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Stanca accusa: traditi dalle banche

"Non finanziano la ricerca e l'imprenditoria innovativa. Lo stato investe lo 0,7% del pil: quello che manca al paese è l'investimento privato". Intervista a Lucio Stanca

di Riccardo Bagnato

Appuntamento alle 12 presso i suoi uffici di Milano. A confermarlo, a stretto giro di byte, un sms sul cellulare da parte del suo ufficio stampa. Una piacevole sorpresa visto che si tratta del ministero per l?Innovazione. Così, al secondo piano di via Rastrelli il ministro Stanca ci saluta e si parte. Senza cerimoniali. Vita: Ministro, lei è il solo ministro di questo governo a non essere mai stato oggetto di polemiche. Come se lo spiega? Lucio Stanca: Mi piace pensare che ci siano state poche polemiche perché c?era poco da criticare. Negli anni 90, con l?avvento di Internet, abbiamo assistito a una rivoluzione epocale. La politica italiana era completamente disattenta. Oggi, al contrario, se si vanno a leggere i programma di tutti, anche dell?opposizione, si vede l?esigenza di una politica dell?innovazione. Cosa che noi abbiamo inaugurato cinque anni fa. Vita: Mi scusi, ma lei era un tecnico fino a poco tempo fa. Ora non farà mica il politico… Stanca: Il mio background è sì tecnico ma quando si fa parte di un governo si condivide per forza la politica di quel governo. Cosa che l?opposizione, invece, tende a neutralizzare dicendo «ma Stanca è un tecnico?». Tuttavia, soprattutto per un ministero come quello per l?Innovazione, di per sé così trasversale e che coinvolge altri settori, non può mancare un?azione politica. Vita: Anche alcuni suoi colleghi non l?hanno propriamente considerata un politico. Penso al caso della legge Gasparri sulle comunicazioni, oppure al disegno di legge Urbani sulla proprietà intellettuale, in cui il suo ministero è stato poco o per nulla coinvolto… Stanca: Questo è un altro discorso. E sono d?accordo con lei. La politica purtroppo, anche nelle forze di maggioranza, non è sempre stata capace di comprendere a pieno non tanto le tecnologie, ma le implicazioni delle nuove tecnologie e quindi l?opportunità di una politica rispetto a un?altra. Ma questo è un ritardo che hanno tutte le forze, sia di centrodestra che di centrosinistra. Sulla questione Urbani e la difesa della proprietà intellettuale in Internet, poi, penso sia un tema molto più complesso. Sicuramente bisogna avere una protezione della proprietà intellettuale, altrimenti si distrugge valore economico e nessuno creerebbe più, ma nello stesso tempo bisogna adeguare la produzione, abbassare i costi, i ritorni per chi produce. E quindi il modello di business. E allora: dov?è l?equilibrio? Certamente bisogna criminalizzare la pirateria. Ma non criminalizzare la persona singola che ne fa illegalmente uso. Vita: Il suo ministero si è concentrato molto sugli aspetti legati ad Internet. Per la ricerca e lo sviluppo cosa ha fatto? Stanca: L?innovazione tecnologica non si esaurisce con l?uso delle moderne tecnologie, anzi, a monte c?è la ricerca. Però pensare che l?innovazione sia la ricerca è un errore. L?innovazione tecnologica è fatta di sapere, conoscenza scientifica? e mi lasci dire, su questo il paese deve recuperare tragici ritardi. Penso solo al numero di laureati in materie scientifiche? Detto questo, poi queste nuove tecnologie bisogna sfruttarle, il che nella maggior parte dei casi significa ?impresa?. Per quanto riguarda la ricerca e lo sviluppo in senso stretto bisogna ricordare che lo Stato italiano già investe lo 0,7% del Pil, e che per raggiungere il 2% della media europea quello che manca è l?investimento del privato. Vita: Le aziende non investono? Stanca: La scomparsa delle grandi imprese e la marea di piccole imprese è la classica situazione che ci vieta oggettivamente di fare ricerca. Ocse, non Stanca, dice che la ?dimensione? è uno dei fattori critici per la ricerca. Di fatto, solo il 5% delle piccole imprese europee fa ricerca. E allora bisogna sfruttare quello che abbiamo: aggregare le piccole imprese in distretti e soprattutto aumentare enormemente la cooperazione fra pubblico e privato. Poi anche le banche devono dire la loro. In Italia, per quanto riguarda l?innovazione non c?è finanza. L?Italia non ha una finanza innovativa. Questa è una debolezza strutturale per cui ci vorranno degli anni per recuperare. Vita: E il suo ministero cosa ha fatto per migliorare questa situazione? Stanca: Ad esempio abbiamo creato un fondo per finanziare il venture capital, cioè gli investimenti aziendali ad alto rischio. In questo modo incentiviamo la finanza italiana a rischiare e quella internazionale ad investire in Italia. Se perdiamo la scommessa abbiamo perso entrambi, Stato e impresa. Se vinciamo, gli utili vanno al privato. Più di così… Vita: Stato, imprese, finanza? E il non profit? Secondo lei può essere un partner per una politica dell?innovazione tecnologica? Stanca: Assolutamente sì. Ad esempio in alcuni distretti le fondazioni possono giocare un ruolo fondamentale. Vede, l?innovazione non si fa più come Archimede. è necessario un approccio sistemico, dove diversi attori cooperano insieme: le università, le imprese, la finanza. I quali creano un ecosistema industriale innovativo. Che il governo può sostenere, incentivare, ma tutto dipende dagli attori stessi. E qui entra in causa il non profit, non solo attraverso la finanza locale ovvero le fondazioni: vivremo infatti sempre di più sulle nuove tecnologie, da cui la necessità di una dimensione sociale rafforzata. Altrimenti rimane tutto in mano a un?élite. La diffusione, l?emarginazione digitale, sono queste le frontiere su cui il non profit può e dovrebbe impegnarsi. Per creare un vero progresso bisogna portarlo a tutti.


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