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Economia & Impresa sociale 

Immigrazione, le aziende scendono in campo

Ieri l'università di Confindustria ha promosso un incontro sull'accoglienza da cui è emerso il crescente impegno delle imprese in programmi di welfare a favore dei migranti. La testimonianza di Rita Carisano, direttore generale di Confindustria di Verona

di Monica Straniero

Gli immigrati sono contributori silenziosi, in grado di compensare gli squilibri demografici e di sostenere il sistema nazionale del welfare (oltre alle pensioni, anche altri trasferimenti come maternità e disoccupazione) che si rivolge prevalentemente alla popolazione autoctona del paese di accoglienza.

Da questa constatazione è nato il Convegno, organizzato da Vises Onlus, che si è svolta ieri mattina alla Luiss dal titolo: Flussi migratori globali e politiche di accoglienza, coesione sociale ed integrazione culturale nel mondo che verrà “. Le tragedie umane che il fenomeno migratorio sta’ comportando sono ormai così note e costanti da far parte, purtroppo, della nostra quotidianità”, ha detto Nadio Delai, coordinatore scientifico del convegno. Secondo Antonio Ricci, Centro Studi e Ricerche IDOS, Dossier Statistico Immigrazione, negli ultimi 25 anni oltre 25.000 persone hanno perso la vita nel tentativo di attraversare il Mediterraneo (3.770 solo nel 2015). L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, infatti, ha stimato in oltre 1,3 milioni i rifugiati e i richiedenti asilo residenti nell’Unione europea. L’Italia rappresenta, insieme a Germania, Gran Bretagna Francia e Spagna, uno dei cinque paesi europei con maggiore concentrazione di popolazione straniera.

EMERGENZA UMANITARIA O EMERGENZA POLITICA?

“Esiste il timore che i rifugiati possano fare danni alla società europea, ma è giunto il momento di considerare gli immigrati come risorsa e non come una minaccia. Questo vuol dire che ritornare a Schengen sarebbe un grosso errore e potrebbe minare le basi dello stesso progetto di integrazione europeo”, ha detto Giuseppe Di Taranto, professore di Economia all’Università Luiss di Roma.

La più grande crisi migratoria crisi dalla Seconda guerra mondiale sta infatti mettendo a dura prova uno dei principi fondanti dell’Europa Unita, la solidarietà, per la mancanza di responsabilità dei vari stati europei nei confronti di un fenomeno enorme e complesso capace di cambiare il volto di una società. “Ma se è vero che il numero di persone che giunge in Unione europea è aumentato nel corso degli ultimi vent’anni, è davvero difficile considerare il fenomeno un’invasione. Tale diventa se non c’è la volontà politica di accoglierli. Le risorse messe a disposizione dall’Europa non dovrebbero essere usate per erigere muri ma per offrire protezione internazionale a chi è in fuga da persecuzioni, guerre, povertà e disastri ambientali, e chi sopravvive agli abusi di trafficanti di persone umane”, sottolinea monsignor Gian Carlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes. E fa notare che in Italia uno dei problemi dell’accoglienza riguarda la distribuzione sul territorio, visto che solo 400 comuni su 8000 hanno infatti aderito ad un progetto Sprar, Sistema per richiedenti asilo e rifugiati.

Con l’immigrazione si sta altresì affermando un’ambigua correlazione tra immigrazione e sicurezza. “Seppure l’eventualità che sui barconi possano nascondersi terroristi infiltrati non possa essere escluso a priori, bisogna stare attenti a non confondere terroristi e migranti”, ha ammonito Gianni Bonvicini, studioso di questioni europee e di politica estera. Come sta facendo la Polonia che sulla stessa linea di Repubblica Ceca, Romania e Ungheria, è decisamente contraria all’accoglienza degli emigranti a prescindere dalla provenienza. Il motivo? Lo stereotipo che associa il profugo all'arabo terrorista.

Una possibile soluzione al dramma dei profughi arriva da Paolo Morozzo della Rocca, Professore ordinario di diritto privato all’Università di Roma Lumsa: si tratta dell’operazione corridoi sicuri. “Un programma di solidarietà di iniziativa della Comunità di Sant'Egidio e delle Chiese evangeliche che ha permesso l’arrivo di 93 rifugiati siriani (in foto) dai campi in Libano con viaggi sicuri, senza dover rischiare la vita con i trafficanti di esseri umani”.

Per gestire la crisi migratoria serve un nuovo approccio multilaterale che coinvolga istituzioni, società civile ed imprese. Antonio Calabrò, vicepresidente di Assolombarda e responsabile Cultura di Confindustria ricorda così la lezione di Gary Becker, premio Nobel per l’economia nel 1992. “Sono ingiuste le discriminazioni di razza, genere religione e cultura. Ledono i diritti fondamentali della persona e non sono economicamente convenienti”.

WELFARE AZIENDALE A MISURA DI IMMIGRATO

Secondo le stime Istat sull’impatto degli immigrati sull’economia del paese di accoglienza, gli occupati stranieri producono un PIL di 125 miliardi, pari all’8,6% della ricchezza nazionale. Mentre le imprese condotte da persone nate all’estero sono 524.674 (8,7% del totale) e producono 94,8 miliardi di euro di valore aggiunto. In particolare è la regione Veneto uno dei principali poli di attrazione dell’immigrazione straniera in Italia. Qui, sottolinea Rita Carisano, direttore generale di Confindustria di Verona, le imprese sono sempre più impegnate in iniziative di welfare aziendale per favorire l’integrazione degli immigrati. “Buone pratiche arrivano dal Pastificio Rana che organizza corsi di lingua per stranieri e da altre aziende venete che mettono a disposizione una mensa aziendale dove si preparano pasti differenziati per rispettare le diverse etnie dei lavoratori stranieri. Oppure riconoscono all’immigrato la possibilità di godere di un periodo continuativo di ferie, cumulo ferie, per poter rientrare nel proprio paese di origine e ricongiungersi con la propria famiglia”, conclude Carisano.

Lo scenario futuro dipenderà in maniera significativa dalle azioni del presente. Peraltro, con la sospensione degli accordi di Schengen praticata da diversi paesi europei, molti immigrati si sono ritrovati prigionieri di un luogo di passaggio, le stazioni. “Per affrontare questa emergenza abbiamo aperto nelle aree limitrofe alle stazioni, centri per la gestione e la prima accoglienza dei migranti, dice il responsabile delle attività sociali di Ferrovie dello Stato, Fabrizio Torella. Ad esempio nella stazione di Milano Centrale sono stati messi a disposizione del Comune spazi per un totale di 1.500 mq, per ospitare i migranti. “In questo modo le stazioni diventeranno il modello di welfare del futuro in risposta alla crescente. contrazione delle risorse pubbliche”.


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