Sezioni

Attivismo civico & Terzo settore Cooperazione & Relazioni internazionali Economia & Impresa sociale  Education & Scuola Famiglia & Minori Leggi & Norme Media, Arte, Cultura Politica & Istituzioni Sanità & Ricerca Solidarietà & Volontariato Sostenibilità sociale e ambientale Welfare & Lavoro

Media, Arte, Cultura

Non Autosufficienza: si va davvero (finalmente) verso i livelli essenziali delle prestazioni?

Il Ministero del lavoro e le politiche sociali ha presentato alla Rete della protezione e dell’inclusione sociale il primo Piano Nazionale per la Non Autosufficienza, per il triennio 2019/21. Ipotizzato un assegno di 400 euro, riparametrabile in base ai servizi già goduti. Per il Ministro Nunzia Catalfo è «un primo passo per eliminare le diseguaglianze territoriali e costruire un percorso condiviso». In Italia riguarda circa 120mila persone tra gravi e gravissimi

di Sara De Carli

«Approvato il Piano nazionale per la non autosufficienza»: così titola la news sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Per il Ministro Nunzia Catalfo è «un primo passo per eliminare le diseguaglianze territoriali e costruire un percorso condiviso». Il 9 ottobre 2019, in realtà presso il Ministero del lavoro e le politiche sociali, alla presenza della Ministra Catalfo, si è riunita la Rete della protezione e dell’inclusione sociale, cui è stato illustrato, per la consultazione, il "Piano per la Non Autosufficienza 2019/2021". La rete è stata istituita nel 2017, ai tempi del ReI, quale struttura stabile di confronto fra l’Esecutivo, Regioni e Comuni, parti sociali e organizzazioni del terzo settore, in particolare per l’adozione di atti di programmazione e di indirizzo in campo sociale: piano contro la povertà, ad esempio o – appunto – piano per la Non Autosufficienza. La riunione quindi era propedeutica all’approvazione del “Piano per la non autosufficienza 2019-2021”, in vista dell’imminente decreto di riparto che distribuirà le risorse fra le regioni, fornendo anche indicazioni e criteri. Tant’è che le Regioni, nel dare la stessa notizia, usano un «verso l’intesa» e dicono che «partirà dopo l’intesa nella prossima Conferenza Unificata, il primo Piano sulla non autosufficienza che avrà durata triennale 2019/2021».

Certamente avere un Piano nazionale per la non autosufficienza è un obiettivo importante, perché consentirebbe una programmazione delle politiche sociali su una arco di tempo più lungo dell’anno a cui siamo stati abituati. Il Fondo per la Non Autosufficienza, dalla dotazione iniziale di 100 milioni di euro per l'anno 2007 è via via cresciuto fino a oltre 573 milioni di euro nel 2019, di cui 550 strutturali dal 2016. «Proprio la strutturalità delle risorse permette oggi, con gli interventi previsti nel Piano, la possibilità di avviare un percorso volto a garantire l'attuazione dei livelli essenziali delle prestazioni assistenziali da garantire su tutto il territorio nazionale con riguardo alle persone non autosufficienti, che era la filosofia originaria del Fondo», recita il comunicato del Ministero. Sarebbe una svolta: livelli essenziali delle prestazioni assistenziali, diritti per tutte le persone non autosufficienti. Che permetterebbero di superare l’attuale e annosa questione delle disomogenietà territoriali a cui da sempre assistiamo.

«C’è una importante novità e cioè che la Regione, per evitare qualsiasi interruzione dei servizi, può chiedere al Ministero il 50% delle risorse anche in attesa del perfezionamento del previsto Piano regionale. Per quanto riguarda il piano nazionale va sottolineato che si attua attraverso piani regionali che tengono conto della programmazione territoriale. Credo che si tratti di un passo importante per garantire prestazioni omogenee sull’intero territorio nazionale e arrivare alla definizione dei Lep (livelli essenziali delle prestazioni)», ha commentato l’Assessore della Regione Molise, Luigi Mazzuto, coordinatore della Commissione Politiche Sociali della Conferenza delle Regioni.

«All'interno del sistema dei servizi dovrà essere garantito, in particolare alle persone con disabilità gravissima, un assegno di cura e per l'autonomia che permetta di intensificare sensibilmente i sostegni di cui tali persone necessitano. E dovrà affermarsi un modello unitario di riconoscimento delle persone che esprimono maggiori bisogni», recita la notizia del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. L’assegno di cura – riferisce la FAND in un comunicato – sarebbe «aggiuntivo all’indennità di accompagnamento, pari a 400,00 euro mensili, da erogare nelle aree dove mancano i servizi di assistenza alle persone con disabilità grave e gravissima». «Il piano – dice il Presidente nazionale della FAND, Nazaro Pagano – comunque tutela un numero ristretto di disabili non autosufficienti e cioè il 2,7% rispetto ai 2 milioni e 200 mila soggetti non autosufficienti che percepiscono la indennità di accompagnamento. È necessaria una riforma complessiva delle non autosufficienze, che miri a calibrare le prestazioni economiche e non, sulla base delle diversificazioni delle tipologia di disabilità e della loro gravità. In tale contesto assume rilevanza la normativa sul caregiver familiare all’esame del Parlamento».

Il Fondo infatti ha oggi due target: le persone con gravissima disabilità che necessitano di assistenza vitale e le persone con disabilità grave. «Su tale differenziazione i dati dimostrano una notevole differenza nelle diverse regioni. Quanto poi alle gravi disabilità è emersa nuovamente con chiarezza la necessità di individuare criteri selettivi e al contempo equi, operazione tecnica assai delicata su cui vi sono già alcune basi di riflessione», dichiara Vincenzo Falabella, presidente della FISH. «Vi sono poi alcune ipotesi, da valutare e su cui aprire un confronto, che riguardano il futuro e che sarebbero orientate a garantire una maggiore omogeneità territoriale. Fra queste anche l’idea di una misura unica, anche monetaria e graduata a seconda della gravità, molto simile all’assegno di cura. In questo quadro molto dinamico la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap ha richiamato alla prudenza nell’individuazione di nuovi criteri selettivi, che per i ‘gravissimi’ già esistono ma per i ‘gravi’ sono ancora in nuce. Una attenzione particolare poi riguarda i contributi per i progetti di vita indipendente: finora sono rimasti nell’alveo di uno sperimentalismo da cui è necessario uscire per garantire davvero alle persone di costruire il loro progetto di vita, indipendentemente da quale sia la loro regione di residenza».

Per Roberto Speziale, coordinatore della Consulta disabilità e non autosufficienza del Forum del Terzo Settore, «la notizia positiva è che la prossima settimana dovrebbe già esserci il sì del Consiglio dei Ministri al Piano. Il dato che ancora non ci soddisfa sono le risorse messe a disposizione, che riteniamo insufficienti a dare risposte in tutti i territori perché le differenze fra realtà e realtà sono ancora troppo profonde». Lo stesso ministero infatti, nella presentazione dell’analisi dei dati, ha messo in risalto la forte sperequazione territoriale che la spesa sociale fa registrare ed il ritardo accumulato a causa de fatto che solo di recente il fondo è stato reso strutturale. Non a caso una delle misure più significative previste è il “buono di servizio” pari a 400 euro, riparametrabili in basi ad altri servizi già goduti».

La richiesta del Forum quindi è di incrementare progressivamente il fondo almeno a 5 miliardi (peraltro le tabelle della Legge di Bilancio 2019 indicavano per l'anno 2022 e successivi una cifra di questo ordine di grandezza) anche attraverso una ricomposizione della spesa, per ampliare la platea dei destinatari, che attualmente si stima in circa 120mila persone tra gravi e gravissimi, e per poter avviare una concreta definizione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni. Inoltre – aggiunge Speziale – «abbiamo chiesto che venga dato un ruolo attivo agli enti di terzo settore ai vari livelli e che siano inserite precise indicazioni sugli aspetti occupazioni e qualità del lavoro e delle prestazioni rese, evitando forme di mera monetizzazione del bisogno o di lavoro sottopagato. Il piano è condivisibile nelle linee generali, ma ci sono ancora aspetti pratici che necessitano di un ulteriore approfondimento e confronto per scongiurare il rischio che poi l’impatto sulla vita materiale delle persone e dei territori del fondo e del relativo Piano continui a scontare le criticità fin qui registrate».


Qualsiasi donazione, piccola o grande, è
fondamentale per supportare il lavoro di VITA