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Education & Scuola

Tutor di classe, no grazie: non ci servono angeli custodi

Il ministro Giuseppe Valditara ha detto che dall'anno prossimo ci sarà in ogni classe un tutor per i ragazzi difficili. Beppe Bagni, già presidente del Centro di iniziativa democratica degli insegnanti, boccia l'idea: «Se non cambio niente della scuola, con questo “angelo custode” otterrò solo che gli altri docenti si sentiranno assolti dal prendersi cura dei ragazzi difficili e dall’impegno a cambiare la didattica per raggiungerli. La dispersione si vince solo cambiando la scuola»

di Sara De Carli

Angeli custodi in classe? No grazie. Beppe Bagni liquida così l’idea del tutor in ogni classe, per gli studenti più difficili, lanciata nei giorni scorsi dal ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara. Una frase detta qua e una detta là, il ministro usa le interviste per annunciare l’arrivo nelle scuole di un «docente tutor per ogni gruppo classe». La presentazione più precisa, al momento, è quella affidata al Messaggero, dove si dice che dovrà questo docente dovrà «in team con gli altri insegnanti, seguire in particolare quei ragazzi con maggiori difficoltà di apprendimento ma anche di quelli molto bravi che magari in classe si annoiano e che hanno bisogno di accelerare». Il docente tutor entrerà nelle classi già a partire «dal prossimo anno scolastico, nel contempo avvieremo gradualmente una formazione specifica». Il docente sarà anche «pagato di più». Una proposta. Qualcosa d'altronde l'Italia deve fare per affrontare il tema della dispersione scolastica, un problema enorme – come abbiamo raccontato nel numero dedicato ai100mila ragazzi che ogni anni abbandonano la scuola – ma talmente diffuso che ci siamo quasi assuefatti.

In realtà, nei documenti scritti, il solo docente tutor di cui si ha traccia è quello descritto nelle Linee guida per l’orientamento pubblicate poco prima di Natale, in attuazione della riforma prevista dal Pnrr: «Ogni istituzione scolastica e formativa individua i docenti di classe delle scuole secondarie di primo e secondo grado, chiamati a svolgere la funzione “tutor” di gruppi di studenti, in un dialogo costante con lo studente, la sua famiglia e i colleghi, svolgendo due attività: aiutare ogni studente a rivedere le parti fondamentali che contraddistinguono ogni E-Portfolio personale e costituirsi “consigliere” delle famiglie, nei momenti di scelta dei percorsi formativi e/o delle prospettive professionali». Una figura simile – ricorda Tuttoscuola – era già stata ipotizzata nel 2004, con la ministra Moratti (che guardacaso aveva lo stesso consigliere che ha ora Valditara, il prof. Giuseppe Bertagna), ma fu osteggiata dai sindacati e non se ne fece nulla. Sarà la volta buona? E se lo fosse, servirà? «Non credo», dice Beppe Bagni, per trent’anni docente negli istituti professionali, che da un mese ha lasciato a Valentina Chinnici la direzione nazionale del Centro di Iniziativa democratica degli Insegnanti, ma continua a far parte del direttivo. «Se non cambio niente della scuola e della didattica, ma mi limito ad affiancare agli studenti difficili, come dice il ministro, un “angelo custode”, peraltro formato e pagato di più, l’unica cosa che otterrò è che tutti gli altri docenti si sentiranno assolti dal prendersi cura dei ragazzi difficili e dall’impegno a cambiare la didattica in modo da raggiungere anche loro. Continueranno a fare le stesse cose che hanno sempre fatto e a dare tre a chi non “si adatta” al loro metodo di insegnamento. L’unica leva per contrastare la dispersione scolastica è dare ai ragazzi strumenti di successo. E l’unico modo per farlo è che la scuola cambi. Non abbiamo bisogno di angeli custodi».

Se non cambio niente della scuola e della didattica, ma mi limito ad affiancare agli studenti difficili, come li chiana il ministro, un “angelo custode”, l’unica cosa che otterrò è che tutti gli altri docenti si sentiranno assolti dal prendersi cura dei ragazzi difficili e dall’impegno a cambiare la didattica in modo da raggiungere anche loro. Continueranno a fare le stesse cose che hanno sempre fatto. L’unica leva per contrastare la dispersione scolastica è dare ai ragazzi strumenti di successo. E l’unico modo per farlo è che la scuola cambi. Non abbiamo bisogno di angeli custodi

Beppe Bagni, consiglio direttivo del CIDI

Come commentare questa idea del tutor? È un cambio di passo nel contrasto alla dispersione scolastica?

La mia posizione è molto critica perché nella scuola l’idea del tutor non mai ha funzionato. Non funziona perché è l’idea di una individualizzazione dell’aiuto, che passa da una persona con quella funzione specifica: invece l’aiuto deve arrivare dall’intera scuola, da tutto il corpo docente e soprattutto dalla classe dei pari. Se il treno non si ferma alla stazione, non ti serve qualcuno che ti aiuti a salire a bordo: ti serve che il macchinista fermi il treno! Che non significa che la scuola deve avere una logica caritarevole, di buonismo, regalare i voti o valutare gli stati d’animo dei ragazzi, ma che la scuola deve permettere a tutti di apprendere e scoprire se stessi. Il problema è la scuola e l’insegnamento di tutte le discipline, il problema è una didattica che deve cambiare perché oggi la scuola non è capace di insegnare a tutti. È una scuola che insegna solo a quelli che imparerebbero anche senza la scuola e invece non riusciamo a pensare ad una scuola che aiuti quelli che senza scuola non ce la potrebbero fare. Capisce allora che se non tocco nulla nella scuola, ma ti metto accanto un “angelo custode”… non cambia nulla. Non si contano le volte in cui i docenti al pomeriggio hanno fatto corsi sul disagio degli alunni e poi la mattina sono andati in classe continuando a creare quel disagio. Peraltro questa idea di una persona incaricata di una funzione, assolve tutti gli altri docenti dal prendersi cura. Succede tutte le volte che la scuola inserisce nuove funzioni specifiche, soprattutto se c’è una formazione e se quella persona guadagna di più: tutti gli altri docenti si sentono assolti. Questo “ragazzo difficile” è affidato a te, io mi sento assolto. Diventa un alibi per i docenti e per la scuola. No, c’è bisogno di cambiare l’insegnamento, è questo il principio. Nei professionali tra l’altro è il quinto anno che c’è un tutor di classe, simile a questo, molto legato alle scelte di orientamento… non mi pare di vedere grandi risultati.

Il problema è la scuola e l’insegnamento di tutte le discipline, il problema è una didattica che deve cambiare perché oggi la scuola non è capace di insegnare a tutti. È una scuola che insegna solo a quelli che imparerebbero anche senza la scuola e invece non riusciamo a pensare ad una scuola che aiuti quelli che senza scuola non ce la potrebbero fare. Capisce allora che se non tocco nulla nella scuola, ma ti metto accanto un “angelo custode”… non cambia nulla.

Beppe Bagni

A fine dicembre dal ministero dell’istruzione e del merito sono arrivate le Linee guida per l’orientamento, una riforma prevista dal Pnrr. È qui che si mette nero su bianco qualcosa (poco) di questo tutor. Che cosa ha apprezzato?

Ci sono indicazioni condivisibili. Soprattutto ha apprezzato la prudenza che viene dalla consapevolezza del rischio, ribadito più volte, che l’orientamento sia inteso come una pre-canalizzazione dei ragazzi, un modo per cui dai risultati scolastici si determina la scelta della scuola superiore. Che più o meno è quello che si fa da 30 anni. Dobbiamo smettere di creare dei canali in base ai risultati scolastici del momento, ma indicare ai ragazzi le loro strade future di formazione in base ai loro interessi e passioni. Quella del portfolio da costruire insieme agli alunni per esempio è un’ottima idea, diventa un momento di meta-riflessione che funziona, che fa capire a ciascuno non solo dove deve impegnarsi di più ma anche dove riesce meglio. Perché a tutti noi tutti "piace di più" fare quello che ci riesce bene. Quindi noi dobbiamo fare in modo che i ragazzi capiscano cos’è che gli riesce meglio. Il compito della scuola non è indicare a ciascuno alunno la scuola da fare ma creare il contesto per cui ciascuno alunno si orienti. Per questo non mi convince invece l’idea che l’orientamento sia vissuto come una istruzione da dare agli alunni, tot ore all’anno. La scuola non deve orientare, deve dare gli strumenti per orientarsi, Bruner afferma che tutti i verbi della scuola dovrebbero essere riflessivi: non orientare ma orientarsi. Dobbiamo fare in modo che per tutti ci sia il modo di scoprire cosa ci incuriosisce di più, dove ci si impegna di più con meno fatica.

Noi dobbiamo fare in modo che i ragazzi capiscano cos’è che gli riesce meglio. Il compito della scuola non è indicare a ciascuno alunno la scuola da fare ma creare il contesto per cui ciascuno alunno si orienti. Come dice Bruner, a scuola tutti i verbi dovrebbero essere riflessivi: non orientare ma orientarsi. Per questo non mi convince invece l’idea che l’orientamento sia vissuto come una istruzione da dare agli alunni, tot ore all’anno.

Sono arrivate finalmente anche le indicazioni per l’utilizzo dei primi 500 milioni di euro, sempre del Pnrr, per i progetti relativi al contrasto della dispersione scolastica. Soldi inviati alle scuola già prima dell’estate, ma di fatto inutilizzati finora, in attesa di queste indicazioni. Molte scuole anzi proprio hanno detto di non sapere come spenderli.

Ci sono molte resistenze perché le indicazioni sono ancora povere, anche queste di dicembre. I dirigenti sono restii a partite perché non si capisce bene la direzione in cui andare… È un peccato, perché quando si mandano soldi senza dare indicazioni su come utilizzarli, il rischio è che si ottenga al più una amplificazione di quello che già esiste. Si parla sì di didattica inclusiva, di didattica innovativa, di rapporti con il Terzo settore… ma in maniera troppo vaga. Il mio timore è che anche qui si finisca per ridurre il tutto all’introduzione di strumenti digitali, perché ormai l’innovazione didattica viene intesa sempre solo come strumenti digitali: vanno benissimo, sia chiaro, ma a patto che la scuola sappia trasformarli in strumenti per migliorare i risultati di apprendimento, perché l’unica cosa che funziona contro la dispersione è dare ai ragazzi strumenti di successo.

foto Unsplash


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