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Media, Arte, Cultura

L’amara utopia della fratellanza

di Giovanni Maria Bellu, Mondadori, pp. 229, euro 14,50.

di Daniele Scaglione

«Tra le cose che, se lo incontrerò, dovrò spiegare ad Anpalagan, questa è la più difficile e la più necessaria. Non sarà semplice fargli accettare l?idea che tra le ragioni dell?indifferenza verso la sua tragedia c?è un sogno di fratellanza universale», scrive Bellu. La tragedia è il naufragio avvenuto nella notte di Natale del 1996 davanti a Portopalo, punta meridionale della Sicilia. Il sogno di fratellanza universale è la costruzione di un?Europa unita, all?interno della quale si potesse circolare liberamente, a condizione però che i suoi confini fossero ben sigillati. Nel dicembre di nove anni fa alcuni trafficanti di esseri umani cercarono di ottimizzare i loro profitti riempiendo all?inverosimile una nave destinata a sbarcare in Italia asiatici e africani. Vollero approfittare del periodo natalizio, pensando che i controlli sarebbero stati meno severi, e sottovalutarono il maltempo. Sopravvalutarono invece la capacità di carico della chiatta che avrebbe dovuto far compiere ai profughi l?ultimo tratto della loro odissea, dalla nave Yiohan alle coste siciliane. Avvenne la catastrofe, i morti furono quasi trecento, ma se ne parlò poco, anzi, si arrivò a definire quell?evento il ?naufragio fantasma?: se dieci miglia davanti Portopalo fosse davvero avvenuto quel che si raccontava, i pescatori della zona avrebbero trovato decine di cadaveri. «Infatti», dice Salvo, siciliano chiaro di capelli e d?occhi, a Giovanni Maria Bellu, «ne sono stati ripescati a decine. Finivano nelle reti, venivano tirati su assieme ai pesci. All?inizio erano cadaveri interi, poi pezzi di cadaveri, poi ossa bianche, pulite. È andata avanti per mesi». Ma non risulta da nessuna parte, protesta il giornalista di Repubblica: dove sono finiti i corpi? «Sono rimasti là». Bellu ha cominciato a occuparsi della vicenda nel 2001 seguendo la storia di un ragazzo dello Sri Lanka che aveva tentato di arrivare in Europa grazie a una specie di borsa di studio, qualche migliaio di dollari che la sua comunità aveva messo insieme per assicurargli un futuro lontano dalla miseria. Ma l?unica cosa di Anpalagan Ganeshu che risulta essere arrivata nel nostro Paese è la carta d?identità. Da questo indizio il cronista inizia a ricostruire la vicenda di quel naufragio, sino a compiere delle ricerche che avrebbero dovuto effettuare le autorità, non un giornalista. I fantasmi di Portopalo ci racconta tutto questo e ci fa riflettere su quanto il sogno di fratellanza universale di noi europei sia ancora nient?altro che un sogno.


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