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Economia & Impresa sociale 

Morti sul lavoro, aumentano quelle in agricoltura

Ieri in un'azienda agricola dell'Oltrepò Pavese hanno perso la vita quattro persone, tutte di origine sikh. Secondo i dati INAIL nei primi sette mesi del 2019 i morti nel lavoro agricolo sono aumentati del 39,3%, mentre negli altri settori il trend è in calo. La crescita dei decessi ha riguardato esclusivamente la componente dei lavoratori stranieri

di Redazione

Una giornata di grave lutto quella di ieri, per l’ennesimo incidente che ha portato quattro persone a morire sul lavoro. A perdere la vita ieri sono stati due fratelli, di 48 e 45 anni, che da più di cinque anni avevano rilevato un'azienda agricola ad Arena Po, nell'Oltrepò Pavese, e due loro dipendenti, di 29 e 28 anni. Tutti di origine sikh.

Il Presidente dell’ANMIL Zoello Forni riflette come il caso di ieri «conferma prepotentemente come il settore più a rischio negli ultimi 7 mesi sia l’agricoltura». Stando ai dati INAIL di poche settimane fa, la crescita dei morti nel lavoro agricolo segna addirittura un +39,3% nel confronto tra i primi 7 mesi del 2019 rispetto a quelli del 2018, con 22 casi in più (da 56 a 78), «un dato ancora più preoccupante se si pensa che fino a poco tempo fa l’agricoltura aveva fatto registrare solo costanti e consistenti flessioni». Nello stesso arco di tempo, infatti, nell’Industria e nei Servizi, che pure hanno numeri assoluti maggiori, hanno registrano in trend decrescente, con 10 casi mortali in meno (da 522 a 512), mentre per i lavoratori dello Stato le denunce sono rimaste costanti (9 in entrambi i periodi).

Secondo l’Osservatorio Nomisma, nell’ultimo anno le attività agricole hanno rilevato un aumento del 6% di giornate lavorate: dati che pongono il settore secondo solamente al turismo. Ma in questo settore – continua l’Anmil – permangono ancora ampie sacche di irregolarità per la presenza, in alcune zone molto diffusa, di fenomeni come il lavoro nero, lo sfruttamento e il caporalato, che rendono il duro lavoro nelle campagne ancora più precario ed insicuro. Approfondendo ulteriormente l’analisi dei dati, si rileva come la crescita dei decessi in Agricoltura ha riguardato esclusivamente la componente dei lavoratori stranieri, sia comunitari (da 29 a 40), che extracomunitari (da 64 a 71).

«Non è un caso quindi che i 4 lavoratori deceduti ieri siano di origini indiane», commenta il Presidente Forni. «Ci troviamo di fronte ad una situazione ormai intollerabile e indegna di un Paese civile. Proprio per questo, siamo fortemente preoccupati dalle notizie che provengono dal Rapporto dell’I.N.L. (Ispettorato Nazionale del Lavoro) sulle attività di vigilanza del primo semestre 2019: pur a fronte di un numero di ispezioni diminuito del 9% rispetto allo stesso periodo del 2018, si è riscontrato un tasso di irregolarità nelle imprese controllate cresciuto di 3 punti percentuali (dal 69% al 72% dei casi); il numero dei lavoratori risultati completamente “in nero” è aumentato del 14% (da 20.398 a 23.300 unità). Le indagini svolte sul fronte della lotta al “caporalato” hanno altresì portato alla denuncia di 263 persone – 59 delle quali in stato d’arresto – più del triplo rispetto alle 80 denunce dell’analogo periodo 2018. In questo contesto appare molto significativo il dato che l’incidenza del fenomeno “caporalato” risulti nettamente prevalente nel settore agricolo, dove delle 263 persone denunciate ben 147, pari al 56% del totale, operano in questo settore».

Dati e fatti dinanzi a cui stupisce la recente notizia della chiusura del bilancio consuntivo 2018 dell’INAIL con un utile di circa 1.804 milioni di euro: al contrario «è indispensabile prevedere significativi investimenti per migliorare la prevenzione degli incidenti sul lavoro a cominciare proprio dall’aumento delle risorse per rafforzare l’attività ispettiva, più concrete attività di formazione e, non ultimo, un più equo adeguamento delle prestazioni economiche per le vittime del lavoro», conclude Forni.

Photo by Annie Spratt on Unsplash


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