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Sudan, in corso un colpo di Stato militare

Il primo ministro del Sudan, Abdalla Hamdok, posto in arresto dai militare si è appellato alla popolazione perché scenda in strada. Il golpe è solo l’ultimo tentativo di prendere il potere da parte delle forze militari che già un mese fa avevano provato a rovesciare il Governo

di Redazione

Messo stamane agli arresti da un gruppo di militari, il primo ministro del Sudan, Abdalla Hamdok, ha esortato la popolazione civile a «scendere in strada» per «difendere la rivoluzione» in modo pacifico dal tantativo di colpo di Stato in corso. Lo si apprende dal profilo Facebook del ministero dell'Informazione e la cultura, che ha rilanciato il messaggio del capo di governo.

Alle parole del priemer ha fatto eco l'Associazione dei professionisti sudanesi, un'organizzazione che rappresenta 17 tra i maggiori sindacati del Paese, che tramite Twitter ha lanciato un appello «ai comitati di resistenza di quartiere e alle forze rivoluzionarie professionali e sindacali» a resistere al «brutale colpo di Stato», anche «erigendo barricate» e «occupando le strade».

Sui social media stanno circolando le prime immagini di persone scese in strada in diversi quartieri di Khartoum per manifestare contro il golpe. La casa del presidente del Consiglio è stata circondata da militari alcune ore fa. Oltre al premier sono stati arrestati almeno due ministri, quelli dell'Informazione e dell'Industria, il governatore della capitale Khartoum e i portavoce di esecutivo e Consiglio sovrano. Quest'ultimo organismo, guidato a fasi alterne da esponenti dei militari e della società civile, gestisce insieme al governo la transizione del Paese da quando, nell'aprile 2019, una rivolta popolare e un intervento delle forze armate hanno messo fine ai 30 anni al potere dell'ex presidente Omar al-Bashir.

In assenza di una rivendicazione ufficiale da parte dell'esercito, i militari che stanno tentando il golpe sono descritti come "non identificati" dai media sudanesi. I fatti di stamane seguono di circa un mese un tentativo fallito di colpo di Stato. Il contesto è
segnato da settimane di tensioni tra l'ala militare e quella civile della transizione nonché dalla crisi economica e di approvvigionamento di beni essenziali e carburante.

«I militari non vogliono lasciare ai civili la guida del Consiglio sovrano; le proteste e sit-in degli ultimi giorni, spontanei solo in apparenza, si spiegano così». A parlare con l'agenzia Dire è Reem Shawkat, influencer impegnata a sensibilizzare su crisi e rivoluzione in Sudan. Il Consiglio sovrano è l'organismo istituito nel 2019 per gestire la «transizione» aperta alcuni mesi prima dalle manifestazioni di piazza e dal successivo intervento dell'esercito che ha messo fine agli oltre 30 anni al potere del generale Omar Hassan Al-Bashir.

Shawkat, origini sudanesi, una vita negli Stati Uniti, ricorda che il percorso in vista delle elezioni del 2023 prevede un'alternanza alla guida del Paese. «Dopo una fase coordinata dai militari e in particolare dal presidente Abdel Fattah Al-Burhan, nei prossimi mesi toccherà ai civili» sottolinea l'influencer. «È curioso che proprio adesso a Khartoum siano stati organizzati sit-in per chiedere all'esercito di sciogliere il governo e assumere pieni poteri».

Manifestazioni sono in corso nella capitale da giorni. «Oggi dimostranti si sono riuniti di fronte al Palazzo presidenziale chiedendo lo scioglimento dell'esecutivo guidato dall'economista Abdalla Hamdok», sottolinea Shawkat. Nei video dell'influencer, diffusi su Instagram o TikTok, il ruolo dei militari è mostrato con disegni o vignette parlanti. «Cerco di spiegare le cose in modo semplice», dice Shawkat, «anche perché raccogliere informazioni su quello che sta accadendo e dunque farsi un'idea è molto difficile».

A settembre, a Khartoum è stato denunciato un tentativo di colpo di Stato, orchestrato pare da seguaci di Al-Bashir. La settimana scorsa, Hamdok ha definito la crisi «la peggiore e più pericolosa» affrontata dalla fine del governo del generale, salito al potere nel 1989 con un golpe e incriminato poi dalla Corte penale internazionale per genocidio e crimini di guerra commessi nella regione del Darfur.

Oggi a Khartoum c'è stata tensione. Nell'anniversario della rivoluzione del 1964, per denunciare il rischio di nuove ingerenze dei militari, in piazza sono scesi gli animatori delle proteste di due anni fa. Ali Ammar, uno dei capi della coalizione Forze per la libertà e il cambiamento, ha invitato «i sudanesi a riversarsi in strada in tutto il Paese in difesa del governo civile e della transizione democratica». Appelli alla "pace" e alla "non violenza" sono arrivati anche da Minni Minnawi, ex capo ribelle ora governatore in Darfur e sostenitore dell'esercito.

Secondo Shawkat, la sfida chiave in Sudan sarà garantire il rispetto della separazione tra autorità militare e potere politico. «È fondamentale l'atteggiamento della comunità internazionale» sottolinea la influencer: «Finora c'è stato un sostegno alla transizione democratica, che rende più difficili gli abusi da parte dell'esercito».

A preoccupare è però anche la caduta dell'economia, aggravata dalle proteste e dai blocchi dei trasporti nell'area di Port Sudan, in riva al Mar Rosso. «Le comunità del posto chiedono di essere incluse nel governo, ma intanto i prezzi dei beni essenziali continuano ad aumentare» sottolinea Shawkat. «Si spiega anche così la decisione di ridurre gli orari a scuola: manca il pane e allora i ragazzi tornano a casa alle 11.30, sperando di trovare il pranzo».


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