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Welfare e sociale: la caduta del grillismo

Il welfare dei 5 stelle sembra una spada da brandire per dividere e non un sentimento di coesione da preservare e rilanciare. L'analisi del direttore generale del Consorzio "Sale della Terra" di Benevento e referente della rete dei piccoli comuni del Welcome

di Angelo Moretti

La conclusione della lenta agonia politica di Beppe Grillo, la sua scomparsa pressoché assoluta dal dibattito nazionale, dopo averlo massicciamente influenzato, può farsi risalire al 14 gennaio scorso. In quella data è avvenuto nell’Università di Oxford un dibattito importante tra centinaia di studenti di tutto il mondo e il nostro (ex) Grillo nazionale. Un dibattito il cui resoconto che fu unanimemente diramato dai media nazionali ed internazionali come il racconto di una debacle. Grillo aveva cercato con ogni evidenza di affascinare e divertire la platea di studenti, fin dal suo ingresso bendato, ma alla fine, incalzato da domande semplici a cui forse non era più abituato dopo anni di grande consenso popolare, ha dovuto capitolare sul proprio nervosismo , evitando, dove possibile, di rispondere alle domande più insidiose, quelle sull’alleanza con le forze prefasciste, come gli studenti oxfordiani hanno definito la Lega.

. Grillo ad un certo punto ha cercato anche una possibile alleanza con gli studenti, facendo riferimento ai giovani italiani presenti come delle persone costrette ad emigrare dal loro paese, ma il suo passaggio si è dimostrato un autogol: i ragazzi lo hanno smentito categoricamente, ribadendo la loro volontà di scegliere dove studiare e chiedendo le ragioni dell’ alleanza con le politiche securitarie della la Lega. Il comico ha risposto arrancando sui 20 articoli del contratto di governo e poi si è perso nel tentativo di giustificarsi in qualche modo, fino al refrain più orribile che ultimamente va ripetendo, e cioè che il Movimento nasce per “scherzo”, che lui “non detta più la linea”, che lui fa il commediante, che è un uomo libero e che ha lasciato lo scettro (sic!) a Di Maio. Grillo davanti a studenti pensanti e non imboniti né dalla rabbia né dall’odio verso il Pd, è un re nudo. Vorrebbe non aver responsabilità del governo, vorrebbe essere solo un comico ad Oxford, ma non lo è. E’ solo un politico che non ha un discorso da fare, e poco dopo se ne accorge anche lui. Quando l’incontro finì, quasi rocambolescamente tra le contestazioni degli studenti, il grillo nudo esce di scena e difficilmente parlerà ancora pubblicamente in consessi del genere.

Questa assenza di visione, nella trasformazione dal Vaffa al Movimento, era rintracciabile già negli scritti fondativi, editi da Chiarelettere. Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sono stati certamente fautori di un cambiamento epocale nella politica italiana, sparigliando tutte le carte del bipolarismo e della ventennale tenzone tra Berlusconiani e Anti-berlusconiani, sono venuti da sinistra ed hanno sorpassato i partiti tradizionali di quell’area politica intercettando meglio degli altri il disagio degli elettori.

Come tutti i populismi, i due hanno cercato di spazzare via l’immaginario della diade destra/sinistra per sostituirla con un’altra: alto/basso, come spiega in modo illuminante Marco Revelli, nel suo libro “Populismo 2.0. Gli affaristi che abitano in alto – e che decidono sulle teste e contro le teste della povera gente – e il popolo che vive in basso. La democrazia dal basso, che decide anche sui porti chiusi, sui vaccini obbligatori, sull’Ilva, sulla Tav, sui processi ai ministri, ascoltando via web il parere della gente, e i poteri forti che dall’alto decidono in modo conveniente per gli interessi delle case farmaceutiche, dei trafficanti di uomini, delle lobby delle onlus e della Chiesa, approfittando dell’ingenuità del popolo.

Il popolo come espressione di valori alti e genuini, i gruppi di potere come espressione di istinti bassi e malavitosi. In questo immaginario la tecnologia entra in gioco nel movimento come forza prometeica capace di rompere le catene con cui i poteri forti costringono all’obbedienza il popolo. In uno dei primi “manuali” del Movimento, “Il Grillo canta sempre al tramonto”, il comico esaltava la capacità emancipativa della pornografia digitale, perché prevedeva che l’accesso libero ed immediato agli homevideo erotici avrebbe comportato di per sè una forma di liberazione dalla schiavitù sessuale delle prostitute. Peccato che in questi ultimi anni, a venti anni e più dall’inizio della rivoluzione digitale, il mercato del sesso e delle vittime di tratta abbia raggiunto cifre mai toccate fin ad ora.

Senza l’alleanza con la Lega di Salvini, forse, questa guerra ai partiti, come titolava un altro manuale degli inizi, sarebbe potuta essere una storia interessante di una via italiana per il populismo digitale, ma il verde ha totalmente assorbito il giallo. Non solo con le percentuali delle elezioni ma soprattutto lo sguardo antropologico. Oggi un grillino ed un leghista si distinguono a fatica. La Tav è stata probabilmente una volontà di marcare un’esistenza, ma antropologicamente il dato è stato già tratto e la sua cifra è nell’attacco congiunto alla società civile organizzata da parte del governo. A morte i buoni sembra l’inno della strana alleanza, che forse è giunta a termine, forse.

A destra la trasformazione culturale in atto si può sintetizzare nel passaggio dalle prime edizioni del Grande Fratello, di cui Salvini è fan dichiarato, dall’epopea godereccia del Bunga Bunga agli spettacoli di cucina. Il ventennio berlusconiano è terminato sotto i colpi dello scandalo Ruby, a cui anche i “Vaffa” hanno dato il loro importante contributo, ed era iniziato con il consenso del popolo di aficionados delle reti Fininvest, un popolo che vedeva in Silvio l’uomo forte, ma anche gioioso e brillante, godereccio ma scaltro e generoso. Lentamente quegli stessi elettori, quegli homini videns, secondo la definizione di Giovanni Sartori, sono stati poi sottoposti alla rabbia quotidiana dei talent show, alla rabbia primordiale degli chef, i cui programmi aumentavano di share quando umiliavano sulle prime pay tv i concorrenti. E più umiliavano più facevano ascolti e proseliti nei loro ristoranti, più la gente parlava di quei talent show, ridendo delle offese che i “maestri” elargivano ai concorrenti.

Da quegli anni la televisione leggera “delle casalinghe”, quelle della prova del cuoco e delle ricette di Benedetta Parodi, ha iniziato a cambiare toni e contenuti. Il capitalismo spensierato, che era andato a braccetto con la criminalità organizzata e l’impunità e che aveva formato le coscienze popolari a suon di “Ok il prezzo è giusto”, ha lasciato il posto alla rabbia e agli insulti ai provetti di cucina che si cimentavano davanti alle telecamere, così come nei talent show i giudici crescevano in popolarità in base alla loro durezza verso giovani talenti.

Questo linguaggio offensivo sui media è stato lentamente sdoganato dappertutto, grazie al sistema omologante dei format per pay tv. Anche in Italia il populismo ha iniziato a trovare vento favorevole, Salvini ha trovato la strada spianata: già prima di lui l’insulto e le offese erano state già sdoganate in Tv e il politically correct sembrava ormai appartenere alle sfere alte del potere. Il popolo, proprio come gli chef, deve essere libero di insultare e di manifestare odio. Finanche di urlare ad alta voce che i neri devono essere abbandonatI in mare, come oggi accade sempre più sovente sui social da parte dei filogovernativi. E questo sdoganamento della rabbia giustifica leggi di urgenza per contenere il fenomeno migratorio anche in un periodo storico in cui il saldo migratorio tra emigrarti ed immigrati è negativo. Un decreto votato in massa proprio dal movimento fondato da un comico che veniva considerato una delle anime della sinistra laica dell’Italia.

È così accaduto che mentre Grillo aveva provato ad essere la coscienza di una sinistra persa nelle sue divisioni e nelle sue tante vicinanze alle lobby, il movimento nato da lui, dopo essere stato primo partito in Italia, è stato clamorosamente assorbito da una nuova ultradestra. Con buona fortuna della lobby più potente, quella dell’Azzardo, che ha fatto nuovamente il suo gioco. Perché con due decreti i porti sono chiusi ad horas, ma il decreto sul divieto della pubblicità dell’azzardo, tra i primi varati dal governo gialloverde, sembra non arrivare mai ad essere vigente.

C’è voluto solo un anno e mezzo perché quell’elettorato che urlava Vaffa al potere non si scomponesse contro i Vaffa ai neri e la fiera delle armi leggere aperta ai minori. Ci sono voluti pochi mesi di governo insieme perché il Reddito di Cittadinanza, un misura contro l’indigenza, malfatta ma dalle buone intenzioni, potesse prendere le sembianze di una risposta strumentale al grido “prima gli italiani!” e non una misura contro le disuguaglianze del mondo occidentale.

Oggi che il grillismo è stato cucinato da chef rabbiosi, anche il welfare dei 5 stelle sembra una spada da brandire per dividere e non un sentimento di coesione da preservare e rilanciare.

Il decreto sicurezza bis ed il Reddito di Cittadinanza sono due facce dello stesso modello di welfare, basato sull’ordine: si salvi chi può e prima gli individui!


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