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Welfare & Lavoro

Il reddito di inclusione? Una svolta, a patto che ci siano risorse adeguate

Per Roberto Rossini presidente delle Acli e portavoce Alleanza contro la povertà, «occorre mettere sul piatto le risorse sufficienti per raggiungere tutte le persone in povertà assoluta e per rafforzare i percorsi di inclusione sociale e lavorativa»

di Roberto Rossini

La crisi ha indebolito la capacità dello Stato di offrire un supporto ai cittadini. I nuclei familiari sono spesso costretti ad integrare l’offerta pubblica di prestazioni socio-sanitarie con risorse proprie: le famiglie italiane, nel 2017, hanno speso circa 109 miliardi di euro per salute, assistenza e previdenza, anche perché i servizi pubblici sono carenti o scarsamente efficienti.

Dobbiamo immaginare 
un sistema di welfare più vicino alle persone, che si adatti agli scenari che nei prossimi anni cambieranno la fisionomia della società italiana. In tale ottica proponiamo: l’adeguamento economico del Reddito di Inclusione (Rei) e il miglioramento della misura attraverso un aumento
 del Fondo per un welfare
 locale più efficace.

Con l’introduzione del Rei, anche l’Italia si è dotata
 di una misura nazionale, 
strutturale, contro la povertà assoluta. Si tratta 
di un provvedimento 
cruciale, ma i passi da
 compiere sono ancora molti, se si vuole evitare che la riforma rimanga incompiuta. Innanzitutto c’è un problema di risorse, ancora insufficienti per raggiungere tutta la platea di persone in povertà assoluta e per rendere la misura adeguata, sia per quanto riguarda l’importo dei contributi economici erogati ai beneficiari,
 sia relativamente alla disponibilità di servizi.

Gli importi erogati, infatti, non consentono ai beneficiari di raggiungere la soglia
 di povertà (l’importo
 di una misura contro la povertà si determina come la distanza tra soglia di povertà e il reddito disponibile) e di soddisfare adeguatamente le proprie esigenze primarie. Da rafforzare anche i percorsi di inclusione 
sociale e lavorativa, ai quali deve essere assicurato un finanziamento appropriato, anche per potenziare le competenze tecnico-professionali incaricate di gestire tali processi. In merito, si richiede una deroga al blocco delle assunzioni degli assistenti sociali.

L’Italia è un Paese diseguale dal punto di vista delle politiche sociali 
in termini di qualità e di denaro investito nei servizi di assistenza, in special modo quelli dedicati ai non autosufficienti. Pe questo, proponiamo l’attivazione di un casellario unificato delle prestazioni socio-assistenziali
 e la creazione dello Sportello Unico per la Famiglia (Suf ), da istituirsi con atto di impulso legislativo (o in via sperimentale amministrativa a impatto zero sulla legislazione vigente), al
 pari di quanto avvenuto per il Suap (Sportello Unico per le Attività Produttive) e per il Sue (Sportello Unico Edilizia). Il Suf è un punto unico di risposta ai bisogni dei cittadini per le tutte le problematiche (e quindi
 le relative pratiche e procedimenti amministrativi) che attengono alle fragilità delle famiglie.


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