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L’emergenza Rom bsi è persa nei numeri

Sicurezza I risultati "top secret" del censimento voluto dal Viminale

di Redazione

13.218 sono i nomadi “censiti” a Milano, Roma e Napoli.
Un quarto rispetto alle previsioni (e agli allarmi) dei mesi scorsi. Tutti sorpresi eccetto gli operatori C ‘ era una volta l’emergenza rom. Giugno 2008: a Roma, Milano e Napoli parte il censimento voluto dal governo. Seguono settimane da toni infuocati: la cronaca si riempie di misfatti, i titoloni ad effetto sui giornali si sprecano. E si divide l’opinione pubblica, soprattutto sulle impronte ai bambini.
Ottobre 2008: escono i dati definitivi del censimento. Ma passano quasi inosservati. Un corto circuito mediatico? Eppure la notizia c’è, ed è eclatante: nei 167 campi censiti nelle tre città, i “nomadi” sono in tutto 13.218 (una cifra ritoccata: la somma dei dati forniti a Vita da Viminale e prefetture supera di 872 unità il dato di 12.346 fornito dal ministro dell’Interno, Roberto Maroni a fine ottobre) su 5 milioni di abitanti. Lo 0,24%. Pochissimi rispetto alle previsioni. Che erano quelle accolte anche dal Consiglio d’Europa, per cui, sulle 160mila presenze ipotizzate in Italia, nelle tre città del censimento si arrivava quasi a 50mila: quattro volte più del dato reale. Ma a far ancora più impressione sono i dati per singola città. A Milano la popolazione rom e sinti è di 2.128 persone (di cui 1.331 in campi regolari): da quattro a dieci volte meno delle stime, che variavano tra gli 8mila e i 20mila. Ma comunque meno di Napoli, dove la prefettura ha contato 2.784 presenze, e ne erano stimate 5-6 mila. Il record spetta a Roma, che arriva a 8.306 persone: quattro volte Milano, ma numero ben lontano dai 20mila stimati in sede europea.
Questi le cifre, dunque. E la tanto sbandierata emergenza? Che il provvedimento governativo abbia fatto scappare le migliaia di persone mancanti all’appello? «È servito come deterrente: almeno 12mila persone, soprattutto rom romeni, si sono allontanate in modo volontario», ha spiegato il ministro Maroni. Ammesso che sia così («è una cifra ottenuta dalle informazioni fornite dai nomadi censiti», ha aggiunto il ministro), si arriva a 24mila. La metà delle stime. Degli altri, nessuna traccia. Che non ci siano mai stati?
«In effetti, numeri alla mano, è un allarme ingiustificato», fa breccia l’ex capo della Cri (responsabile del censimento a Roma) Massimo Barra . Della stessa opinione la gran parte degli operatori sociali che hanno a che fare con il popolo rom tutti i giorni. «Sono numeri molto bassi. Forse leggermente sottostimati perché d’estate alcune famiglie tornano al proprio paese per le vacanze, ma sono numeri attendibili», nota don Massimo Mapelli , referente della Fondazione Casa della carità di Milano. «E sono gli stessi di prima del censimento: chi lavora sul territorio ha gli occhi ben aperti e sa che fughe di massa non ce ne sono state».

MILANO
Un esempio per tutti. Campo rom di via Triboniano, l’insediamento regolare più grande della città. Qui un registro interno era già stato fatto nel 2007, e oggi le 570 persone presenti, il 48% delle quali minori, vivono in container e roulotte rispettando il Patto di legalità stipulato con il Comune.
«Nessun movimento di famiglie dopo il censimento estivo», spiega Fiorenzo De Molli , responsabile del campo per la Casa della carità. «La situazione è bloccata: tutti si sono iscritti nelle graduatorie per le case popolari ma hanno poche chance, e per molti è difficile trovare lavoro: gli viene negato appena dicono di vivere nel campo». Per questo, la Casa della carità ha da poco avviato progetti di rimpatrio assistito in Romania. «In tal senso negli ultimi tempi qualche famiglia se ne è andata: l’ha fatto tramite accordi con i comuni di provenienza». Se per chi vive a Triboniano la situazione è ferma, ma tranquilla, diverso il discorso per chi è fuori dai campi regolari. «L’effetto del clima da caccia alle streghe del censimento, il cui dato finale testimonia quanto inverosimile fosse l’emergenza e quanto l’immigrazione “percepita” sia fuori strada rispetto a quella reale, si traduce in una doppia moltiplicazione», interviene Pietro Massarotto , presidente dell’associazione Naga, «sono aumentati gli sgomberi e, come diretta conseguenza, la dispersione dei gruppi di rom in piccoli insediamenti sempre più nascosti e meno controllabili».

ROMA
«Pur considerato che il censimento a Roma era volontario e una minima parte ha rifiutato, la cifra finale dei censiti conferma l’inutilità dell’allarme sociale», spiega Paolo Ciani , responsabile dell’area Rom della Comunità di Sant’Egidio. Niente fughe collettive, quindi? «Assistiamo a un maggior movimento di famiglie perché i rom romeni sanno di potersi muovere più liberamente da quando sono diventati comunitari. Ma di esodi generalizzati non ci risulta», continua Ciani, «il ritmo di vita nei campi, e purtroppo anche le condizioni igieniche (che l’ex capo Cri Massimo Barra aveva definito «peggio dei campi profughi dell’Uganda», ndr ), sono le stesse di qualche mese fa». Nella capitale, quello che aumenta sotto l’amministrazione Alemanno sono ancora una volta gli sgomberi dei piccoli insediamenti abusivi: almeno 65 interventi documentati tra il 17 ottobre e il 21 novembre.

NAPOLI
Nel capoluogo campano il censimento ha dimezzato il numero di rom e sinti preventivati. «È stata un’emergenza messa in atto a tavolino, e la conferma è nei numeri finali», spiega Marco Nieli , responsabile napoletano dell’Opera nomadi, «se qualcuno se n’è andato, non è per il censimento ma a causa del “pogrom” verso i rom scatenatosi dopo i fatti di Ponticelli, con il presunto rapimento del bimbo che ha scatenato gli incendi dei campi e gli inseguimenti ai rom in strada. Azioni che tra l’altro continuano tuttora». Con brutte conseguenze anche per i minori: sempre a Ponticelli, prima dell’estate (e dei misfatti) erano 40 i bambini rom iscritti a scuola e seguiti dalla Caritas. Alla ripresa di settembre non se ne è visto uno.


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