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L’industria dei videogame chiede all’OMS di riconsiderare il “gaming disorder”

All'inizio del 2018, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito il disturbo da gioco alla sua lista dei disturbi mentali. Nei giorni scorsi, però, l'Entertainment Software Association (ESA), che raggruppa le imprese di videogame e software ludici americane, ha incontrato funzionari dell'OMS a Ginevra chiedendo che la questione venga riconsiderata

di Marco Dotti

All'inizio del 2018, l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha inserito il disturbo da gioco (gaming disorder) alla sua lista dei disturbi mentali.

Nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11), che è uno standard per gli studi statistici ed epidemiologici, il gaming disorder è inserito nella sezione “Disturbi mentali, comportamentali e dello sviluppo neurologico”. Nell'11th Revision of the International Classification of Diseases (ICD-11), il disturbo da gioco è definito come un modello di comportamento di gioco (digital-gaming o video-gaming) caratterizzato da un limitato controllo sul gioco stesso da parte del giocatore. Il gioco diventa allora prioritario rispetto ad altre attività, interessi e dimensioni del quotidiano e il giocatore, anche se consapevole degli effetti negativi che questa immersione profonda in una dimensione "ludica" può comportare, non fa nulla per uscirne.

Ricerche avanzate dimostrano come l’immersione costante in ambienti digitali provoca non solo dissociazione e disordini, ma un mutamento della neuro plasticità del cervello.

Nei giorni scorsi, però, l'Entertainment Software Association (ESA), che raggruppa le imprese di videogame e software ludici americane, ha incontrato funzionari dell'OMS a Ginevra chiedendo che la questione venga riconsiderata. Il mercato globale dei videogames è in espansione e, a oggi, "vale" quasi 90 miliardi di dollari.

Il timore, per i rappresentati dell'ESA, è che la crescente preoccupazione per le patologie da gioco d'azzardo (gambling), in crescita nei Paesi occidentali, non diversifichi le problematiche connesse al gaming. Problematiche ben conosciute nei Paesi tecnologicamente avanzati come Corea del Sud o Giappone, dove si sta tentando di limitare il numero delle ore che i ragazzi passano ai videogames.

Una ricerca condotta nel 2011 da ricercatori coreani ha rivelato che bambini e ragazzi in età scolare perdono più di due ore al giorno, dopo la scuola. In Corea del Sud l'educazione scolastica è molto rigida e prevede 10 ore sui banchi e un numero variabile tra le 2 e le 4 ore nelle strutture del doposcuola. Il tempo del giorno da dedicare allo svago e al divertimento è, di conseguenza, veramente poco. Resta la notte. Per questa ragione nel 2011 il parlamento coreano ha varato una legge chiamata “Shutdown” o “legge Cenerentola” che impedisce adolescenti al di sotto dei 16 anni di giocare giochi da mezzanotte alle 6 del mattino.

Il problema è cruciale, tanto che la Tencent Holdings, una delle più grandi società di videogiochi al mondo in termini di fatturato, ha limitato il tempo di gioco per i giovani utenti di Honor of Kings, il gioco mobile che conta oggi oltre 200 milioni di giocatori.


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