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Cinque anni di Papa Francesco

In anteprima l'editoriale sui primi cinque anni di pontificato di Jorge Bergoglio, che apparirà nel quaderno 4026 de "La Civiltà Cattolica", in uscita sabato 17 marzo

di Redazione

Abbiamo appena celebrato il quinto anniversario dell’elezione di papa Francesco. «Come è cambiata la Chiesa in questo quinquennio?»: questa sembra essere stata la domanda alla quale di frequente i giornalisti hanno cercato di rispondere raccogliendo analisi e opinioni. Tuttavia rischia di essere una questione che mette in ombra un dato: la Chiesa vive un cambiamento continuo, perché è in cammino con la storia degli uomini. E ogni pontefice ha avuto un influsso sui suoi tempi e ha contribuito, in un modo o nell’altro, al cammino della Chiesa nel mondo. Come ogni pontefice, Francesco si è sentito chiamato a esprimere il suo proprio sguardo sul mondo e sulla Chiesa.

In particolare, la proposta di papa Francesco è «profetica», cioè rea­lizzata da chi sa conferire al movimento del tempo il suo vero rapporto con il disegno di Dio. Francesco è un papa del Concilio Vaticano II, non perché lo affermi e lo difenda costantemente, ma perché ne coglie il valore intimo di rilettura del Vangelo alla luce dell’esperienza contemporanea. In particolare, ricordiamo che Paolo VI, nel suo discorso di chiusura della IV sessione conciliare, aveva definito la carità come «la religione del nostro Concilio», ricordando «l’antica storia del Samaritano». E per Francesco questa deve essere la Chiesa: una «Chiesa samaritana», «ospedale da campo» – come l’ha descritta nella sua prima intervista che ha concesso a La Civiltà Cattolica nell’agosto del 2013 –, una Chiesa che è «casa per tutti», come ha ribadito più volte.

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Riforme. Alcuni commentatori hanno voluto leggere i cambiamenti nel corso del pontificato di Francesco con un’ottica esclusivamente sociologica, e hanno appiattito il tema della «riforma» sulla questione della riforma della Curia romana. Si tratta di una prospettiva miope.

Già all’inizio del pontificato, Francesco aveva affermato che la riforma della Curia poteva essere solo l’espressione di una riforma interiore, profonda della Chiesa (cfr A. Spadaro, «Intervista a Papa Francesco», in Civ. Catt. 2013 III 449-477). Come il nostro Direttore ha testimoniato, alla domanda che egli ha posto al Papa un anno fa, se volesse fare la riforma della Chiesa, il Papa rispose che lui voleva semplicemente mettere Cristo sempre più al centro della Chiesa; poi sarebbe stato Lui a fare le riforme necessarie.

Non è un caso che il card. Bergoglio, divenuto papa, abbia scelto il nome «Francesco». Non lo ha fatto soltanto per sottolineare il legame evangelico con i poveri e i piccoli, ma lo ha fatto perché sente come sua la missione di Francesco d’Assisi: «ricostruire» la Chiesa, cominciando, come il santo di Assisi, dal fare il muratore che ricostruisce una chiesetta. La sua è e vuole essere essenzialmente una riforma spirituale.

In questo senso, l’obiettivo di Francesco è stato quello di avviare le riforme interne alla Curia, ma non quello di portarle tutte e subito a compimento. L’umiltà gli impedisce di immaginare se stesso come il «Don Chisciotte» della riforma, che «è come pulire la Sfinge d’Egitto con uno spazzolino da denti», per usare una sua immagine eloquente (cfr Francesco, Discorso natalizio alla Curia romana, 21 dicembre 2017). Questa è l’ironica e smaliziata constatazione che lo ha guidato sin dall’inizio.

D’altra parte, la narrativa che nulla sia andato in porto è palesemente falsa. Francesco «mette mano» alle cose e scioglie i nodi uno ad uno, nei limiti del possibile. Chi invece si immaginava un deus ex machina donchisciottesco può rimanere deluso. Il Papa sa che si possono fare errori e ha l’umiltà di riconoscerlo e di provare altre strade. Poi «testa» la bontà dei processi in corso e si consulta. Per questo esiste il gruppo dei cardinali, il cosiddetto «C9». Ma Francesco non crede in soluzioni prêt-à-porter. Non vi ha mai creduto. La riforma si sta compiendo passo passo. Per dirla in altro modo: generalmente parlando, si può affermare che questo è un pontificato di semi. La quantità di semi che esso sta spargendo è ampia e maggiore rispetto a quella del primo raccolto.

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Discernimento. Il pontificato di Francesco è un pontificato di discernimento spirituale. Mette la Chiesa in esercizi spirituali. E non è affatto un caso che il Papa abbia deciso di vivere la festa della Cattedra di san Pietro, il 22 febbraio scorso, non in una solenne celebrazione in San Pietro accompagnata da cori di Tu es Petrus, ma chiuso e in silenzio, in esercizi spirituali, con la Curia, ad Ariccia (Rm)…


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