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Education & Scuola

La scuola cambia se dirigenti e genitori sono alleati

All'Indire immaginano la scuola del futuro. Così abbiamo chiesto a loro a quali condizioni la scuola italiana può cambiare ed innovarsi, anche in una fase di poche risorse economiche. Elena Mosa ci ha risposto.

di Sara De Carli

Elena Mosa è una giovane ricercatrice all’Indire, ovvero l’istituto che in Italia studia l’innovazione della didattica. Lei si occupa di innovazione tecnologica in ambienti educativi. Per esempio di capire come lo spazio fisico dell’aula e della scuola impatti sulla didattica e di converso come deve essere ridisegnato lo spazio dell’aula per stare al passo con una didattica più efficace e più moderna; ma anche di come un libro che non è più di carta cambi il modo di insegnare. Per mestiere, insomma, immagina la scuola del futuro.

Dottoressa Mosa, si può fare innovazione nella scuola e migliorarla anche in un periodo in cui le risorse economiche sono poche? Come, a quali condizioni, puntando su quali figure?
Tenendo a mente che anche in periodi di limitate risorse economiche esistono valide opportunità per attingere ai finanziamenti – si pensi ad esempio ai fondi allocati per il potenziamento dell’azione Piano Scuola Digitale – è chiaro che la scuola deve attrezzarsi per fare innovazione anche con soluzioni diverse. In questo contesto diventa sempre più cruciale il ruolo del Dirigente Scolastico, che deve mettere in atto strategie di fundraising cercando sinergie con il territorio e con le imprese.

C’è un esempio?
Casi d’eccellenza come l’ITIS Pacioli di Crema, dimostrano che l’innovazione si radica se esiste un progetto educativo ed un sostegno che dura nel tempo. L’innovazione ha bisogno di continuità e solidità, va progettata e sostenuta. Ben vengano i contributi “una tantum”, ma da soli rischiano di non essere sufficienti. Il Pacioli, come tante scuole che non riescono ad “arrivare a fine mese” con le proprie forze, chiede una quota contributo alle famiglie, il “fondo per l’arricchimento dell’offerta formativa”, per consentire agli studenti di disporre di dotazioni tecnologiche e di opportunità di apprendimento all’avanguardia: la scuola ha recentemente inaugurato, insieme ad INDIRE, un’aula 3.0 e ha in progetto di crearne di nuove secondo un modello didattico innovativo, il TEAL (Technology Enabled Active Learning) la cui paternità è del prestigioso MIT di Boston. 
Ovviamente è necessario ricompensare lo  sforzo chiesto alle famiglie con la trasparenza che  trova visibilità nel bilancio messo in chiaro sul sito dell’Istituto.


Le famiglie sono sempre più spesso chiamate a dare un contributo economico alla scuola, senza il quale in molti casi è difficile immaginare una scuola che possa innovare. Qual è il ruolo delle famiglie in questo processo? Solo di sostegno economico?
Le famiglie non rappresentano solamente un sostegno economico, ma anche e soprattutto una grande risorsa culturale: le famiglie infatti possono arricchire con la propria professionalità la vita stessa della scuola. Ad esempio è proprio tramite la rete di contatti che si instaura tra la scuola e le famiglie che possono essere favoriti progetti di co-finanziamento con le imprese locali.
Naturalmente, però, tutto questo non sarebbe possibile e non potrebbe avere senso se non fosse animato dal lavoro dei docenti. L’innovazione è un processo complesso e composito e pertanto va sostenuto da più parti, in questo mosaico i fondi sono solo un tassello (importante), ma occorrono anche passione, entusiasmo, formazione e una vision che solo docenti e dirigenti insieme possono costruire.

In questo viaggio nella scuola italiana abbiamo scoperto esperienze straordinarie, ma molto legate all’entusiasmo e alle competenze di singoli dirigenti e dei loro team: si può ambire a un cambiamento più di sistema, pur sapendo che non potremo contare su finanziamenti dall’alto, o siamo destinati ad avere scuole a due livelli e due velocità? Come deve cambiare il ruolo di dirigenti, docenti e genitori?
Il ruolo del Dirigente e quello del docente cambiano nella direzione di una maggiore responsabilità, sia in chiave formativa sia di valorizzazione delle risorse. Sono chiamati a “rendicontare” (in termini di social accountability) il loro impegno e gli obiettivi raggiunti, direzione verso la quale si è già iniziato a muovere i primi passi (si pensi ad esempio ai progetti Vales o VSQ). La scuola del futuro deve poter poggiare su risorse (ma sappiamo con quali limiti), sul capitale umano (adeguatamente formato) e sul ruolo attivo del territorio e delle famiglie. Occorre ripensare il tempo e lo spazio del fare scuola: rispetto al primo aprendone i confini oltre il suono della campanella (ambienti on line nei quali lavorare a distanza o attività post scolastiche…), anche per recuperare il ruolo di “polo attrattivo” e culturale della società;  il secondo perché le aule così come sono adesso (organizzate a banchi allineati e setting standard) non sono più funzionali ad un modello di scuola basato sulla società della conoscenza ma tendono a riproporre, al contrario, il paradigma di massa della società industriale. In questo percorso di ripensamento che va ad intaccare le coordinate portanti di un modello consolidato, la scuola non può essere lasciata sola ed ecco che i contributi di tutti gli attori finora chiamati in causa, assieme a quelli istituzionali, diventano indispensabili per valorizzare il concetto della scuola come bene comune.
 


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