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Ius sanguinis… anzi… ius soli

Il dibattito sul diritto di cittadinanza. Un tema delicato portato agli onori della cronaca dal neo ministro per l'Integrazione Cecile Kyenge

di Marco Marcocci

I minori extracomunitari nati in Italia (420.000 nel 2011) «è concepibile che, dopo essere cresciuti ed essersi formati qui, restino stranieri in Italia?».

Questo era uno degli interrogativi che il Capo dello Stato Giorgio Napolitano aveva posto durante il tradizionale discorso alla Nazione di fine anno (2012), riprendendo un tema peraltro da lui stesso precedentemente trattato in varie occasioni, quello relativo allo ius soli, il diritto di cittadinanza per chi nasce nel suolo italiano.

In questi giorni la neoministra per l’Integrazione Cécile Kyenge ha affermato, in maniera chiara e decisa, che a breve sarà presentato un disegno di legge in materia, suscitando una serie di reazioni un po’ ovunque, compagine governativa inclusa.

Ma andiamo per ordine. In Italia le regole sulla cittadinanza sono normate dallo ius sanguinis per il quale il diritto di essere italiano si acquisisce dalla nascita da un genitore della stessa cittadinanza. Secondo lo ius soli, alternativo all’altro, la cittadinanza si consegue con la nascita nel territorio di uno Stato, a prescindere di quale sia la cittadinanza in possesso dei genitori.

Lo scenario europeo vede prevalere nei vari paesi l’adozione dello ius sanguinis, come in Italia; soltanto la Francia concede la cittadinanza secondo il principio dello ius soli. Oltreoceano la situazione è diversa, infatti, sia negli Stati Uniti che in Canada vige lo ius soli.

Riuscirà la simpatica Cécile nel suo intento per il quale potrebbe essere arruolato come testimonial il bomber Balotelli?

Il dubbio è d’obbligo anche perché di questo tema non vi è traccia nel discorso programmatico alle Camere del premier Letta che, tuttavia, alla prima occasione televisiva ha ribadito che l’argomento è nel cuore della ministra, legittimando in un certo senso quanto dichiarato dalla Kyenge.

Quello che è certo è che per far approvare una legge sul diritto di cittadinanza per i nati in Italia, occorrerà che le tutte le forze politiche lavorino insieme, dialogando con buon senso e consapevoli del fatto che la società italiana diventa giorno dopo giorno sempre più infra-culturale.

Come ha detto il Cardinale Bagnasco intervenendo sul dibattito «dovrà essere la politica a valutare bene la cosa nel modo più equo possibile» ma ha anche aggiunto che «la cittadinanza ai figli degli immigrati nati in Italia è uno dei diritti umani che deve essere riconosciuto attraverso le condizioni previste dalla legge».
Per ora speriamo soltanto che questa tematica non costituisca un pretesto per litigare e far vacillare questo particolare Governo che (faticosamente) siamo riusciti ad avere.


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