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Raccolte fondi: le regole che ancora mancano

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali deve ancora emanare le linee guida per la regolamentazione fiscale delle raccolte fondi. In particolare, spiega Raffaella Pannuti, presidente di Fondazione ANT, «uno dei punti cruciali per il futuro delle organizzazioni non profit sarà la definizione del concetto di “occasionalità” delle raccolte pubbliche»

di Raffaella Pannuti

Da tempo siamo in attesa che il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali emani le linee guida per la regolamentazione fiscale delle raccolte fondi, così come indicato dal Codice del Terzo Settore (D.Lgs 117/2017).

In particolare, uno dei punti cruciali per il futuro delle organizzazioni non profit, sarà la definizione del concetto di “occasionalità” delle raccolte pubbliche di fondi, che costituiscono un fondamentale canale di finanziamento degli enti non profit, e che può determinare o meno una imposizione ai fini Ires e Iva, rischiando così di drenare importanti risorse che potrebbero invece essere destinate al finanziamento delle attività di interesse generale.

Sono aspetti molto tecnici ma che potrebbero avere un forte impatto, in senso più o meno positivo, sulla sostenibilità economica di organizzazioni come la nostra, basate in gran parte su donazioni liberali e manifestazioni di piazza. Ritengo sia necessaria l’istituzione di una cabina di regia con quegli enti che oggi, come ANT, si trovano sul territorio e contano in maniera importante sulle raccolte fondi.

Il Decreto Ministeriale da emanare ai sensi dell’art. 7 del Codice del Terzo Settore dovrebbe innanzitutto chiarire il concetto di “occasionalità” delle raccolte pubbliche di fondi, legandolo a parametri oggettivi e non lasciandolo indeterminato. Si potrebbe ad esempio fare riferimento a un numero massimo di raccolte all’anno, oppure legare il concetto di “occasionalità” alla durata della raccolta stessa (ad esempio 30/40 giorni continuativi). Un criterio, quest’ultimo, che lascerebbe maggiore libertà relativamente al numero degli eventi da porre in essere nel corso di un anno solare.

Sarebbe inoltre opportuno chiarire se possano coesistere, nell’arco di un anno, raccolte fondi di natura “occasionale”, con raccolte fondi svolte in maniera “continuativa”. Quindi le prime decommercializzate e le seconde soggette a imposizione IRES e IVA.

Non ci auguriamo affatto che si possa procedere calcolando un tetto annuale, visto che nel futuro dovremo sempre più contare sulle nostre forze e non sull'aiuto pubblico. Ma in questo malaugurato caso, si potrebbe stabilire che le raccolte fondi a carattere locale (in ambito al massimo regionale), svolte con una durata di un certo numero di giorni, possano essere comunque considerate “occasionali”, e quindi non essere annoverate nell’eventuale numero massimo di eventi all’anno.

Infine sarebbe opportuno stabilire che i fondi ottenuti da raccolte pubbliche a carattere continuativo e quindi non occasionale, non venissero rilevati ai fini Ires e Iva se realizzati attraverso la cessione di beni acquisiti a titolo gratuito (donazione, successione ecc) o se il prezzo pagato è manifestatamente superiore al valore del bene ceduto, per cui è evidente che l’acquirente sta effettuando in realtà una donazione.

In ultimo, va stabilito che in ogni caso la cessione di beni acquisiti a titolo gratuito (donazione, successione ecc.) non costituisce operazione commerciale, e quindi è irrilevante ai fine Ires e IVA. Insomma, la discussione è decisamente aperta e ci auguriamo di essere coinvolti prima che il testo sia definitivo.

* Presidente Fondazione ANT Italia ONLUS


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