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Conferenza nazionale della cooperazione: le parole sono importanti

di Riccardo Bonacina

Si conclude oggi la Conferenza nazionale della Cooperazione allo sviluppo promossa dal Ministero Affari esteri e della Cooperazione Internazionale e dall'Agenzia Italiana della Cooperazione allo sviluppo. Due giorni di incontri e confronti, sei tavoli di studio, altrettanti eventi e 3mila partecipanti provenienti dalla comunità della cooperazione e studenti di licei e università italiane che hanno affollato la grande sala Santa Cecilia dell'Auditorium della Musica a Roma. Al sottoscritto, nella sessione plenaria di ieri mattina, è stata chiesta una breve riflessione sul tema della comunicazione. Ecco quello che ho detto.

Le parole sono importanti

Le parole sono importanti urlava Nanni Moretti in faccia a una giovane e un po' sprovveduta giornalista rea di aver usato espressioni in inglese in “Palombella rossa” (1989, qui), e aggiungeva “Chi parla male pensa male, vive male”. Ed è proprio così.

Dal 1989 ad oggi, dobbiamo convenire che abbiamo qualche problema in più rispetto a ciò che Moretti urlava in quel film. Negli ultimi 20 anni ci hanno letteralmente rubato le parole, le nostre parole. Le hanno strappate, ferite, ne hanno cambiato il senso.

Le mie figlie mi chiamavano affettuosamente “papi”, da un certo punto in poi le ho dovute pregare di non chiamarmi più così; solidarietà l'estate scorsa è diventata oggetto di reato; l'esser buono non più una virtù ma una colpa, tanto è vero che ad ogni nostro ragionamento e giudizio siamo ormai costretti a premettere “non sono un buonista…”; le ong sono diventate i taxi del mare; l'aiuto è diventato sinonimo di assistenzialismo; cooperazione? “Ah sono quelli che fanno affari sulla sfiga”; Terra di mezzo, che era lo spazio sociologico del Terzo settore, è diventato il nome dell'inchiesta Mafia Capitale, perciò sinonimo di qualcosa di oscuro; migrante nel linguaggio comune (e ahimé anche guiridico, nel nostro Paese) è diventato sinonimo di clandestino.

Che fare allora?

Dobbiamo lottare contro le parole sbagliate, lo facciamo ed è giusto farlo. Ma non basta, non bastano i giochi di parole, il confronto delle opinioni (che tra l'altro è un gioco non condotto da noi). Occorre agire, bisogna mettere in campo gesti, evidenze, pezzi di vita. Bisogna uscire dal circuito delle opinioni per far irrompere la vita.

Un esempio? In queste settimane si è molto discusso di razza dopo l'improvvida uscita di Fontana, candidato governatore della Lobardia, se n'è discusso nei talk, sui media, nei social, ma il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, invece di parlare ha fatto un gesto, un grande gesto, ha nominato senatrice a vita Liliana Segre, 88 anni, una vita che porta nella carne i segni e il ricordo di dove hanno portato i discorsi sulla razza. Mattarella indica una strada: solo i grandi gesti, le vite, le azioni riescono ad uscire dal pantano delle opinioni che non fa che corrompere le parole, le nostre parole. Dobbiamo uscire dalla bolla delle opinioni, fosse anche la bolla delle nostre giuste opinioni, per far irrompere la vita.

Fuori dalla bolla

Fuori dalla bolla c'è il mondo, i ragazzi che affollano questo Auditorium, il mondo ha fame delle nsotre parole, questi ragazzi hanno fame del nostro vocabolario, dei valori per cui spendiamo le nostre vite. C'è fame di solidarietà perchè un mondo di uomini soli è un mondo terribile, depresso e meno libero, c'è fame di cooperazione perchè fare insieme è più conveniente, c'è fame di sviluppo ordinato e sostenibile perchè abbiamo capito che occorre un nuovo paradigma economico. Sono parole e valori bellissimi e finanche di moda, sharing, sostenibilità, collaborazione, valoroi che stanno generando nuovi modelli di pensiero ed economici. Invece di enunciarli dobbiamo renderli visibili in tutta la loro consistenza e carne. Raccontado storie. E lo voglio dire qui, in un ambito istituzionale, la Radio e televisione pubblica deve fare di più, e poi la scuola è importantissima, occorre un grande progetto nazionale per introdurre lezioni e esperienze di solidarietà in ambito scolastico.

Raccontare, raccontare e raccontare

Raccontare le storie di solidarietà e cooperazione per dare sostanza alle parole perchè il mondo, come scriveva Sant'Agostino, si cambia“per attrazione” non per regole o morali. Shane Snow, giovane co-founder di Contently, piattaforma di contenuti che mette in rete 45mila tra giornalisti, grafici, fotografi, storitelle) scrive che “Solo le grandi storie creano relazioni con le persone e ne risvegliano l'interesse, le accendono, le spingono ad attivarsi”. E noi siamo pieni di grandi storie, storie bellissime capaci di suscitare empatia. Non dobbiamo spiegare cosa sia la cooperazione allo sviluppo (ovviamente anche) ma raccontare le sue storie.

Con un'attenzione, lasciamo parlare i nostri partner nel mondo, le persone che incontriamo e che aiutiamo o da cui ci facciamo aiutare e svegliare, diamo loro la parole perchè si raccontino e ci raccontino. Come Vita abbiamo in questi anni, anche con la collaborazione del Maeci e di Aics implementato una rete di 20 quotidiani, 4 radiocomunitarie, 3 Tv, 7 web partner rendendo loro protaginisti del racconto. Li abbiamo supportati, finanziati perchè si raccontassero e parlassero dei gesti della cooperazione. E i risultati sono stati e sono straordinari


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