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Il turismo di domani? Sarà big data driven

«Oggi viviamo nell’era dell’iperconnessione che ha cancellato in maniera irreversibile il confine tra online e offline. Il digitale non è il fine, ma un potentissimo strumento di innovazione, non solo tecnologica ma di processi», scrive sul numero di VITA di maggio, Roberta Milano, docente di Marketing internazionale per le imprese turistiche all’università Cattolica di Milano ragionando sulla parola “digitale”. È una dei sette interventi che troverete sulle “parole per trovare la strada giusta”

di Roberta Milano

“The end of tourism, as we know it”. Copenaghen nel 2020 dichiara con coraggio la sua scelta di campo e decreta “la fine del turismo come lo conosciamo”. Contemporaneamente la Dmo, Destination Marketing Organization, si assume fino in fondo la responsabilità del ruolo, traghettando la destinazione verso una nuova idea di turismo: con il piano decennale Tourism for Good, il futuro turistico sarà co-creato da residenti, industria e visitatori in base a una visione centrale di sostenibilità.

Quale il nesso con la parola “digitale”? Oggi viviamo nell’era dell’iperconnessione che ha cancellato in maniera irreversibile il confine tra online e offline. Il digitale non è il fine, ma un potentissimo strumento di innovazione, non solo tecnologica ma di processi. La capitale danese, partendo da una scelta di campo netta e audace che ha compiuto prima (!) della pandemia, ha trovato nel digitale l’alleato indispensabile. Tutto è coerente: hanno abbracciato un approccio data driven basato su nuovi Kpi, hanno usato strumenti di consultazioni online e lanciato piattaforme di co-innovation e co-creazione della nuova strategia: «Il digitale è la questione di ieri; quella di oggi sono i nuovi dati. Che si tratti di marketing, comunicazione o dati, la Destination Management Organization di oggi e di domani è digitale in tutti gli aspetti della gestione della destinazione e dell’organizzazione che vi sta alla base».

Questa best practice serve a capire le strettissime implicazioni che riguardano digitale e turismo. Le tecnologie smart, sempre più utilizzate nella vita e nel viaggio, hanno generato una enorme produzione di informazioni che, se opportunamente collegate, etichettate e interrogate, consentono alla governance e agli operatori di prendere decisioni più efficaci e consapevoli.

I Big Data aprono nuove possibilità di ricerca rapide, mirate e predittive, caratteristiche che le tradizionali fonti statistiche basate su arrivi, presenze e spesa, non riescono pienamente a soddisfare. Oggi più che mai ne abbiamo urgente bisogno: qualunque studio prodotto in precedenza e che fotografi la situazione antecedente la pandemia non ha più attinenza con il futuro e ha perso gran parte del potenziale informativo. Mercati, comportamenti, scelte d’acquisto sono tutte variabili oggi determinate da elementi esterni al viaggio. Nei prossimi mesi non sceglieremo la meta preferita in assoluto ma la migliore rispetto a vaccinazioni, salute, disponibilità economiche, smartworking, restrizioni governative, disponibilità di ferie e nuove paure. Elementi estranei al turismo tradizionalmente inteso e in uno scenario che cambia velocemente di settimana in settimana. Se è vero che i vecchi dati non hanno più valore, se gli algoritmi sono improvvisamente orfani di serie storiche su cui lavorare, navigare a vista rimane una scelta suicida. Abbiamo bisogno di tutte le possibili nuove informazioni che la tecnologia sa estrarre per immaginare il futuro e poter giocare un ruolo attivo: indagare trend e differenze nei diversi mercati; codificare le conversazioni online in tempo reale per comprendere il sentiment; intercettare i cambiamenti profondi di valori e comportamenti. Inoltre, per non ripetere gli errori del passato, dovremmo sviluppare, anche in Italia, quegli strumenti di analisi di percorsi e flussi con l’obiettivo di poterli finalmente governare e non subire. Ricordiamoci del fenomeno “overtourism”, parola che sembra lontanissima ma che ha rappresentato il primo problema di sostenibilità fino al 2020. «Abbiamo la possibilità di non tornare indietro», come auspica Michil Costa, illuminato e illuminante albergatore delle Dolomiti che ha fatto della sostenibilità la sua battaglia.

Altro aspetto, dopo quello strategico, è quello più operativo e di promozione. Il digitale, è cosa nota, ha trasformato il settore travel e permea ormai tutte le fasi del viaggio: dal sogno, alla ricerca, dalla prenotazione alla condivisone dell’esperienza. Secondo l’annuale ricerca di Travelport, il 93% dei turisti si avvale di siti di recensioni per scoprire nuove destinazioni; per il 71% degli intervistati è importante l’usabilità al momento della prenotazione; il 77%, afferma di aver esaminato video e immagini sui social media nel processo di ricerca mentre 16 sono in media le app utilizzate durante il viaggio…



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*Roberta Milano, docente di Marketing internazionale per le imprese turistiche all’università Cattolica di Milano
Photo by Shlomo Shalev on Unsplash


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