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Ecco perché Blu ha cancellato i suoi murales

Blu ha cancellato i murales realizzati a Bologna per protestare contro la mostra a Palazzo Pepoli. Ad appoggiare la sua scelta tanti artisti e cittadini comuni con l'evento su Facebook "Io non partecipo" e l'hashtag Twitter #mementomuri per boicottarne l'inaugurazione. «Per la prima volta la distruzione di un pezzo da parte dell'autore è stato un gesto più potente della creazione», dice Sabina de Gregori, esperta di Street Art. L'intervista

di Anna Spena

È successo qualche notte fa a Bologna. Lo street artist di fama internazionale, Blu, che ancora oggi nonostante il successo raggiunto mantiene l’anonimato, ha ricoperto con la vernice grigia i murales che aveva realizzato negli ultimi anni a Bologna, città mamma della street artist italiana. Perché?L’ha fatto per protestare contro la mostra che inaugurerà il 18 marzo prossimo a Palazzo Pepoli, dal titolo “Street Art. Banksy&Co. – L’arte allo stato urbano”, promossa da Genus Bononiae in collaborazione con Fondazione Carisbo. Nella mostra tra le opere esposte ce ne saranno anche alcune staccate dai muri della città, l’obiettivo dichiarato dagli organizzatori, primo tra tutti Fabio Roversi Monaco, direttore di Genus Bononiae, è quello di “preservare le opere dall’ingiuria del tempo”. Eppure è un fatto noto che la Street Art nasca per “morire” con il tempo. Nell’idea stessa della sua creazione non c’è nessuna pretesa di eternità… «A Bologna non c'è più Blu e non ci sarà più finché i magnati magneranno. Per ringraziamenti o lamentele sapete a chi rivolgervi», ha fatto sapere Blu. L’artista è stato appoggiato in questo gesto non solo da altri street artist che hanno preso le sue difese ma anche dalla società civile.

Un evento su Facebook “IO NON PARTECIPO”, organizzato per boicottare l’inaugurazione della mostra del 18 marzo ha già raccolto migliaia di adesioni e su Twitter impazza l’Hashtag #mementomuri. Vita.it intervista Sabina de Gregori, laureata in Storia dell’Arte, esperta di Street Art e di linguaggi del contemporaneo. Ha pubblicato diversi volumi per Castelvecchi editore tra cui Banksy il terrorista dell'arte. Vita segreta del writer più famoso di tutti i tempi (2010), finalista al Premio Francesco Alziator 2011 per la saggistica.

Blu ha cancellato i murales come segno di protesta rispetto agli "strappi" delle opere di Street Art. Ma così facendo non è andato un po', anche lui, contro la natura stessa della Street Art che presuppone che le opere debbano fare il loro corso e degradarsi "naturalmente"?
Non credo che c'entri il discorso "etico" della Street Art nel suo senso strettamente tecnico di deperibilità. Il gesto di cancellare una propria opera è una scelta che l'artista è libero di fare, così come sarebbe libero di fare chiunque passi per la strada, proprio perché nel momento in cui l'opera viene terminata ed è su suolo pubblico, è di proprietà di tutti. Per Blu il significato dei suoi pezzi, legati indissolubilmente al luogo dove ha scelto di farli, ha cessato di esistere perdendo così la sua forza più intima e provocatoria. E' stato coerente per lui decidere di eliminarli perché non rispondevano più alla motivazione originaria con cui erano stati creati, anzi, stavano assumendo un significato diametralmente opposto e rischiavano di essere strumentalizzati.

Che pensi della mostra sostenuta da Fondazione Cassa di Risparmio "street art Banksy & Co. L'arte allo stato urbano"? Voluta dal professore Fabio Roversi Monaco, dicono sia nata con l'intenzione di avviare una riflessione sulle modalità della salvaguardia, conservazione e musealizzazione di queste esperienze urbane. L’intento dichiarato non è totalmente in controtendenza rispetto all'idea stessa di Street Art?
Assolutamente sì. La Street Art, se così si può ancora chiamare, è nata per non lasciare tracce nel tempo, ma solo nell'immediato, è l'arte del Qui e Ora. L'unico strumento che la storicizza e la cataloga è la fotografia. E l'unico strumento oggi capace di diffonderla è internet. Staccare un muro per porsi il problema della conservazione e della musealizzazione mi sembra una scelta senza senso, violenta e che ne offende la dignità. La Street Art portata in un museo smette di essere Street Art per diventare una serie di singoli pezzi che sì, posseggono una qualità artistica, ma sono completamente decontestualizzati, smettono di dialogare con l'ambiente che li ospitava e diventano quindi poco incisivi e scorporati dal loro significato. Il contenuto e il contenitore sono due concetti molto importanti per l'arte urbana, se uno dei due viene a mancare l'opera non può considerarsi completa. È corretto in questo momento porsi il problema della conservazione, aprire un dibattito sano e costruttivo sulle ragioni, il desiderio e il reale senso del voler preservare queste opere. Non è detto però che l'esito finale della riflessione sarà a favore del museo, anzi.

Staccare un muro per porsi il problema della conservazione e della musealizzazione mi sembra una scelta senza senso, violenta e che ne offende la dignità

Così facendo Blu non ha creato un "pericoloso" precedente?
Non penso che Blu abbia creato un "precedente", ma piuttosto che abbia compiuto un gesto di grande forza politica, coerente con il suo linguaggio. Quello che è successo dovrebbe farci riflettere: per la prima volta la distruzione di un pezzo da parte dell'autore è stato un gesto più potente della creazione. E per la prima volta il linguaggio dell'arte urbana ha fatto scaturire un dibattito sociale importante, coinvolgendo un numero di persone più ampio del solito. Ogni artista ha una propria sensibilità e un proprio linguaggio, in questo caso Blu ha sentito di dimostrare la propria integrità cancellando i lavori, ma l'arte urbana è una corrente che racchiude diversi linguaggi e opposte individualità, altri artisti sono invece felici di finire in un museo e non hanno nulla in contrario nel produrre opere destinate al commercio su supporti differenti da quelli di "strada".

Su un muro grigio è apparsa la scritta "rimpianti si, ma in ogni caso nessun rimorso". Ma allora di che sono i muri della città? Delle istituzioni, dei cittadini o degli artisti?
Da un punto di vista legale ogni muro è diverso da un altro. Esiste il muro privato, quello istituzionale e quello pubblico e ognuno risponde a una legislazione differente. A un livello più profondo che coinvolge il "sentire" la città i muri sono di tutti, di chi li abita, di chi li vede ogni mattina andando a lavoro, di chi li preferirebbe bianchi e puliti. Sono una parte talmente fondativa di una città che riflettono le abitudini e il vivere comune. Sarebbe complesso – se non a livello giuridico come ho già detto – attribuire a ogni muro un proprietario. I muri trattengono il passare del tempo, raccontano storie, testimoniano il presente nel bene e nel male, racchiudono e simboleggiano molto della comunità.


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