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Infografic is biutiful

di Paolo Dell'Oca

La prendo larga. Sono incredulo a vedere la fatica che l’analisi delle statistiche fa a sfondare nel giornalismo calcistico in Italia, quando in NBA le statistiche hanno fatto il giro: sono talmente importanti da condizionare, in alcune circostanze, lo stesso modo di giocare anteponendo il valore della statistica individuale al risultato di squadra.

L’arte di vincere è un film sulla differenza che le statistiche possono fare nel baseball riferito alla stagione 2002 degli Oakland Athletics. Duemiladue. E, per fare un esempio con un calciatore che ha militato anche in Italia, Mathieu Flamini approdò all’Arsenal quando l’allenatore, Arsène Wenger, scoprì che c’era un suo connazionale che correva 14 km a partita. Per dire, nello scorso Fiorentina – Milan il giocatore che ha corso di più è stato Vlahovic con 11,804 km, ma spesso i calciatori non vanno in doppia cifra.

Molliamo lo sport: io da quando sono in doppia cifra con la mia età segno libri letti e film visti al cinema su un taccuino. Un taccuino che dovrebbe bastarmi per il resto dei miei giorni terreni, al netto di clamorosi balzi in avanti delle scoperte mediche.

Ciononostante sono iscritto ad una serie di social network che mi permettono di monitorare le mie scelte mediatiche: Goodreads per libri e graphic novel, Spotify per la musica, Letterboxd per i film, TV Time per le serie TV e Boardgamegeek per le partite ai giochi in scatola.

Condividendo i nostri dati con queste società private possiamo talvolta disporre gratuitamente di alcuni adorabili grafici di fine anno: abbiamo visto i best9 su Instagram di molti account che seguiamo. Dall'archiviazione all'analisi, dall'analisi all'espressione grafica della stessa.

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Ad essere bravi possiamo raccontare degli aspetti della vita delle nostre organizzazioni del terzo settore anche con le infografiche, e in diversi già lo fanno sui loro bilanci sociali e sui loro account social, soprattutto su Instagram. Anche ad Arché ci proviamo: quella per infografiche è una narrazione che ben fatta vale più di un articolo e sfoggia caratteristiche peculiari rispetto ad altri linguaggi.

Per esempio si potrebbe pensare che trattandosi soprattutto di numeri, linee e colori l'informazione sia più oggettiva, più neutra, ma non necessariamente lo è: la scelta dei dati da mostrare, del tipo di grafico, delle parole, consente di dare risalto ad alcune informazioni invece che altre. È un mestiere. Ma in un mondo profit che si appoggia su dati e big data il mio auspicio è che anche il non profit si sperimenti in questa comunicazione. E non intendo solo le multinazionali del non profit: capita che le realtà più piccole osino di più e allora mi permetto di dare, in questo excursus mediatico, due suggerimenti di libri di infografiche che permettono di coglierne la potenza.

Il primo è il libro Information is beautiful, di David McCandless, 117 infografiche in cui ci si può immergere per ore. A capire perché i rossi vincono sui blu più spesso di quanto non accada il contrario, o ad osservare i dettagli ricorrenti nelle vite delle celebrità più longeve. Dormivano bene, avevano dei matrimoni sereni, han lavorato a lungo e abitavano in città, se ve lo steste chiedendo. Un testo… Un libro datato 2008 per gente curiosissima.

E poi c’è Shortology, degli H-57: poche immagini per riraccontare un film, un proverbio, finanche una canzone degli Elii. La gamification dell’infografica, in cui indovinare che cos’è stato rappresentato. Vabbeh, l'ho presa larga ma sono arrivato, questo post s'interrompe bruscamente qua.


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