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Renzi: Welfare? Cronicità e non autosufficienza sono i temi centrali del futuro

I leader del Movimento 5 Stelle, di Forza Italia e del Partito Democratico hanno risposto a 13 domande che Vita ha posto loro dopo un confronto con le realtà del nostro comitato editoriale. Qui le risposte del segretario del partito democratico che al Terzo settore dice: «Si è portata a casa la riforma dell'impresa sociale. Si è immaginata e costituita la Fondazione Italia sociale. Adesso tocca a voi più che a noi»

di Redazione

1. SANITA'. In Italia cala la spesa pubblica e sale quella privata (la spesa sanitaria delle famiglie ormai ha superato quota 33 miliardi). Sempre più italiani rinunciano a curarsi (sono 11 milioni, erano 9 nel 2012). Al sud ormai si vive tre anni in meno che al Nord. Come garantire una sanità più giusta e meno selettiva?
In Italia oggi un bimbo che nasce al Sud ha una speranza di vita più corta di tre anni rispetto a un bimbo che nasce al nord. Un bimbo che nasce al Sud, alla fine del ciclo dell'obbligo, va a scuola un anno in meno di quelli del nord per le questioni legate al tempo pieno. Il dato da cui partire è questo: uno squilibrio ingiusto che interpella la nostra coscienza prima ancora del dato economica. Noi abbiamo aumentato la spesa sanitaria pubblica di oltre quattro miliardi di euro. Ma viviamo più a lungo, investiamo di più in salute, e dunque ancora non basta. Si pone il problema non solo dell'allocazione delle risorse, ma della loro efficienza. In questa legislatura la rivoluzione digitale toccherà anche la sanità, dalle liste d'attesa alla gestione dei processi. La sfida è risparmiare sui processi ma investire di più e meglio sul capitale umano. E sull'umanità della cura. Cronicità e non autosufficienza saranno i temi centrali dei prossimi anni e avranno bisogno di risposte non ideologiche.

2. DISABILITA' E NON AUTOSUFFICIENZA. Andando per un attimo al di là dei fondi pubblici dedicati al tema, l'accessibilità non è solo assenza di barriere architettoniche, ma una città più semplice per tutti. Non si tratta di eliminare, ma di progettare infrastrutture (fisiche e non) in modo che la vita delle persone con disabilità siano sempre più integrate nel tessuto sociale delle nostre comunità. Cosa intendete proporre su questo tema?
Sulla disabilità noi ci giochiamo uno dei tratti distintivi del nostro lavoro. Perché su questo tema abbiamo destinato larga parte delle nostre attenzioni e vorremmo insistere. Il programma studiato dal gruppo di lavoro del PD coordinato da Tommaso Nannicini e Lisa Noja è tutto da leggere, vi invito a farlo. Perché per la prima volta c'è un progetto organico. Noi possiamo rivendicare il passato: la legge sul dopo di noi, la legge sulle Dat, la legge sull'autismo, il riconoscimento ancora timido dei cargiver familiari. Abbiamo chiuso con la stagione tremontiana dei tagli sul sociale. Ma preferiamo rivendicare il futuro. Su questo punto specifico invito tutti a controllare nel dettaglio il programma del PD: è sicuramente il più avanzato e il più sensibile sul tema. Al punto che io spero che anche gli altri partiti – senza polemica – ci diano una mano a raggiungere i traguardi che abbiamo fissato. Perché su questi temi si può, e io dico si deve, lavorare insieme.

3. AZZARDO. L’azzardo è, oramai, tra le principali preoccupazioni delle famiglie italiane. Sono loro a sopportare il peso di indebitamento, usura, dispersione scolastica, malattia, povertà, dissesti finanziari e aziendali di familiari caduti in questa trappola. Una tragedia vissuta da milioni di famiglie che si svela appena scendiamo tra la gente e guardiano dietro i numeri (96 miliardi di fatturato, quasi 10 incassati dall’Erario) di un business finanziario enorme che aggredisce i territori, non meno del legame civico e sociale. Uscire dal vicolo chiuso in cui lo Stato italiano si è messo negli ultimi 15 anni – da quando, nel 2003, con le “legalizzazioni” si è incrementato, favorito e indotto consumo di azzardo di massa – è una priorità chiesta a gran voce dalla società civile. Quali sono i passi concreti e immediati, in termini di contrasto e regolamentazione, che intende intraprendere per dare risposta a questa esigenza e quali risultati si aspetta da questa azione?
Rispetto ai tempi in cui insieme ad altri sindaci firmavo gli appelli delle associazioni e di Vita qualcosa è cambiato. La legge di Bilancio 2016 ha cambiato l'approccio e il lavoro di questi mesi va nella giusta direzione sia nella riduzione delle slot, sia nella introduzione di divieti pubblicitari. Ma so anche che molto resta da fare e che il dibattito è acceso sul punto. Visitando un centro per la ludopatia, in provincia di Modena, qualche mese fa mi sono reso conto anche personalmente che su questi temi il terzo settore ha capito prima della politica la gravità del problema. La nostra proposta è quella di coinvolgere da subito un tavolo di associazioni del settore e i responsabili delle Regioni – all'inizio della legislatura – per la verifica dell'attuazione concreta delle norme. E per stabilire insieme i prossimi passi. Senza incertezze, senza ideologie.

4. POVERTA'. In Italia abbiamo 4,5 milioni di persone in povertà assoluta. A gennaio 2018 è partito il ReI, la prima misura nazionale di contrasto alla povertà. È risaputo che questa misura, con le risorse ad oggi stanziate, raggiungerà solo una parte delle persone in povertà assoluta, per cui il Piano contro la povertà necessiterà in futuro di ulteriore sostegno per arrivare ad avere una misura davvero universale. Pensate di continuare su questa strada? Che risorse ci saranno nella prossima legislatura per il contrasto alla povertà? Destinate a cosa? Perché l’altro tema che sta emergendo è la necessità di creare una «infrastruttura sociale» che supporti le persone nella loro attivazione, al di là dell’erogazione monetaria che sarà sempre insufficiente: quale visione ha in merito a questo?
Ancora una volta c'è un risultato da rivendicare, il REI (reddito di inclusione). Lo abbiamo voluto quando nessuno ci credeva più. E lo abbiamo fatto innovando rispetto alla storia repubblicana che mai aveva voluto una misura universale contro la povertà. A chi dice: i soldi non bastano rispondo che è vero. Ma intanto si è fatto un passo in avanti. Prima i soldi non c'erano, ora i soldi non bastano. E noi abbiamo messo nero su bianco nel programma l'impegno a raddoppiare i fondi per il REI. Torno per un attimo al disegno generale. La prima forma per combattere la povertà è tornare alla crescita. Respingiamo con forza ogni tentazione di decrescita felice che è felice solo per chi ha già i soldi. Noi abbiamo preso un Paese col Pil al meno due per cento e adesso sta a quasi più due per cento. In quattro anni. Poi rivendichiamo gli 80 euro e le misure per il ceto medio: se dieci milioni di italiani hanno avuto questo sostegno, ciò ha permesso di non far scivolare un'altra fetta di popolazione a rischio povertà. Quindi l'Alleanza contro la povertà, le fondazioni e gli esperti del Governo guidati da Nannicini hanno immaginato un disegno organico che passa dalla lotta alla povertà educativa, tema su cui il mio amico Paolo Siani giustamente mi sprona ogni istante, al fatto che il Rei non punta solo sull'erogazione di un trasferimento monetario ma sull'attivazione parallela delle persone. Il tutto coinvolgendo la rete del sociale e dell'associazionismo. Non basta, ma questa è la direzione.

5. SECONDO WELFARE. La Legge di Stabilità 2016 come noto ha cambiato le regole che determinano il reddito da lavoro dipendente – ampliando il novero delle erogazioni aventi finalità sociali, educative e assistenziali fiscalmente agevolate – e promosso il welfare aziendale nell’ambito dell’erogazione della parte variabile del salario legata alla produttività (il cosiddetto premio) favorendo fiscalmente i servizi di welfare rispetto all’equivalente in denaro. La “rivoluzione” attuata da quel provvedimento è stata ampliata dalla successiva Legge di Stabilità 2017. Con la Legge di Bilancio 2018 il Legislatore sceglie di continuare sulla strada tracciata dalle precedenti Manovre. Crede che questa sia la strada giusta nell’ottica della costruzione di un nuovo modello di welfare? Quali opportunità e quali rischi vede?
In questi anni, grazie alle nostre leggi di bilancio, è accaduta una cosa semplice: il Welfare non è più considerato dalla politica come appannaggio esclusivo dello Stato. I soggetti sociali, profit e non profit, possono concorrere alla costruzione di un modello innovativo di welfare society a responsabilità e contribuzione diffusa. A me sembra una conquista straordinaria che deve essere ancora metabolizzata da parte della società ma che traccia il cammino per i prossimi anni.

6. FORMAZIONE E LAVORO GIOVANILE. In Italia abbiamo 2 milioni di Neet e una disoccupazione giovanile comunque attorno al 32%, con le indagini Excelsior che ci ripetono da anni lo scandalo del mismatch, il timore dei robot che sostituiranno l’uomo nel lavoro, il fatto che le iperspecializzazioni nel contesto attuale vengono superate e bruciate rapidissimamente… Da un lato, quali iniziative pensate per favorire l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro? Dall’altro, la sfida che la scuola, il sistema della formazione e dell’Università, hanno di fronte è quella di formare e preparare a lavori che non esistono ancora, ma il dibattito sull’innovazione non ha ancora portato ad attivare processi su larga scala: come pensate di accompagnare questo compito?
Anche qui: si è fatto un passo in avanti a cominciare dall'alternanza scuola lavoro. Che dove funziona, funziona bene. Ed è decisiva, ma non sufficiente. Un milione e mezzo di ragazzi all'anno si sta sporcando le mani: ovvio che qualcosa non funzioni. Miglioriamolo, non buttiamolo via: l'obiettivo non è imparare un mestiero, ma orientare e far scoprire i propri talenti. Il passaggio successivo è l'investimento sulla formazione permanente. Anche qui rimando a una puntuale lettura del programma, anticipando da subito la straordinaria attenzione per gli Istituti Tecnici Superiori per i quali puntiamo ad avere almeno centomila studenti alla fine della legislatura. Un investimento in questo settore è il naturale proseguimento dell'esperienza strategica di Industria 4.0

7. ADOZIONI. Negli ultimi cinque anni le adozioni internazionali in Italia hanno vissuto una notevole crisi. C’è il calo drastico dei numeri, che significa – ricordiamolo – che nel mondo sempre meno bambini senza famiglia riescono a trovare una mamma e un papà grazie all’adozione internazionale. In Italia nel 2015, ultimo dato ufficiale disponibile, sono stati adottati 2.216 bambini, circa la metà rispetto ai 4.130 entrati nel 2010. Negli ultimi anni il calo delle adozioni è continuato, alcuni stimano 1.200 ingressi nel 2017, una nostra elaborazione stima un -30% rispetto ai dati del 2015. Le cose non vanno meglio sul fronte nazionale: nel 2016 sono state presentate 8.305 domande di disponibilità all'adozione nazionale, la metà rispetto al 2006. Le adozioni – nazionali e internazionali – per riprendere hanno bisogno di attenzione politica: cosa intendente fare concretamente per ridare alle famiglie fiducia in questo strumento e valorizzare le adozioni?
Abbiamo creato prima e aumentato poi il fondo per le adozioni internazionali che oggi raggiunge quota 25 milioni di euro. La CAI può finalmente superare le difficoltà del passato e ha avuto dal Governo maggiori risorse, stabili e sicure. Sul piano delle adozioni nazionali a mio avviso è maturo il tempo per una modifica legislativa che ci metta davanti alla realtà, che è ben diversa rispetto a quella della normativa precedente. In entrambi i casi, nazionali e internazionali, dobbiamo interrogarci sulle cause profonde del crollo delle domande che a mio giudizio non ha ragioni solo burocratiche. Ma aiutare a semplificare il sistema mi sembra la priorità assoluta

8. POLITICHE FAMILIARI. In Italia abbiamo un drammatico problema di denatalità, la cui radice non è nel fatto che i giovani italiani – diversamente dai loro coetanei di altri paesi – non vogliono fare figli, quanto nel fatto che i giovani italiani non riescono a realizzare, nei loro progetti di vita individuali, quanto vorrebbero. Siamo uno dei paesi con maggior crollo della fecondità under 30, maggior rinvio del primo figlio, maggiori difficoltà di conciliazione tra lavoro e famiglia, i posti nei nidi dove ci sono restano vuoti (13 su 100, secondo l’Istat) per via di costi insostenibili, il tasso di occupazione femminile è ancora troppo basso. Nella prossima legislatura il sostegno alla famiglia sarà finalmente una priorità del Governo, in maniera coerente e continuativa, al di là dei singoli bonus, in modo da tenere insieme crescita, lotta alla povertà dei giovani, natalità? Si affronterà il tema di un fisco che tenga conto dei carichi familiari?
Sul punto politiche familiari noi ci giochiamo tutto. Altri propongo assistenzialismo puro come il reddito di cittadinanza che è il più grande incentivo al licenziamento, soprattutto al Sud. Altri hanno in testa la flat tax che dà i soldi ai ricchi, una tassa pensata dallo Sceriffo di Nottingham. Noi vogliamo tagliare le tasse alle famiglie, non ai miliardari. Siamo partiti nella scorsa legislatura con le aziende, lo sappiamo. Lo abbiamo fatto per restituire la possibilità di trovare un posto di lavoro. Ma adesso che i numeri dicono che la ripresa c'è, il nostro focus sono le famiglie, specie quelle con figli. Prego tutti i lettori di VITA di verificare il programma sugli aiuti alle famiglie: quando dico estenderemo gli 80€ per ogni figlio, per ogni mese, per ogni famiglia in realtà mi sto tenendo basso. Perché nella riformulazione degli investimenti sulla famiglia ogni famiglia avrà ben più di 80€ aggiuntivi per figlio. Non credo che si facciano figli semplicemente perché lo Stato ti fa pagare meno tasse. Ma certo mi fa orrore un Paese in cui se fai un figlio, magari il secondo, rischi di diventare povero. Tagore diceva che “ogni figlio che nasce reca al mondo il lieto annuncio che Dio non è stanco dell'uomo”. Bene. Ma la poesia non può essere smentita dalla realtà quotidiana di spese enormi da fronteggiare. Il PD 2018 centra tutto sulle famiglie. E su questo siamo pronti a un confronto all'americana con chiunque.

9. IMMIGRATI. Oggi 136.477 migranti, pari al 78% del totale, vivono nei 7.000 CAS (grandi alberghi, ex caserme, appartamenti, luoghi spesso isolati), sparsi in tutta Italia con livelli e qualità di accoglienza fortemente disomogenei; 13.302 nei CARA e 895 posti in centri hotspot. Solo 23.682 persone invece sono affidate agli SPRAR, che fuori da logiche emergenziali, garantiscono – in coordinamento con gli enti locali – un processo di accompagnamento e integrazione. Il quadro è quello di un fenomeno difficilmente governabile e ancora mal governato. Come intervenire sul sistema di accoglienza e integrazione? Nel frattempo, il Governo uscente ha impostato la sua politica in Africa finanziando progetti di cooperazione internazionale in Libia. Quale ruolo immagina per la nostra cooperazione internazionale, in particolare in Africa e nel rapporto con i paesi di provenienza dei migranti?
Difficile parlarne per spot. Chi ha lanciato il Migration Compact per l'Africa? L'Italia nel 2016, in splendida solitudine peraltro. Chi ha aumentato i fondi per la cooperazione internazionale dopo anni di tagli? Chi ha lavorato per la presenza delle ONG in Libia e per il controllo del territorio africano, palmo a palmo? Sono stati i nostri governi. Con accenti e stili diversi, ma sempre noi. Il punto vero è che il dramma libico nasce dal combinato disposto di due errori politici: aver firmato il Trattato di Dublino nel 2003. Aver fatto la guerra in Libia senza un progetto chiaro sul dopo nel 2011. Ciascuno può valutare le responsabilità dei Governi che allora guidavano il Paese. Noi abbiamo dovuto recuperare il disastro, gestire l'emergenza. Naturalmente si può e si deve fare meglio, anche nell'organizzazione in casa nostra. Ma le due sfide sono: cambiare Dublino e condizionare il prossimo bilancio europeo alla responsabilità e alla solidarietà. Detto più chiaro: non accogli migranti? Bene, da noi non prenderai denari. Bruxelles non può essere solidale solo a giorni alterni.

10. VOLONTARIATO. In Italia ci sono 6,6 milioni di persone che si dedicano al volontariato nelle sue diverse for e organizzate o informali. 1,7 milioni lo fanno all’interno delle organizzazioni di volontariato. Come valorizzare e promuovere questa tradizione italiana in modo che anche i giovani possano avvinarsi sempre di più a questo tipo di esperienza?
Posso dire? Il problema è culturale. Tutti vi dicono: ma che bravi, che fate i volontari, che siete buoni. Vi dicono che siete carini e simpatici, ma il punto è politico e culturale. Dovete avere chiaro che i milioni di italiani che fanno volontariato sono una forza straordinaria per il nostro Paese, soprattutto se assumono consapevolezza del proprio ruolo politico e culturale. Il volontariato è snobbato dai pensatori, dagli intellettuali, dai talk-show perché sembra un'attività di serie B. Ma ci sono più volontari che spettatori dei TalkShow in Italia. Deve crescere la consapevolezza del ruolo del volontariato. Noi ci abbiamo lavorato, anche attraverso le riforme di questa legislatura come quelle del terzo settore. Ma adesso per fare il salto occorre l'orgoglio del mondo del volontariato e la capacità di pensarsi come forza insostituibile del Paese. L'Italia è uno dei Paesi più forti in questo settore, una superpotenza nel volontariato: però non riusciamo a valorizzare questo dato abbastanza. La sfida per me non è una nuova riforma legislativa ma una grande scommessa culturale che parta innanzitutto dai volontari.

11. IMPRESA SOCIALE/INNOVAZIONE SOCIALE. La riforma del terzo settore ha introdotto la revisione della normativa sull’impresa sociale. Questo tipo di imprese (spesso impegnate nell’ambito del welfare o comunque del sociale) prevedono una governance condivisa fra pubblica amministrazione, privato for profit e privato non profit e sono più orientate all’impatto sociale che alla generazione di profitto. Quale spazio vede per questo tipo di imprese e ritiene che valga la pena costruire un ecosistema che ne possa favorire la diffusione?
Si è portata a casa la riforma dell'impresa sociale. Si è immaginata e costituita la Fondazione Italia sociale. Adesso tocca a voi più che a noi. Tocca al vostro mondo, insomma, più che alla politica. Meno ci mettiamo la bocca noi, adesso, meglio è per tutti.

12. AMBIENTE. Secondo i dati resi noti da Ispra il consumo di suolo, a causa della trasformazione di aree agricole e naturali in aree destinate alla costruzione di edifici, infrastrutture o altre coperture artificiali, viaggia a una velocità di circa 3 metri quadrati al secondo, poco meno di 30 ettari al giorno. Una progressione che mette a rischio una delle grandi ricchezze italiane: il paesaggio. Quali misure avete in programma per tutelare questo patrimonio?
Sono stato il sindaco della prima grande città che ha approvato un piano strutturale a volumi zero. Mi ricordo le polemiche di allora dei costruttori contro di me: dicevano che avrei ucciso l'economia come i commercianti mi accusavano di far loro danno con la pedonalizzazione di piazza del Duomo. Eppure oggi Firenze ha una vivacità nel recupero, nel riuso, nella ristrutturazione che ne fa una delle città europee più interessanti. Bene la legge sul consumo di suolo ma dobbiamo snellire le procedure per recuperare edifici: abbiamo ancora tempi biblici, ingiustificati.

13. CULTURA. Grazie all’Art Bonus 6.345 mecenati hanno donato oltre 200 milioni che hanno permesso circa 1.323 interventi per il recupero e la salvaguardia del patrimonio artistico pubblico. Siete favorevoli ad allargare i benefici dell’Art Bonus anche ai beni gestiti o posseduti da organizzazioni non profit?
La cultura per noi è innanzitutto espressione di identità di un popolo. Parole come identità e popolo hanno per me diritto di cittadinanza a sinistra. E so di sfidare molti luoghi comuni ma il collegamento tra cultura e sicurezza per noi è fondamentale. Ho proposto di approvare un principio – divenuto poi legge dello Stato – quando dopo il Bataclan ho chiesto “Per ogni euro investito in cultura mettiamo un Euro in sicurezza” Bene i carabinieri e i poliziotti per le strade ma allo stesso tempo apriamo musei, teatri, scuole. Educhiamo i nostri ragazzi a comprare libri: i risultati del Bonus diciottenni sono bellissimi. Pompei cadeva a pezzi e oggi è rinata. Taranto e Reggio Calabria vivono crisi profonde ma i loro musei sono ripartiti quasi a dettare la direzione. Napoli è bellissima a prescindere, ma la rinascita dei musei della città aiuta non solo il turismo. Le leggi sul cinema e sullo spettacolo dal vivo sono lì a dimostrare la centralità di questo tema nella nostra azione e nella nostra narrazione. Quanto all'art bonus il nostro impegno è estenderlo perché l'idea è ottima ma i margini di azione ancora troppo limitati


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