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Sostenibilità sociale e ambientale

Il Consorzio circolare dei rifiuti elettronici

L’intervista a Danilo Bonato, direttore generale di Remedia, sistema collettivo per la gestione di RAEE, Pile e Accumulatori che rappresenta oltre 2.200 produttori. Una realtà non profit nata nel 2005. «In 10 anni abbiamo gestito oltre 500.000 tonnellate di rifiuti tecnologici, con un beneficio economico stimato per il Paese di 140 milioni di euro»

di Lorenzo Maria Alvaro

Cucina, salotto, camera da letto, bagno. Non c'è spazio della casa di oggi che non ospiti ormai apparecchiature elettroniche più o meno evolute. Un esercito di prodotti che nel tempo si tramutano in rifiuti e che vengono identificati come Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) e PA (pile e accumulatori). Una volta a fine vite dove vanno a finire? Per questo c'è il Consorzio Remedia, espressione diretta di numerosi produttori dell’elettronica di consumo e dell’itc. Nel 2018, Remedia ha gestito 124.818 tonnellate di rifiuti, cifra in crescita (+34,5%), secondo i dati appena rivelati dal consorzio che conta oltre 2.300 associati. Dati che lo hanno portato anche ad essere ospite al Wired Next Fest 2019. Per capire come l'economia circolare sia qualcosa di più della semplice sostenibilità ne abbiamo parlato con Danilo Bonato, direttore generale di Remedia.


Come nasce Remedia e perché siete non profit?
Di fatto siamo non profit perché siamo nati a fronte di una direttiva europea del 2002 (recepita in Italia nel 2005) che obbliga i produttori di apparecchiature elettroniche ad organizzare e finanziare sistemi responsabili della raccolta e del riciclo. Fin dalla nascita Remedia ha scelto di essere senza fini di lucro, oggi questo requisito è obbligatorio per legge.

La circolarità è una tappa di un percorso?
No, siamo nati con questa idea. Rispetto alle realtà tradizionali dell’industria di oggi che stanno facendo una migrazione verso un modello circolare, noi abbiamo avuto il privilegio di nascere già con questo tipo di orizzonte. L’essenza del consorzio è quella di organizzare un sistema, una catena del valore completa.

Quali sono le vostre performance?
Il nostro gruppo conta in totale 50 persone e 2.200 aziende, dalle multinazionali a imprese medio piccole. Nel bilancio 2018, i RAEE domestici, ossia quelli generati dai nuclei famigliari, ammontano a oltre 102.378 tonnellate (+39,8% rispetto al 2017), a cui si aggiungono i RAEE professionali, prodotti da aziende ed enti pubblici, pari a 10.476 tonnellate (+18,8% rispetto all’anno precedente) e, infine, le ben 10.892 tonnellate di pile e accumulatori portatili, industriali e per veicoli (+9%). In tutto, in 10 anni, abbiamo gestito oltre 500.000 tonnellate di rifiuti tecnologici, con un beneficio economico stimato per il Paese di 140 milioni di euro.

I 140 milioni sono una misurazione di impatto?
Sì, di impatto economico. Quella cifra riguarda il risparmio di materia prima importata. Grazie al riciclo recuperiamo i materiali contenuti nei rifiuti e li reinseriamo nei cicli produttivi. Sono denari risparmiati evitando l’importazione per l’acquisto di rame, alluminio e plastica. C’è poi un'altra misurazione di impatto che invece riguarda l’ambiente su cui facciamo un Report dedicato, Green Economy Report, che riguarda l’abbattimento dello sfruttamento delle risorse naturali grazie al nostro impegno.

Come si riescono a rendere circolari prodotti che non vengono progettati come tali?
Moltissime aziende, non solo nel settore dell’elettronica, stanno mettendo in discussione i propri modelli per operare questa transizione da un modello lineare ad uno circolare. In ogni caso già oggi, per come sono fatto i prodotti, noi riusciamo a riciclare circa il 90 per cento dei materiali. Un buon risultato che dimostra come il sistema è in grado di valorizzare i prodotti di oggi. Poi nello specifico negli ultimi cinque anni stiamo facendo un grande lavoro per aiutare le nostre principali aziende partner per identificare le tecniche di eco design più utili per reimmaginare la costruzione dei prodotti in ottica circolare.

Quali le voci più importanti quando si progetta in modo circolare?
Facilità nello smontaggio e riparabilità, separazione dei materiali, più lunga durabilità, utilizzo di componenti e di materiali riciclati. Negli ultimi cinque anni c’è già stato un netto salto di qualità in questo senso. È un percorso che sta dando degli ottimi risultati.

E quali i passi futuri per andare sempre più verso una filiera industriale dell’elettronica che sia circolare?
Così come si è fatto sull’efficienza energetica che viene indicata dal produttore al consumatore e su cui si sono fatti enormi miglioramenti, stiamo lavorando in Unione Europea perché si faccia lo stesso per la circolarità. Vorremo entro cinque anni avere una regolamentazione con un patentino che testimoni la performance del prodotto in termini di circolarità. Questo è importante anche per giustificare gli investimenti in eco design delle aziende. Questo si aggiunge al tema culturale che è un altro importante fronte su cui lavorare

In che senso?
I prodotti devono mantenere la stessa qualità se non aumentarla. Questo è importante per la percezione delle persone che devono cominciare ad abbinare ciò che è sostenibile e circolare alla qualità. Ancora oggi troppo spesso il materiale riciclato viene visto dal consumatore come meno qualitativo. In questo senso naturalmente le aziende devono trovare un equilibrio tra innovazione green e mantenimento delle performance con attenzione anche ai prezzi. Ci vorrà qualche tempo ma sono abbastanza certo che è un equilibrio che arriverà a breve. Più i produttori cominceranno a convertirsi alla circolarità più i consumatori la percepiranno come una cosa normale.

Lato interno invece Remedia cosa immagina per il futuro?
Vorremmo riuscire a valorizzare sempre più il beneficio per la collettività del nostro lavoro. Quando siamo partiti a regimi nel 2008 gestivamo 20mila tonnellate di rifiuti domestici urbani. Il contributo che il consumatore nell’acquisto di un frigorifero doveva sostenere era di 12 euro. Oggi gestiamo 100mila tonnellate e per lo stesso frigorifero il contributo è di 6 euro. Nel tempo abbiamo imparato ad essere più efficienti e a riciclare meglio. Ecco vorremmo continuare a fare gli interessi dei consumatori.


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