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La Chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata

La Chiesa, spiegava il gesuita Michel de Certeau, è una società. E (anche) come tale andrebbe indagata. Un'analisi partendo dall'ultimo libro di Marco Marzano, "La Chiesa immobile", edito da Laterza

di Pietro Piro

La Chiesa è una società

In un passaggio di profonda lucidità critica il gesuita Michel de Certeau scrive: "Bisogna essere realisti. La chiesa è una società. Ora, ogni società si definisce per ciò che essa esclude. Si costituisce differenziandosi. Formare un grupppo significa creare degli estranei. C'è qui una struttura bipolare, essenziale a ogni società: essa pone un "di fuori" perché esista un "fra noi", delle frontiere perché si delinei un paese interno, degli "altri" perché prenda corpo un "noi". Questa legge è un principio di eliminazione e di intolleranza. Essa porta a dominare, in nome di una verità definita dal gruppo. Per difendersi dall'estraneo, lo si assorbe oppure lo si isola" (Mai senza l'altro, Edizioni Qiqajon, Magnano 1993, p.12). La Chiesa è una società. Indicazione preziosa che permette d'indagare il fenomeno Chiesa con le categorie della ricerca sociale.

In questa prospettiva, si muove la ricerca di Marco Marzano, La Chiesa immobile. Francesco e la rivoluzione mancata (Laterza, Roma-Bari 2018) che è innanzitutto una ricerca sociologica rigorosa, condotta con le "armi" della critica sociale. Il volume è diviso in tre parti: nella prima si analizza la figura di Papa Francesco come riformatore mancato, nella seconda – a mio avviso la parte più importante e convincente del volume – si cerca di dare "ragioni" delle difficoltà del cambiamento reale della Chiesa come istituzione e nella terza, Marzano descrive le scelte del Papa argentino come "politica dell'amicizia". Oltre a questi aspetti Marzano analizza anche il fenomeno della secolarizzazione come inevitabile destino delle società europee e della progressiva "terzomondizzazione" del cattolicesimo mondiale (p. X).

Dopo aver spiegato chiaramente la differenza tra rivoluzione e riforma (che consiste essenzialmente nel cambiamento intenzionale della forma strutturale di un organizzazione) (p. 8) Marzano tenendo in considerazione il dibattito interno alla Chiesa tra conservatori e riformisti, ci ricorda quali sono le gradi "riforme" che ci si attende dalla Chiesa: "1) la riforma della Curia romana; 2) il mutamento delle norme etiche sulla vita sessuale e affettiva; 3) l’abolizione del celibato obbligatorio del clero; 4) il cambiamento della condizione delle donne nella Chiesa" (p. 15). A suo giudizio però: "su nessuno dei grandi temi Francesco ha avviato riforme significative, né seminato indizi che facciano pensare ad un loro varo più o meno prossimo" (p. X).

Chiunque spera in una profonda trasformazione della struttura sociale della Chiesa e della sua gerarchia è destinato alla profonda delusione: "il Papa argentino ha sempre a cuore la massima estensione del consenso, l’inclusione nella Chiesa del maggior numero di soggetti possibili. La sua politica è invariabilmente quella dell’amicizia, della porta aperta, del dialogo, dell’accoglienza verso il maggior numero possibile di gruppi e di persone. Poco importa se questo crea qualche mal di pancia […] se a venir sacrificata è la stessa logica (quella che rende impossibile sostenere che la dottrina non cambia e che il matrimonio cattolico resta indissolubile e al tempo stesso che a questa regola sono ammesse, anzi sono benvenute, le eccezioni), se le innovazioni si verificheranno tutte sul piano pragmatico dell’azione pastorale e mai su quello della dottrina" (pp. 37-38).

La Chiesa dunque non solo non sarà riformata ma è probabile che resti legata a "una visione patriarcale nemmeno tanto implicita. […] Una concezionenella quale alle donne vengono immancabilmente assegnati solo ruoli gregari, comprimari, subordinati, di servizio e di assistenza. Una visione nella quale i ministri ordinati sono, a differenza di quel che avviene nelle più avanzate chiese protestanti, tutti uomini, ad ogni livello: dai vescovi ai preti sino ai diaconi" (p. 39).

Perché la Chiesa non cambia?

La Chiesa è un istituzione destinata a restare immobile? Marzano osserva: "la Chiesa non cambia perché, come tutte le grandi istituzioni, mostra una naturale tendenza verso l’inerzia, la stabilità e la conservazione […] dal punto di vista organizzativo e strutturale essa è la formazione sociale più simile al tipo ideale puro della burocrazia descritto da Max Weber. Essa è infatti: a) solidamente strutturata secondo i principi di disciplina e di competenza; b) dotata di una miriade di uffici ordinati gerarchicamente e secondo una razionale divisione del lavoro; c) animata da quasi mezzo milione di funzionari a tempo pieno inamovibili, adeguatamente formati in luoghi separati dal resto della società, provvisti di una «preparazione specializzata» e di un particolare «prestigio di ceto»; d) arricchita da un immenso patrimonio mobiliare e immobiliare (che appartiene interamente all’istituzione e non ai suoi membri). I suoi funzionari sono obbligati alla fedeltà nella forma della lealtà allo scopo oggettivo e impersonale per il qualel’organizzazione esiste e ai superiori solo in quanto tali (cioè non per le loro caratteristiche personali, ma per la carica che occupano). Infine, nell’organizzazione, le attività interne hanno un carattere riservato e sono immancabilmente coperte dal segretod’ufficio. […]

Al pari di tutti i suoi simili sociologici, cioè delle altre grandi burocrazie, la Chiesa ha sviluppato alcune specifiche patologie: ad esempio, l’«incapacità addestrata» di adattarsi alle novità, il «ritualismo burocratico», cioè l’attaccamentoeccessivo da parte dei funzionari al formalismo e al dettato delle norme a discapito della sostanza della missione organizzativa, e lo «spirito di corpo», generato dalla propensione dei burocrati a pensarsi come un gruppo dotato di interessi comuni e di uno status separato e superiore rispetto al pubblico che sarebbe, sulla carta, chiamato a servire. Organizzazioni come la Chiesa diventano poi sovente autoreferenziali e resistenti alle richieste di cambiamento che vengono dall’esterno. In qualche caso, esse danno vita, nel tempo, ad una vera e propria «eterogenesi dei fini», cioè divengono più interessate alla loro mera sopravvivenza che al raggiungimento degli scopi per realizzare i quali erano originariamente sorte, o paiono colpite da quella che è stata definita «inerzia organizzativa», ovvero una tendenza strutturale, accentuata dall’anzianità e dalle dimensioni, a perpetuare se stesse nell’eterno timore di innescare, con l’avvio di qualche cambiamento, terribili effetti distruttivi. La distintiva peculiarità della Chiesa cattolica all’interno del novero delle grandi strutture burocratiche consiste nell’avere al suo vertice un capo eletto a vita, popolare e influentissimo anche all’esterno dell’organizzazione (e quindi in grado di ottenere un’immensa legittimità per le proprie azioni), dotato di poteri straordinari e assoluti, incluso, sulla carta, quello di trasformare radicalmente la fisionomia dell’organizzazione. In pratica, però, tali poteri non vengono mai usati per stravolgere l’organizzazione, in ragione del fatto che le tendenze autoconservatrici messe in luce in precedenza agiscono come vincoli impliciti, come pressioni normative anche sull’azione del papa. In altri termini, un papa potrebbe, se lo volesse, rivoltare l’intera macchina, sconquassare i meccanismi consueti di funzionamento dell’organizzazione (e forse anche Francesco ha pensato all’inizio di farlo), ma si astiene e si asterrà perché avverte su di sé l’enorme pressione istituzionale (psicologica, sociale, politica, storica) a non andare in quella direzione, amantenere in vita il prezioso sistema che gli è stato così solennemente affidato. Anzi, fa di più: lo legittima e lo protegge, aiutandolo a conservarsi e a sopravvivere. È questo il «lavoro istituzionale», la missione suprema che il papa è chiamato a compiere dalla macchina organizzativa che lo ha designato suo sovrano" (pp. 57-61).

Marzano ci vuole far riflettere – con le categorie specifiche della sociologia – su come l'organizzazione Chiesa sia diventata "un bene in sé" (p. 62) per chi ne fa parte, indipendentemente poi, dall'effettiva "ragione fondante" che ne dovrebbe guidare l'agire. Questo atteggiamento confonde i mezzi con i fini e rischia di mantenere in vita una struttura enorme che si svuota sempre di più di "credenti" e si riempie di fedeli funzionari.

L'essenza della communio sanctorum cattolica, il poter impegnarsi gli uni per gli altri

Hans Urs von Balthasar

La Chiesa di fronte alla secolarizzazione

Di grande interesse è l'analisi che Marzano compie delle trasformazioni sociali legate alla secolarizzazione. Secolarizzazione che: "procede in Occidente, nelle zone più ricche del pianeta, a grandi passi, a ritmo sostenutissimo. I cittadini occidentali si distaccano in misura sempre crescente dalle loro chiese, indipendentemente dal fatto che queste si siano o meno riformate, che abbiano o meno le donne preti o vescovi, che riconoscano i matrimoni tra persone dello stesso sesso, che tollerino l’eutanasia o che approvino la contraccezione, che siano conservatrici o progressiste. La secolarizzazione agisce come una livella che indebolisce tutte le confessioni religiose, tutte le chiese tradizionali, anche se in misura diversa e con intensità variabile. Riformarsi,da questo punto di vista, non serve a nulla; non evita la necessità, comune a tutte le istituzioni religiose, di dover navigare in acque assai mosse. […] se i cittadini delle società occidentali e secolarizzate si polarizzano intorno alle questioni della religiosità, alle istituzioni religiose conviene restar ferme sulle proprie posizioni più reazionarie, enfatizzare la propria diversità e l’estraneità al resto della società che le circonda. In questo modo, non riuscendo comunque a conquistare territori sociali nuovi, esse mantengono viva una fisionomia culturale e spirituale che rafforza gli elementi distintivi della loro identità e per questa via consente di sopravvivere e prosperare, anche se solo nel ghetto sociale e culturale nel quale secolarizzazione e polarizzazione l’hanno confinata. Insomma, il futuro della religione sembra coincidere con quello di una crescente «settarizzazione», di un progressivo e netto ridimensionamento e distanziamento delle persone religiose dal resto della società. Difensori di norme e valori sempre più isolati e anomali rispetto a quelli più diffusi, le chiese sopravvivono meglio se danno risalto alla loro irriducibile diversità con il mondo moderno, se ne denunciano con forza le perversioni e le crisi. Questo vale anche per il cattolicesimo" (pp. 85-86).

Di fronte dunque, al dilagare dell'ateismo e dell'indifferenza, la Chiesa cattolica per sopravvivere deve cercare di rinforzare la propria identità per offrire un alternativa valida e facilmente riconoscibile al "modo esterno". Un riformismo troppo marcato che "apra" alla contemporaneità, rischia di far polverizzare l'identità difficilmente mantenuta nel corso dei secoli e di non riuscire a offrire una risposta al desiderio di protezione dei delusi della modernità (p. 152). In questa prospettiva, Papa Francesco che gode di una popolarità immensa e che è probabilmente oggi uno dei personaggi più influenti nel nostro Pianeta, è riuscito a imporre la sua figura come punto di riferimento attraverso una "politica dell'amicizia" che mira a ridurre al minimo i conflitti interni per rafforzare l'immagine della Chiesa come istituzione universale.

Marzano sottoscrive il giudizio su Papa Francesco di Ivereigh: "Il radicalismo di Francesco non va confuso con la dottrina o l’ideologia progressiste. È un atteggiamentoradicale perché è missionario e mistico. […] Non scenderà mai a compromessi sulle questioni scottanti che dividono la Chiesa dall’Occidente laico, un divario che i progressisti amerebbero colmare modernizzando la dottrina. Tuttavia egli non è nemmeno, come risulta altrettanto evidente, un papa della destra cattolica: non userà il pontificato per combattere battaglie politiche e culturali che ritiene debbano essere combattute a livello diocesano, ma se ne servirà per attirare e insegnare; né ritiene necessario ripetere all’infinito ciò che è già noto, anzi desidera porre l’accento su quanto è stato in parte dimenticato: la paterna bontà e la clemenza misericordiosa di Dio" (p. 55).

Dalla carità all'offerta di servizi

Le argomentazioni di Marzano, mi ricordano l'approccio che molto tempo fa spingeva Ivan Illich a criticare la Chiesa come enorme macchina burocratica che ha trasformato il bisogno di carità in offerta di servizi. Marzano è molto più prudente di Illich – che resta profeta in molte direzioni – ma è evidente che la Chiesa come "megamacchina" ha bisogno di essere osservata con distacco quando trasforma il bisogno dell'uomo di una communio sanctorum sulla terra che anticipi quella celeste, in un impero burocratico. Potrebbe essere utile, come suggerisce Marzano, ripartire dalle proposte della teologa Serena Noceti che propone "a) di rivedere i trattati di antropologia teologica inserendovi una riflessione sul tema rimosso della maschilità; b) di celebrare un sinodo «delle donne sulle donne», a livello locale e continentale europeo, per esaltare il contributo che può venire da una maggior partecipazione femminile alla vita della Chiesa; c) di coinvolgere professionalmente le donne negli uffici pastorali diocesani e nazionali e soprattutto, perché più profondo nelle conseguenze; d) di inaugurare, riprendendo le riflessioni che durante il concilio condussero all’istituzione del diaconato maschile, il dibattito sull’ordinazione diaconale delle donne (p 40). Potrebbe essere un primo passo.

Credo sia utile ricordare, in questo contesto, che la Chiesa per sopravvivere come istituzione nel corso dei secoli ha dovuto progressivamente – e a leggere Marzano si direbbe inesorabilmente – adattarsi alla realtà trasformandosi in qualcosa di molto differente dalla "compagnia" che attorniava Gesù durante la sua predicazione e che ne ha raccolto l'eredità. Cosa resta di quello spirito originario? Di quella nuova modalità di relazione tra "amici"? Di quel procedere nomadico e desiderante centrato sulla condivisione e sullo stupore? Di quella "cospirazione" dello Spirito?

Il libro di Marzano ci aiuta a guardare con lucidità oltre al "culto della personalità" rivolto a Papa Francesco e a valutare quanto le attese di un cambiamento che riportino a quello spirito originario possano essere bloccate da un "potere che frena". Non è poco per un libro che spero possa suscitare un ampio dibattito dentro e fuori la Chiesa.


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