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Chi vuole una Liguria pro-slot?

Stanno suscitando polemiche la proposta dell'assessore alle attività produttive della Liguria e le prese di posizione del suo Governatore Giovanni Toti che, a poco più di un anno dalla firma del Manifesto delle Regioni contro l'azzardo fa marcia indietro

di Marco Dotti

«Le nuove norme creerebbero solo migliaia di disoccupati», ha dichiarato il Presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Solo che quelle norme, nuove non sono. Data infatti dal 2012 la normativa regionale per il contrasto all'azzardo che, oggi, Toti e il suo assessore, il leghista Edoardo Rixi, vorrebbero sottoporre a deroga di 1 anno. La sostanza del contendere? La legge regionale sul gioco d’azzardo, approvata nel 2012, all’epoca della giunta Burlando, che deve entrare definitivamente in vigore il 2 maggio prossimo. Gestori di sale gioco e di esercizi commerciali al cui interno ci sono slot machine hanno avuto 5 anni di tempo per adeguarsi alla normativa, rispettando la distanza minima obbligatori di 300 metri da scuole, ospedali, chiese, case di riposo, impianti sportivi. Evidentemente non sono bastati 5 anni, se ora Toti vuol correre in loro soccorso.

Ecco che cosa scrive Giovanni Toti su twitter:

«Dal presidente della Regione non una parola sulle vittime del gioco d’azzardo» gli ha ribattuto l'assessore alla legalità del Comune di Genova, Elena Fiorini. Non meno duro, il parlamentare del Movimento 5 Stelle Matteo Mantero, che è stato il primo, all'inizio del mese, a sollevare il problema. Ecco che cosa pensa il promotore di questa iniziativa, l'assessore alle attività produttive Rixi, in questa intervista di Pietro Barabino:

Oggi in Liguria ci sono, disseminate sul territorio, 12.154 slot e 110 sale vlt, su un totale di 1milione e 565mila abitanti, il che significa 1 slot machine ogni 128 abitanti. Ma questo non sembra più un problema per il Governatore Toti. La legge regionale ligure ha dato ben 5 anni di tempo, non 5 giorni, per adeguarsi al regolamento anti slot. Ovviamente i signori dell’azzardo di adeguarsi non ci pensano affatto. Il gioco per loro è “legale” nel senso che vogliono una legalità a loro tutela, non certo a tutela della cittadinanza.

Eppure, proprio il Manifesto delle Regioni contro il gioco d'azzardo, firmato anche da Giovanni Toti nel marzo 2016, al primo articolo prevede:

Introduzione di efficaci limitazioni alla installazione e diffusione delle apparecchiature per il gioco d'azzardo lecito che contemplino distanze minime da luoghi sensibili, quali istituti scolastici di ogni ordine e grado, luoghi di culto, luoghi di aggregazione giovanile, luoghi di cura. (…) Riduzione degli effetti pregiudizievoli sulla sicurezza urbana, sulla viabilità, sull'inquinamento acustico e sul governo del territorio e prevenzione della dequalificazione del territorio sul quale sono installati gli apparecchi per il gioco d'azzardo lecito

Manifesto delle Regioni contro l’azzardo

Neanche 370 giorni fa Toti, insorge Mantero, «durante la passerella offertagli dalla prima giornata nazionale delle Regioni e degli Enti locali sul contrasto al gioco d'azzardo, firmava a “casa” Maroni e insieme ad altri 5 Presidenti di regioni italiane il “Manifesto contro l’azzardopatia” e che chiedeva non si retrocedesse dai terreni conquistati grazie alle azioni di contrasto messe in atto dalle Regioni [fotografia in cover, ndr]. Oggi apprendiamo che Toti, sotto pressione per le prossime elezioni amministrative genovesi e spezzine, vuole rinviare di un anno l’entrata in vigore della legge regionale, in barba a quell’impegno contro l’azzardopatia, alla faccia dei tanti liguri e delle loro famiglie che si rovinano alle slot e alle videolottery e delle tante amministrazioni locali che su quell’architrave avevano costruito regolamenti e portato avanti azioni di vera e propria salvaguardia sociale. Non importa se il gioco d’azzardo è ormai divenuto una piaga sociale che ci investe ad ogni angolo delle nostre città, oggi per Toti e Rixi l'importante è conquistare i voti dei tabaccai e delle lobby del gioco per le prossime elezioni comunali, perché questo rinvio ha proprio il fetore del più classico voto di scambio».

A conti fatti, se lo scopo era quello di conquistare qualche voto, a giudicare dalle reazioni sui social network e dalle lettere che arrivano alla stampa, forse non è stata una gran trovata. Speriamo se ne accorgano.


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