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Politica & Istituzioni

Lega, Maroni fa scopa

Espulsa Rosi Mauro, prevale la durezza del Numero Due

di Franco Bomprezzi

Difficile e tormentata la resa dei conti in casa della Lega, dove l’espulsione di Rosi Mauro avviene solo al termine di un confronto teso, con la minaccia di dimissioni di Maroni dalla “troika” dei reggenti. Intanto le indagini continuano, spunta il nome di Calderoli, e vengono alla luce sempre nuovi pasticci. Ecco come si chiude la settimana più lunga del Carroccio.

Titolo di cronaca, taglio centrale, sulla prima del CORRIERE DELLA SERA: “Via Rosi Mauro, salvo Bossi jr. I rapporti tra Calderoli e Belsito”. E subito sotto l’incipit del pezzo di Fiorenza Sarzanini: “E l’ex ministro chiedeva: cosa dico ai giornalisti?”. I servizi in quattro pagine interne. A pagina 10 la cronaca del vertice in via Bellerio: “Maroni: «Via loro, o lascio». Espulsi Belsito e Rosi Mauro”. Scrive Marco Cremonesi: “L’aut aut di Maroni ha posto il consiglio federale leghista di fronte a una scelta che tale non è: le dimissioni di Maroni, il leader che per la maggior parte dei leghisti restituisce orizzonte al movimento, contro la permanenza in Lega della fondatrice del Sin.pa, travolta dalle polemiche. E così, il gran consiglio ha deciso: dal tardo pomeriggio di ieri, Rosi Mauro non fa più parte del Carroccio. E con lei — ma la decisione è stata assai più rapida — l’ex tesoriere Francesco Belsito”. E pagina 11 Cremonesi ricostruisce la vicenda di Rosi Mauro, ieri, in Lega: “I presenti le chiedono di ripensarci, di dare le dimissioni, ma lei dura: «Sarebbe un’ammissione». E poi, un po’ surreale: «Gli altri partiti mi prenderebbero in giro». È a quel punto che scatta l’offensiva dei maroniani. Esordisce il capogruppo Gianpaolo Dozzo sul filo dell’ironia: «Sono allibito, mi sembra di stare in un consiglio federale democratico. Quando ci sono state le precedenti espulsioni, quando c’è stata la Pivetti, non sono stati usati tanti riguardi». Poi Gianluca Pini, il segretario «nazionale» della Romagna: «A questo punto — avrebbe detto — la discussione non è se Rosi Mauro debba dare le dimissioni o meno. A questo punto, la discussione è su quale debba essere la sanzione per aver umiliato Umberto Bossi». Il segretario del Trentino, Maurizio Fugatti, si chiede che cosa «sarebbe successo al presidente del consiglio comunale di vattelapesca che si fosse rifiutato di obbedire a un ordine di Bossi». Il mantovano Gianni Fava: «Non stiamo parlando di reati, ma della colpa più grave: contraddire il capo in un partito carismatico. E farlo in televisione, mentre a Bergamo si svolge la manifestazione dell’orgoglio leghista». L’escalation culmina con il duro intervento di Maroni: «Io non ci sto a far parte di un triumvirato che viene delegittimato da un comportamento tanto scorretto». È l’aut aut. Bossi, che probabilmente non l’avrebbe voluta dar vinta all’ex ministro la invita a riflettere: «È l’ultimo appello, pensaci… ». Arrivano anche le difese di Marco Reguzzoni, Angelo Alessandri e Francesco Speroni. La triumvira Manuela Dal Lago annuncia: si andrà al voto. Bossi, che per tutta la riunione è andato e venuto, in quel momento è fuori. Reguzzoni tenta l’ultima carta: «Non c’è Bossi, aspettiamolo…». Dal Lago concede due minuti, che trascorrono nel nervosismo. La clessidra scade, e la triumvira vicentina invita Rosi Mauro a lasciare l’assemblea. La «Nera» capisce che è finita, la partita è persa. Ed esce di scena gridando: «Espelletemi, espelletemi pure. Ma io il passo indietro non lo farò mai. Mai… ». Arriva il voto, nella stanza mancano Reguzzoni, Bossi e Alessandri. Rosi Mauro è fuori”. Nelle pagine 12 e 13 gli sviluppi delle inchieste giudiziarie.

“Lega, i pm indagano su Calderoli”: la sintesi de LA REPUBBLICA continua nel sommario: “Espulsa Rosy Mauro. Soldi ai partiti: legge firmata Alfano, Bersani e Casini”. Il resoconto del vertice a pagina 6, con un altro titolo che ha un guizzo di quasi ironia: “La Mauro espulsa per il no a Bossi. Il Senatur: se ho preso soldi, li ridarò”. La vicepresidente del Senato espulsa per aver rifiutato di obbedire. Una cosa inaudita per il Carroccio, che pero ha perdonato il Trota che zitto zitto non ha detto dei no, ma ha tirato un brutto tiro al papino… Allo stesso modo il consiglio federale ha ritenuto di accogliere la giustificazione di  Umberto: «Se si accerterà davvero che qualcuno della mia famiglia ha preso dei soldi appartenenti alla Lega io farò un assegno per rimborsare l’intero importo». È un modo per Maroni per tenere in pugno il presidente del Carroccio? Alessia Gallione non lo dice esplicitamente, ma potrebbe essere questa la spiegazione della disponibilità di Maroni e dei suoi. Salvini ad esempio afferma (senza mettersi a ridere) «Bossi poteva non sapere, era impegnato a fare altro, era impegnato a salvare il Paese». Nel retroscena, Rodolfo Sala spiega che Maroni è interessato a scavare un solco fra la badante Rosy e il badato, cioè Bossi (che però non ha votato l’espulsione, allontanandosi appena prima). Maroni ha detto «è un problema di credibilità del nostro movimento, io non ci sto a far parte di un triumvirato che viene delegittimato dal comportamento così scorretto di un militante». Curiosamente non ha detto nulla riguardo a Calderoli, altro “triumviro” su cui i pm stanno indagando…Il reportage dal profondo Nord è di Curzio Maltese: è Beppe Grillo che sta mettendo il cappello sul Settentrione, alla caccia dei voti degli scontenti. «L’analogia con il primo Bossi è impressionante: Grillo gli copia interi passaggi e slogan, stacchi compresi», commenta Beppe Civati del Pd, preoccupato dell’immobilismo del suo partito di fronte a questi elettori. Secondo Aldo Bonomi, «la Lega è stato un formidabile imprenditore della paura del Nord davanti alla globalizzazione», ma poi è rimasta attaccata ai vecchi miti (la Padania ecc…). Con piglio meno sociologico, la crisi del Carroccio la spiega bene Stefano Benni: «basta guardare il Trota per capire che un’idea gli provocherebbe uno choc anafilattico»….

“LA MAURO FUORI DAI MARONI” titola IL GIORNALE che in prima ospita l’intervento di Salvatore Tramontano: «Sono anni che Maroni spettava questa momento: prendersi il Carroccio e regolare i conti con chi vedeva solo Bossi. Non è facile  sopravvivere a una vita  da numero due, con l’ombra del leader, del fondatore, di quello che tutti considerano puro istinto politico e aspettare che prima o poi arrivi il tuo turno.  Ora è arrivato.  La storia fra Rosi Mauro e Roberto Maroni è un romanzo padano.. è una storia di vendette e gelosie, di disprezzo e di potere, di due persone che si guardano in faccia e mettono in mostra quello che sono.  Il primo passo di Maroni per sentire veramente sua la Lega non può esser che questo: gettare nella polvere la strega, la favorita del vecchio e grande capo.  Anzi, mostrare a Bossi quanto sia stato ingenuo e fragile a fidarsi di una così al centro del dramma  c’è la donna di troppo.  Poi c’’è tempo per ridimensionare anche gli altri». 

 In una prima pagina che apre sul tema degli esodati la Lega è relegata nella parte bassa della prima pagina del MANIFESTO: “Maroni vince la mano, Rosy Mauro fatta nera” è il titolo del richiamo che rinvia a pagina 4 interamente dedicata alla resa dei conti nel Carroccio. A piè di pagina il corsivo di Norma Rangeri “Quando il corpo è reato” che dà una lettura diversa dell’attacco alla vicepresidente del Senato che viene anticipata dall’occhiello “Lombrosianamente”. Nell’articolo si osserva «(…) È lei, lei sola, lei soprattutto a inficiare il decoro delle istituzioni repubblicane, come se le aule parlamentari non fossero affollate da donne e uomini non solo coinvolti in vicende poco commendevoli, ma persino condannati dai tribunali della repubblica (…)» E dopo aver ricordato che la Mauro non ha ricevuto al momento neppure un avviso di garanzia si prosegue «(…) l’insultometro si scatena perché al centro della scena c’è la preda perfetta,il capro espiatorio di un celodurismo trasversale che alimenta l’escalation mediatica. Come se questa donna fosse la discarica in cui sversare veleni, furori, sensi di colpa, nel tentativo di placare la rabbia popolare alimentata da una corruzione politica dilagante, dentro e fuori la Lega (…)» e conclude: «Quando si dice che stiamo assistendo a una Tangentopoli al cubo, sappiamo che il contraccolpo non sarà un pranzo di gala. E dal lancio delle monetine siamo passati alla lapidazione». A pagina 4 il titolo che apre è: “La cacciata della strega” e l’articolo ricostruisce il pomeriggio di ieri in via Bellerio culminato con l’espulsione della Mauro.

Il punto di Stefano Folli parte in prima pagina su IL SOLE 24 ORE ed è dedicato alla Lega. “Il bivio di Maroni: solo un epuratore o il rifondatore della Lega?”: «Era necessario dare al “popolo” leghista la sensazione fisica che l’equilibrio interno è cambiato. Rosi Mauro era un po’ il simbolo del famoso “cerchio magico”, il piccolo gruppo di cortigiani che faceva il bello e il cattivo tempo nel Carroccio, coprendosi dietro il volto sofferente del leader storico. La sua subitanea espulsione, in compagnia dell’improbabile ex tesoriere Belsito, rende chiaro che il cerchio è andato in frantumi. E non a caso quasi tutti si sono allineati in fretta al potere emergente, anche perché sono troppo deboli e frastornati per mettersi di traverso. Vedi il caso di Calderoli, uno dei triumviri provvisori ed ex uomo forte della stagione berlusconiana, sul quale la magistratura oggi sta indagando. Quindi la Mauro è senz’altro un capro espiatorio. La vera domanda è: e ora cosa succede? Maroni aveva promesso “pulizia”. Se l’ex ministro dell’Interno usa questo argomento per ribaltare dalle radici la Lega, eliminare nel giro di pochi mesi il vecchio gruppo dirigente e indossare i panni del nuovo monarca, non potrà di certo fermarsi a Rosi Mauro e a Belsito. Potremmo dire allora che ha cominciato da questi due nomi, ma per andare molto oltre, in base alla retorica delle scope con il marchio del sole delle Alpi. Aspettiamoci quindi, se questa è l’ipotesi, che la scure maroniana si abbatta presto o tardi sul giovane Bossi, poi sul presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Boni, poi sullo stesso Calderoli. E su altri ancora. (…)La decisione di ieri ha quindi un senso se la cacciata della Mauro è funzionale a un disegno di potere ambizioso, per il quale Maroni dovrà dimostrarsi all’altezza. Se invece si è trattato solo di dare in pasto ai militanti un paio di nomi per tacitare il malcontento, mantenendo intatto il resto dell’oligarchia, allora c’è da aspettarsi parecchia instabilità e qualche brutta sorpresa in fondo alle urne elettorali».

ITALIA OGGI  propone due pezzi.  Il primo, “Purghe ai terroni Mauro e Belsito” a pag 3 spiega che Rosi Mauro è stata espulsa perchè non ha accettato di dimettasi dall’incarico di vicepresidente del Senato. La Lega ha ritenuto inaccettabile la sua scelta di non ubbidire ad un preciso ordine impartito dal Presidente federale e dal Consiglio federale. Il figlio di Bossi non è stato espulso perché non ha disubbidito. Il secondo,  “I bossiani restano forti in Veneto”, fa il punto della situazione sulle correnti pro Bossi pro Maroni nella galassia leghista veneta in vista del Congresso padano del 3 giugno. Se Maroni perde ci potrebbe essere una secessione del partito. 

“Fuori due”, dice AVVENIRE in prima pagina. “Ma non Bossi jr”, precisa subito. Rosy Mauro ha commentato: «il rancore ha prevalso sulla verità. La mia è una epurazione già scritta». Pare che il “tribunale del popolo” messo in scena ieri in via Bellerio abbia visto lo scontro duro, con Maroni che avrebbe detto «O la cacciamo o me ne vado io» e con Bossi e Reguzzoni usciti al momento del voto. Intanto nelle indagini spunta anche il nome di Calderoli. Per Flavio Tosi «l’espulsione di Rosy Mauro è sacrosanta». 

 “Vince Maroni, via Rosi Mauro”. Titolo secco su LA STAMPA, come secco è stato l’out out imposto ieri da Maroni al Consiglio federale della Lega: o io o lei, è stata la posizione senza mediazioni possibili del triumviro e segretario in pectore, come racconta Giovanni Cerruti, nella pagina dedicata ai retroscena della riunione. Il “taccuino” di Marcello Sorgi cerca di fare il punto sulla situazione sempre più complicata del Carroccio (indagato ieri anche Calderoli). Scrive Sorgi: «L’uomo che porterà la Lega al congresso di giugno è Maroni, che al momento resta il candidato più forte alla successione. Ma l’equilibrio interno del partito rimane precario e la presenza quotidiana di Bossi in via Bellerio sta a significare che il vecchio leader, malridotto com’è, non ha alcuna intenzione di lasciare il campo. Molto dipenderà dagli sviluppi giudiziari delle indagini in corso e dall’esame della gran mole  di carte sequestrate nella sede del partito, che continuano a produrre una quantità di dettagli perniciosi e ad intaccare la linea ufficiale di difesa, che tende ad accreditare Bossi come la principale vittima di un raggiro ai danni suoi e del partito, ad opera dei suoi famigliari e famigli».

E inoltre sui giornali di oggi:
 
TARANTO
IL MANIFESTO – Richiamo in prima pagina per il “disastro sfiorato” – come chiosa l’occhiello – ieri al porto di Taranto. L’attenzione è rivolta anche al futuro del porto “Su Taranto le mani dei «giganti» del petrolio” recita infatti il titolo. Mentre nel testo del richiamo si legge: “Grave disastro sfiorato ieri nel porto di Taranto per uno sversamento di carburante di una nave in rada. La lotta tra lavoro e ambiente continua a segnare la città pugliese. Total, Exxon e Shell hanno già il via libera per costruire in quell’area superinquinata «Tempa Rossa», che secondo Goldman Sachs è «uno dei 128 progetti più importanti al mondo per l’industria petrolifera»: il traffico di petroliere presto quadruplicherà, passando da 30 a 133 navi”. A pagina 7 la pagina è quasi interamente dedica a Taranto e come ricorda l’occhiello “Dopo l’Ilva la città superinquinata è nel mirino di Total, Exxon e Shell”. In un ampio box l’intervista alla responsabile della campagna mare di Greenpeace Giorgia Monti che afferma «Mediterrano a rischio trivellazioni», mentre a piè di pagina un articolo è dedicato al futuro del Petrolchimico “Venezia e Marghera iniziano a tingersi di verde (non padano)” si legge nel titolo. Il riferimento è al fatto che “Lunedì il ministro Clini firma l’avvio della conversione dell’area industriale. Un progetto da 2 miliardi” come ricorda l’occhiello

PROTEZIONE CIVILE
LA STAMPA – La pag. 6 dedicata alla “riforma” della Protezione civile. “Sarà il consiglio dei ministri di oggi a discutere la bozza di decreto per la riforma della Protezione civile messa a punto dal sottosegretario Catricalà e dal viceministro all’Economia Vittorio Grilli”. Il Dipartimento sarà maggiormente collegato al ministero dell’Interno, il cui titolare sarà l’unico che potrà subentrare al presidente del Consiglio, e si stabilisce che la PC dovrà occuparsi solo della prima emergenza. Le ordinanze straordinarie, i poteri di coordinamento,  il ruolo di guida potranno durare solo 100 giorni. Poi, la responsabilità passa alla Protezione civile della Regione interessata dalla catastrofe. Dopo il ventesimo giorno, inoltre, le ordinanze straordinarie andranno  concertate con il ministero dell’Economia.


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