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Cooperazione & Relazioni internazionali

Siamo entrati nell’era del water grabbing

Dal Michigan del fracking al Bangladesh delle falde superinquinate, dal Mekong "assediato" dal sale marino agli effetti delle monocolture sulla possibilità, per i poveri, di avere acqua per mangiare, bere e lavarsi. Il water grabbing è un problema che ormai riguarda milioni di persone. Un estratto di "Water Grabbing", il libro di EMI Editrice Missionaria Italiana dedicato alle guerre per l'accaparramento dell'acqua

di Emanuele Bompan e Marirosa Iannelli

Nel corso di dieci anni in giro per il mondo, abbiamo accumulato decine di storie (..) di ingiustizia, di spreco, di cattiva gestione, di sopraffazione e strapotere, di stupidità e avidità umana. Tutte storie riconducibili all’accaparramento idrico. Dalla guerra delle dighe sul Mekong alla privatizzazione in Bolivia, dalla crisi idrica californiana al depauperamento delle riserve idriche italiane, dalla contaminazione del Golfo del Messico durante l’incidente della Deepwater Horizon all’accaparramento dell’acqua da parte dell’industria del carbone in Sudafrica.

Reportage dopo reportage, si è palesato in maniera sempre più consistente un tema di geopolitica spesso troppo trascurato: il controllo delle risorse idriche. Le guerre del XXI secolo si stanno già combattendo per l’acqua, e la lotta per l’accaparramento del petrolio blu diventerà il leitmotiv di innumerevoli tensioni politich, che si riproporranno ogni estate, ogni stagione secca, in tante aree geografiche del pianeta, spesso simultaneamente. Si trova poco tra le pagine dei giornali, e i libri in biblioteca scarseggiano. Eppure quella dell’acqua è ormai una crisi sistemica: il superamento di uno dei nove limiti del pianeta raccontati dall’ecologista Johan Rockstöm e dallo Stockholm Resilience Center. L’acqua è scarsa e tutti hanno iniziato la corsa per accaparrarsela. Questo libro vuole essere una testimonianza che mette insieme scienza e indagine giornalistica, storie di esseri umani e grandi scenari internazionali. Un tentativo di documentare una grande trasformazione politica, sociale e ambientale. Un allarme: siamo entrati nell’era del water grabbing

Con l’espressione neologistica water grabbing, «accaparramento dell’acqua», ci si riferisce a situazioni in cui attori potenti sono in grado di prendere il controllo o deviare a proprio vantaggio risorse idriche preziose, sottraendole a comunità locali o intere nazioni, la cui sussistenza si basa proprio su quelle stesse risorse e quegli stessi ecosistemi che sono depredati. Gli effetti dell’accaparramento sono devastanti. Famiglie scacciate dai loro villaggi per fare spazio a megadighe, privatizzazione delle fonti, controllo forzato per progetti di agrobusiness di larga scala, inquinamento dell’acqua per scopi industriali che beneficiano pochi e danneggiano gli ecosistemi, controllo delle fonti idriche da parte di forze militari per limitare lo sviluppo. Nel cosiddetto Sud nel mondo, ma anche in alcuni paesi industrializzati, da bene comune liberamente accessibile l’acqua si trasforma in bene privato o controllato da chi detiene il potere. Sotto la spinta della domanda crescente, dovuta all’aumento di popolazione e alla crescita industriale dei paesi in via di sviluppo e sotto la morsa del cambiamento climatico, sempre più visibile nella quotidianità, l’acqua diventa fonte di conflitto, bene scarso che è fondamentale accaparrarsi a spese del vicino, a discapito anche di donne e bambine che si occupano della sua raccolta giornaliera sottraendo tempo all’istruzione e al lavoro. La geografia del water grabbing interessa ampie fasce del pianeta, le zone equatoriali, i grandi bacini idrici dell’Asia, il Medio Oriente, l’America meridionale, l’area mediterranea, le zone desertiche di America settentrionale e Australia.

Water grabbing, da cui è estratto questo articolo, è disponibile all’interno del sito web di EMI Editrice Missionaria Italiana


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