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Non profit, il governo toglie il cap per gli stipendi

Non poter pagare i professionisti secondo i prezzi di mercato, negli ultimi sei anni ha tenuto lontano dal non profit i profili più alti. Un danno che oggi trova soluzione. Con la modifica introdotta dal Decreto Lavoro - convertito definitivamente in legge il 29 giugno - ora tutti gli Ets e le imprese sociali potranno derogare al tetto del 40% sopra il contratto collettivo, ovviamente motivandolo. La forbice retributiva all'interno di una organizzazione viene alzata da 1 a 8 a 1 a 12. Contucci (Airc): «Era un errore, lieto che finalmente si sia deciso di correggerlo»

di Sara De Carli

Via il “salary cap” dal non profit. Accade oggi, a sei anni dall’introduzione del Codice Unico del Terzo settore, con la definitiva conversione in legge, alla Camera dei Deputati, del Decreto Lavoro del maggio 2023 su cui è stata posta la fiducia. Nel pomeriggio del 29 giugno 2023 il testo è diventato definitivamente legge con 154 voti favorevoli e 82 contrari.

In questi sei anni, nel Terzo settore le retribuzioni o i compensi sia di lavoratori dipendenti sia di lavoratori autonomi non poteva superare quanto previsto dai contratti collettivi di una quota superiore del 40% degli stessi: una deroga era sì prevista per «comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire specifiche competenze ai fini dello svolgimento delle attività di interesse generale», ma solamente per realtà non profit che lavorano in ambito sanitario, nella formazione universitaria e post-universitaria e nella ricerca scientifica di particolare interesse sociale. Ora invece l’articolo 29 della nuova legge va a cancellare “il recinto”, estendendo a tutti gli enti di Terzo settore e a tutte le imprese sociali la possibilità di deroga: ovviamente sempre per comprovate esigenze, necessarie per realizzare le attività di interesse generale previste dalla propria mission (si tratta dell’art. 8 del Dlgs 117/2017). Conseguentemente, il parametro della differenza retributiva per i lavoratori degli enti del Terzo settore e delle imprese sociali – ossia la “forbice retributiva” tra il lavoratore che nell’organizzazione prende di meno e quello che prende di più – viene portato per Ets e imprese sociali a 1 a 12, contro l’1 a 8 previsto fino ad oggi dal Codice Unico (all’art. 16 del Dlgs 117/2017).

Niccolò Contucci, Chief Fundraising Officer di Fondazione Airc per la ricerca sul cancro, è una delle persone che più si è impegnata per arrivare a questo risultato. «La vivo come “la” soluzione, come lo scioglimento dell’ultimo nodo rimasto nel Codice Unico del Terzo settore, che abbiamo sempre tutti considerato illogico, irrazionale e profondamente sbagliato», dice. «Sono felice che il lavoro di rappresentazione di questo errore legislativo che era stato fatto, negli anni abbia convinto un po’ tutte le parti politiche», prosegue Contucci. Ma se è vero che la soluzione di oggi è «frutto di anni di spiegazione, in tutte le sedi, dei danni che quegli articoli comportavano», altrettanto vero è che questo governo ha scelto di prendere posizione e cambiare la norma: «Sono stati presentati diversi emendamenti, segno del lavoro fatto da tante delle nostre organizzazioni presso diversi parlamentari e presso il governo. Diciamo che finalmente è stato ascoltato il nostro appello, in particolare dalla viceministra Bellucci, una persona che viene dal Terzo settore e che ha dimestichezza con alcuni processi. Molta dell’attenzione che abbiamo trovato, credo, sia da collegare alla sua visione».

La vivo come “la” soluzione, come lo scioglimento dell’ultimo nodo rimasto nel Codice Unico del Terzo settore, che abbiamo sempre tutti considerato illogico, irrazionale e profondamente sbagliato

Ma i «danni» quali sono? «Il danno principale è che ponendo un tetto ai salari, tu tieni sistematicamente fuori dal Terzo settore le professionalità più alte», risponde Contucci. «Il punto è che il mercato del lavoro è uno, non esiste un mercato del lavoro profit e uno non profit. Se devi garantirti un bravissimo capo dell’IT, la realtà è che il mercato di un sistemista è il mercato del lavoro tout court. Se queste professionalità sul mercato del lavoro sono pagate molto, anche tu ente non profit le devi pagare quello che costano, non puoi pagarle di meno. Altrimenti da te non ci vengono. Il danno che si è verificato in questi anni è proprio questo, l’aver tenuto fuori dal nostro mondo le più alte professionalità, quelle che costano di più. È vero, costano ma se costano di più ragionevolmente portano un valore che in loro assenza l’organizzazione non può avere».

Da domani, quindi, dettagliando le ragioni per cui per l’ente è necessario assumere quella specifica persona, anche con un salario maggiore, tutti gli enti di Terzo settore potranno avere il professionista che ritengono "il migliore" per loro. «Ma mi lasci chiarire una cosa: nessuno fra gli enti del Terzo settore vuole buttare i soldi strapagando qualcuno che non li vale. Lo faranno solo quando serve», sottolinea Contucci. Quanto alla forbice retributiva innalzata da 1 a 8 a 1 a 12, «è una conseguenza della modifica all’articolo 8 ed è una capienza sufficiente per i più alti stipendi del non profit, non c’è nessuno che prende un milione di euro nel nostro mondo».

Il tema non è solo attrarre professionalità dal profit, ma anche far crescere le persone che già sono nel non profit. L’ingresso di un giovane nel mondo del lavoro dal punto di vista retributivo è uguale, che si tratti di profit o di non profit. Il punto è quando cresci. In questo modo sarà possibile disegnare percorsi di carriera, senza dover più vedere tante eccellenti professionalità andarsene, seppur a malincuore

Il tema non è solo attrarre professionalità dal profit, ma anche far crescere le persone che già sono nel non profit, aggiunge Contucci. «L’ingresso di un giovane nel mondo del lavoro dal punto di vista retributivo è uguale, che si tratti di profit o di non profit. Il punto è quando cresci. In questo modo sarà possibile disegnare percorsi di carriera, senza dover più vedere tante eccellenti professionalità andarsene, seppur a malincuore». Qui si innesta anche un altro tema, che non riguarda questa legge, ma in generale la migliore retribuzione del lavoro nel non profit: «Si tende a fare la massima economia sui costi strutturali ed è una cosa opportuna, saggia e in linea con ciò che molti donatori si aspettato. Ma d’altra parte altra parte le persone hanno una vita, giovani e non giovani, ricordiamocelo».


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