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L’X Factor dello sviluppo

di Paolo Venturi

Una società a bassa autopropulsione, che non ritrova il gusto del rischio …”

Inizia così la sintesi del Rapporto Censis sulla situazione sociale in Italia. Una società in letargo, alla ricerca di connessioni tecnologiche come surrogato di quelle relazionali da sempre fondanti e fondative della dimensione economica, produttiva e comunitaria del nostro Paese. Dalla fotografia emerge un paese in cui diminuisce la propensione al rischio (se si esclude il contributo imprenditoriale generato dai Millennials  ..) e si afferma una cultura attendista che ha come unico effetto quello di “…gonfiare la bolla del cash cautelativo”.

Una staticità non dovuta unicamente agli effetti della crisi economica, bensì alle difficoltà ad individuare percorsi generativi.

Di questa difficoltà se ne è occupato un economista ungherese Tibor Scitovsky nel suo libro “ The Joyless economy” (L’economia senza gioia). Scitovsky nel 1976 entrando nel merito del dibatto sul paradosso della felicità, indicava la noia come  il principale malessere dei nostri tempi: “noia, che la società del consumo genera in seguito all’aumento delle aspirazioni e dell’aspettative …” .

Nella sua analisi, Scitovsky  cerca di andare più a fondo e si chiede come mai  nonostante si “corra tanto”(sembra una conversazione dei nostri giorni), si rischia poi non solo il pericolo di rimanere fermi ma addirittura di andare indietro?

La sua tesi  è che una «vita buona» abbia bisogno della presenza sia di “beni di comfort che di “beni di stimolo”. Il punto è che il comfort agisce in particolare per eliminare ogni fatica (si pensi all’aumento di comfort dovuto all’introduzione delle tecnologie..), mentre i “beni di stimolo” o di “creatività” per poter essere fruiti necessitano di una fatica iniziale, in quanto necessitano di un’esperienza. La musica classica o la fruizione di esperienze culturali, per esempio, sono dei tipici beni di creatività: il beneficio che forniscono  è direttamente proporzionale all’investimento in termini di conoscenza e tempo che ciascuno di noi nella propria vita dedica a queste attività. Alcuni autori (Pier Luigi Sacco in Italia) hanno chiamato tale fatica iniziale «costo di attivazione»: per poter  percepire gratificazione nel consumo di un bene di creatività è necessario sostenere dei costi di attivazione iniziali.  Lo stesso può valere per i beni relazionali: andare a visitare un amico, costa relativamente sempre più, nella misura in cui costa sempre meno mandargli un messaggio su Whatsapp o via SMS.

Il prezzo è un rapporto tra due beni, se uno diventa sempre meno caro e come se l’altro aumentasse…e oggi i beni relazionali e l’investimento cognitivo in cultura, sono sempre più  costosi (la prova di ciò la si può trovare nella scelta del nostro Governo di proporre  un pacchetto corposo di incentivi nella Legge di Stabilità per favorire l’investimento in cultura).

Ecco che quindi per uscire dal torpore fotografato anche dal Censis,  il meccanismo generativo di un nuovo inizio consiste, come ci suggeriscono gli studi di Scitowsky,  nella riscoperta di  una nuova “assett class” di beni su cui investire: quelli di creatività, di stimolo e relazionali. Per fare ciò occorre cominciare a condividere l’esistente e dare “potere” alle giovani generazioni, in una prospettiva nuova, non strumentale o tattica. Occorre cooperare realmente, ricombinando e incrociando settori e competenze con l’intento di generare nuovo valore … un’innovazione che sta già accadendo e che il Censis non ha mancato di evidenziare:

La piattaforma di ripartenza (e trasformazione) dell’Italia è  ridisegnata dal driver dell’ibridazione. Il vero «X factor» sta in una rinnovata ibridazione di settori e competenze tradizionali che produce un nuovo stile italiano: il risultato di questa ibridazione è una trasformazione…”.

#Auguri


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