ma c?è anche un altro merito che va riconosciuto a questa invenzione: aver dato valore alle abilità di ciascuno, a tante cose che sappiamo fare e che spesso non sono valorizzate. Ho conosciuto un uomo di Bologna che aveva una speciale abilità a sturare i lavandini: da quando è nata la Banca del tempo è riuscito a dare un valore a questa sua abilità. Era il più richiesto a Bologna. Certo: le Banche del tempo nascono come fenomeno tipicamente femminile. È questa un?idea inventata dalle donne, in un ambiente romagnolo e un po? matriarcale. Ciò ha provocato un certo ostracismo iniziale rispetto alla partecipazione maschile, che ora mi sembra superato. E che l?idea sia delle donne non è un caso: gli uomini non sanno cosa sia il tempo, lo massacrano creando falsi obiettivi, non sanno cosa sia il piacere del tempo, a parte gli artisti. Il fatto che si creino delle occasioni di scambio organizzate piuttosto che spontanee può fare pensare. Ma è inutile lamentarsi più di tanto: questa è la nostra società. E allora visto che alla solidarietà non ci si arriva spontaneamente tanto vale organizzarsi, e ben venga anche questo espediente pragmatico del baratto. psicologo


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