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Anoressia, il lento addio alla vita di tanti giovani

Il caso di Noa, la ragazza olandese che si è lasciata morire dopo anni di sofferenze psichiatriche conseguenze di abusi ripetuti, riporta all’attenzione quella che per Stefania Sinesi, psicologa e psicoterapeuta, fondatrice di Never Give Up, onlus di professionisti che si occupano di disturbi alimentari «è la prima causa di morte tra i 12 e i 25 anni, dopo gli incidenti stradali». Ma di disturbi alimentari si può guarire, occorre parlarne e intervenire

di Antonietta Nembri

Ora non possiamo più aiutare Noa, ma le giovani e giovanissime che come lei soffrono di anoressia e di altri disturbi alimentari sì. «La storia di Noa, per quanto possiamo conoscerla è paradigmatica perché dopo le violenze sessuali ha sviluppato disturbi anoressici. E nella nostra esperienza vediamo che spesso gli abusi sono all’origine dei problemi alimentari», a parlare è Stefania Sinesi, psicologa e psicoterapeuta fondatrice e presidente di Never Give Up, onlus di professionisti che operano nel campo della prevenzione, del trattamento e della ricerca sui disturbi della nutrizione e dell'alimentazione.
Sinesi sottolinea che molto spesso abusi e traumi sono all’origine dei disturbi alimentari «soprattutto quando la persona colpita fatica a elaborare il trauma e a farsi aiutare. Fondamentare raccontare, la narrazione del trauma ai genitori, in famiglia, o agli amici è il primo passo, occorre poi cercare un supporto. Senza uno adeguato si può arrivare al disturbo alimentare che è una patologia psichiatrica, alla depressione di fondo che si accompagna all’anoressia». Si tratta quindi di una serie di fattori diversi che, continua Sinesi, «manifestano una rinuncia alla vita. Il privarsi del nutrimento è tipico del disturbo anoressico, un male dell’anima. Se non mi alimento mi privo di ciò che mi fa vivere. Già questo è un grido d’allarme»

Ma si possono aiutare i giovani e giovanissimi che soffrono di anoressia?
Assolutamente sì, ma è fondamentale abbattere dei muri e chiedere aiuto. Parlarne è il primo passo. Ma non è facile.

Anoressia e bulimia sono spesso associate alla moda…
In realtà se ne parla poco, anoressia e bulimia sono la prima causa di morte tra i 12 e i 25 anni – e sono dati sottostimati – subito dopo gli incidenti stradali. In Italia sono oltre 3 milioni le persone che ne soffrono e il 70% sono adolescenti e purtroppo molti chiedono aiuto dopo un anno dall’insorgere del problema. Se va bene. Oltretutto questo genere di disturbi si sviluppano sempre più precocemente, oggi abbiamo ragazzi e ragazze con disturbi alimentari tra i 9 e i 10 anni.

Ma come individuare i sintomi?
Ci sono diversi campanelli d’allarme che gli stessi genitori possono notare a tavola. Il tagliuzzare il cibo, il rifiuto di alcuni alimenti, un comportamento diverso e anomalo e soprattutto il correre in bagno subito dopo pranzo o cena. Ma ci sono anche differenze che si possono notare nel comportamento, un ritiro sociale, l’apatia

Quindi, se si chiedesse aiuto subito…
Il problema è proprio che si deve riuscire a chiedere aiuto non appena si vedono dei segnali d’allarme e cercare un supporto perché si tratta di malattie psichiatriche complesse che necessitano di équipe multidisciplinari, non basta il nutrizionista o lo psicologo da solo. Lo scoglio più grande resta proprio il chiedere aiuto. Solo il 10% delle persone lo fa.

Perché così pochi?
Si ha paura del giudizio. Anche i genitori hanno paura a volte mi hanno detto che avrebbero preferito sapere che il problema nasce da una causa organica. Si sentono in colpa e invece il genitore come risorsa è fondamentale. Occorre combattere lo stigma che accompagna tutte le patologie psichiatriche perché l’aiuto tempestivo è fondamentale. È importante far sapere che se si chiede aiuto si guarisce. Attraverso il disturbo alimentare i ragazzi e le ragazze esprimono una sofferenza e lo esprimono con una cura del corpo malata. Non sono capricci non è una moda, perché di anoressia e bulimia si continua a morire e per questo dico di chiudere aiuto subito.


In apertura image by Mandy Fontana from Pixabay


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