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Learned lesson: il caso Lombardia

di Claudio Di Blasi

La pausa dei lavori sulla nuova normativa nazionale in materia di servizio civile può essere l’occasione per valutare che sta succedendo a livello regionale. Il caso Lombardia

Viviamo un periodo storico e politico che tende a privilegiare l’accentramento dei poteri: sta accadendo in materia di revisione della Costituzione e, nel suo piccolo, anche per ciò che riguarda il servizio civile. Le particolarità dei territori e delle comunità paiono così divenire secondari rispetto alle grandi sfide “globali” ed alle sollecitazioni degli organismi sovrastatali, prima tra tutte l’Unione Europea. Parole d’ordine quali “piccolo è bello” oppure “agire localmente, pensare globalmente” appiano come scorie del passato, inutili se non dannose.

Chi governa il servizio civile ha fatto propria questa visione globale, proponendo una nuova normativa, attualmente in discussione al Senato, che sostanzialmente riporta tutta la materia sotto il cappello del governo centrale, togliendo alle Regioni ogni potere decisionale e gestionale delegato negli anni scorsi. I risultati di questa scelta li vedremo compiuti solo a legge approvata e decreti di attuazione emessi, tuttavia già ora possiamo analizzare i primi effetti di tale modus operandi, in special modo per ciò che riguarda le risposte alternative che alcuni territori stanno producendo. Quanto è accaduto in Regione Lombardia negli ultimi dodici mesi può essere un’interessante spunto di analisi.

La prima occasione di riflessione è data dalla gestione di Garanzia Giovani per ciò che riguarda il servizio civile. La Lombardia è una delle regioni che ha deciso di stanziare risorse per l’azione “servizio civile in Garanzia Giovani” ma, a differenza di altre realtà regionali, ha scelto di gestire in maniera autonoma il tutto, non delegando la questione al Dipartimento per la Gioventù e il Servizio Civile Nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Cosa ci dicono i numeri in merito a questa scelta autonoma? Le risorse permettevano in Lombardia l’avvio di 1271 giovani per lo svolgimento del servizio civile con fondi di Garanzia Giovani: ai primi di ottobre ben 1115 postazioni erano state assegnate agli enti di servizio civile richiedenti, mediante tre avvisi distinti. Al 30 settembre sono stati 1599 i giovani che hanno aderito, e di essi 756 sono stati “presi in carico”, mentre sono stati 54 gli enti che hanno presentato i 78 progetti approvati. I tempi di valutazione dei progetti da parte della Regione sono oscillati tra i 60 ed i 30 giorni. Il personale impiegato dalla Regione nella gestione di tutto ciò non ha superato i sei operatori a tempo pieno, considerando anche i “tempi parziali” messi a disposizione da personale che seguiva anche altre scadenze e questioni.

Questi primi dati ci fanno affermare con una certa tranquillità che l’obiettivo di allocare le risorse disponibili in tempi rapidi e senza eccessivi costi di struttura è stato raggiunto.

Regione Lombardia con Garanzia Giovani – Servizio Civile ha fatto quattro scelte di merito che l’hanno distinta dall’iniziativa nazionale, ovvero:

1) caratterizzare gli enti di servizio civile che proponevano i progetti come “enti di intermediazione”, evitando in tal modo il rimpallo della documentazione con uffici per l’impiego et similia;

2) prevedere che gli enti di servizio civile avessero l’obbligo di anticipare l’assegno mensile ai volontari, chiedendo successivamente il rimborso allo Stato, dietro validazione della Regione;

3) prevedere, a parità di assegno, un orario di servizio di 20 ore settimanali, invece delle 30 tradizionali del servizio civile nazionale;

4) sperimentare una certificazione delle competenze attuabile tramite la metodologia della validazione delle “competenze informali”.

Si tratta di scelte “strategiche” che hanno evitato il verificarsi di alcune “brutte figurae” occorse purtroppo alla gestione nazionale. In Lombardia non si sono avuti casi di ragazzi “fermi al palo” per mesi, a causa del malfunzionamento degli uffici di intermediazione al lavoro. Soprattutto, gli assegni di servizio civile sono stati versati in maniera regolare ai giovani, grazie all’obbligo di anticipo fatto gravare sugli enti: una situazione ben diversa di quella occorsa a centinaia di ragazzi, che non si vedevano arrivare quanto dovuto per problemi di carattere burocratico (moduli compilati in malo modo, firme messe nel posto sbagliato, ecc. ecc.). Inutile dilungarsi sul “miglior trattamento” riservato ai giovani, per ciò che riguarda diminuzione dell’orario a parità di paga e riconoscimento delle competenze.

Sempre il 2015 è stato il primo anno di vita della legge regionale lombarda che ha istituito la “Leva Civica Volontaria Regionale” (LR n. 33 del 16 dicembre 2014). Già nel testo della legge regionale vi è una logica “economica” che è rivoluzionaria rispetto all’attuale ed alla futura legge sul servizio civile “nazionale”: il principio del cofinanziamento. Nessun progetto di leva civica regionale volontaria potrà essere avviato senza un parziale contributo economico dell’ente che promuove il progetto, con l’intento non solo di gravare il meno possibile sulle casse pubbliche, ma anche e soprattutto di “responsabilizzare” in tal modo l’ente di leva civica. E’ un approccio che vige da decenni nella decantata e globalizzata Unione Europea, ma che lo Stato Italiano non riesce a fare proprio, almeno nel campo del servizio civile.

La legge regionale lombarda sulla leva civica, dopo aver superato l’esame del Governo, si è dovuta dotare di tre strumenti operativi: le linee guida (approvate a maggio 2015), l’informatizzazione dell’albo regionale degli enti (varato a luglio di quest’anno) ed infine lo schema di progetto autofinanziato, che ha visto la luce a settembre.

La legge è quindi pienamente operativa da poco più di un mese, e già si vedono i primi concreti risultati.

In questi giorni è uscita la graduatoria del primo bando di leva civica “cofinanziato” dalla Direzione Sport e Giovani di Regione Lombardia: verranno selezionati 315 giovani, che svolgeranno nove mesi di servizio presso gli enti locali della Lombardia. Nel frattempo gli enti hanno iniziato a presentare progetti completamente autofinanziati, che non prevedono cioè alcun contributo economico da parte della Regione: Associazione Mosaico in quattro settimane ha presentato o sta presentando progetti di questo tipo per circa 30 posizioni, con una previsione annua di circa 250-300 posizioni.

Anche in questo caso si possono iniziare ad indicare le “lezioni apprese” da questa iniziativa regionale:

1) la risorsa finanziaria pubblica attiva risorse private. Nel caso del bando cofinanziato, 3000 € messe a disposizione dalla Regione attivano 1875 € provenienti dal territorio, per un concorso complessivo esterno pari a 600.000 €;

2) la legge regionale attiva risorse territoriali senza alcun onere di bilancio per la Regione. Un solo ente come Mosaico in un anno attiverà leve civiche autofinanziate che comportano un finanziamento territoriale di almeno 450.000 €;

3) rispetto alla normativa nazionale, i tempi per l’avvio dei progetti sono estremamente rapidi. Il bando “cofinanziato” ha visto la presentazione dei progetti tra il 23 luglio e il 16 settembre 2015, la pubblicazione delle graduatorie di finanziamento il 21 ottobre, l’inizio dei nove mesi di leva civica per il 1 dicembre: quattro mesi in tutto, rispetto ai dodici normalmente necessari per il servizio civile nazionale;

4) la tempistica per i progetti totalmente autofinanziati dall’ente sono ancora più “smart”: 30 giorni per il nulla osta al progetto da parte della Regione, che nei fatti si sono ridotti a 15;

5) procedure burocratiche ridotte all’essenziale, sia per ciò che riguarda la stesura dei progetti che per la loro attuazione;

6) estrema elasticità nella gestione del progetto, con durata che può variare da 2 a 12 mesi, con un orario settimanale variante da un minimo di 12 a un massimo di 30 ore, e con assegno mensile parametrato sull’impegno orario settimanale del volontario.

Infine, ma non per importanza, due tasselli legati al coinvolgimento dei giovani socialmente più fragili. Il primo prevede, e ben prima delle sentenze della Corte Costituzionale in materia, che alla leva civica regionale possano partecipare anche i privi di cittadinanza italiana: unico vincolo la residenza biennale in Lombardia.

Il secondo stabilisce una quota del 10% riservata ai giovani disabili, per i progetti che prevedano l’impiego di un numero di volontari superiore a nove.

Sono numeri, tempistiche e dati che illustrano come la Regione con la sua normativa non abbia voluto semplicemente “copiare” la legge nazionale, bensì dare risposte ad alcune criticità emerse in questi anni dall’applicazione della legge statale. Uno stato centrale accorto dovrebbe far tesoro di prassi come quella lombarda, puntando ad “apprendere la lezione” , replicandola su altri territori. Non possiamo che augurarci che ciò avvenga , anche se personalmente non sono molto ottimista. In caso contrario l’occasione sarà perduta non tanto da parte delle Regione Lombardia, che continuerà sulla strada intrapresa (magari ampliandola con altre esperienze, legate ad esempio al nascituro “reddito di autonomia”), bensì per il resto del paese, vittima di  logiche sorpassate, benché “globali”.


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