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Cooperazione & Relazioni internazionali

La Sea Watch libera di tornare in mare

Il giudice del tribunale civile di Palermo ha disposto il dissequestro amministrativo della nave della Ong capitanata da Carola Rakete che era bloccata da oltre cinque mesi al porto di Licata per via del decreto sicurezza bis. Rimangono ancore ferme le due navi di Mediterranea, il veliero Alex e la Mar Jonio. Papa Francesco: "Non è bloccando le navi che si risolve il problema"

di Alessandro Puglia

La Sea Watch può tornare in mare e salvare vite umane. Oggi infatti è stato disposto il dissequestro amministrativo della nave della Ong battente ora bandiera tedesca che da luglio, per oltre cinque mesi, è stata bloccata nel porto di Licata, in provincia di Agrigento.

Già a Settembre la Procura di Agrigento aveva disposto il dissequestro penale, ma era ancora sottoposta al sequestro amministrativo in base a quanto contenuto nel decreto sicurezza bis.

«La giustizia trionfa sull’(ex) decreto sicurezza bis» scrive sui social la Ong che si prepara a una prossima missione nel Mediterraneo centrale.

Rimangono invece ancora sotto sequestro le due navi della piattaforma della società civile Mediterranea. Il veliero Alex bloccato dal 7 luglio e la Mare Jonio dal 3 settembre. In particolare la Mare Jonio il 3 settembre aveva soccorso 98 persone, tra cui 22 bambini e i migranti erano stati poi tutti sbarcati in navi della guardia costiera. Solo successivamente la Mare Jonio, con le dovute autorizzazioni da parte delle autorità competenti, era entrata in porto.

Mediterranea chiede alla al ministro dell’interno Luciana Lamorgese, al ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Paola De Micheli, al ministero della Difesa Lorenzo Guerini di restituire immediatamente le navi sequestrate, «compiendo un atto dovuto di giustizia e legalità». Per farlo scrive Mediterranea basterebbe una firma:

Nel frattempo Papa Francesco in occasione di un incontro con rifugiati arrivati da Lesbo attraverso i corridoi umanitari, mostrando il salvagente di un migrante morto nel Mediterraneo a luglio, si è soffermato sul ruolo delle navi della società civile e sulla Libia: «Non è bloccando le navi che si risolve il problema – ha detto il Pontefice – bisogna impegnarsi seriamente a svuotare i campi di detenzione in Libia, valutando e attuando tutte le soluzioni possibili. Bisogna denunciare e perseguire i trafficanti che sfruttano e maltrattano i migranti, senza timore di rivelare connivenze e complicità con le istituzioni».


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