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Economia & Impresa sociale 

L’imprenditore sociale

Manager/1 Il ruolo, le caratteristiche e le attività in due lezioni dalla Bocconi

di Redazione

Si parla molto di manager del non profit e di management dell?impresa non profit in generale, anche se tuttora non è facile riempire di contenuti precisi questo profilo professionale e dare delle indicazioni per questo ambito di applicazione del management. Alcuni primi risultati di una ricerca condotta su associazioni e cooperative sociali della regione Lombardia (tra l?altro, confortati dai primi risultati di una seconda ricerca condotta su un campione di cooperative della regione Piemonte) si rivelano interessanti e utili, per contribuire alla definizione del manager di impresa non profit e delle criticità gestionali di tale tipo di impresa. Per ognuno dei punti trattati, vengono di seguito presentati in estrema sintesi i risultati della ricerca e vengono poi effettuate delle considerazioni e formulate delle linee guida per l? azione. Associazioni e cooperative Più vecchie e più piccole le associazioni, più giovani e un po? più grandi le cooperative. – L?associazionismo e il volontariato lombardi, come quelli italiani più in generale, sono di tradizione antica (prima del 1960); tra il 1991 e gli anni successivi sembra poi essersi verificato un periodo di forte natalità di nuove associazioni; questo fenomeno è ancora più evidente per le cooperative sociali: di esse, il 51% è nato a partire dal 1991, presumibilmente sull?onda della L. 381 (del 1991 appunto). – La dimensione operativa più ricorrente delle cooperative sociali è ?media? (tra 11 e 50 soci), con poche piccole e grandi realtà. È ?medio-piccola? (da poche decine a poche unità di collaboratori) per le associazioni e le organizzazioni di volontariato, con poche grandi eccezioni. Ambito di lavoro In un siffatto contesto, l?imprenditore sociale si trova oggi ad affrontare alcuni nodi critici molto delicati. L?imprenditore non profit: capace di cambiare la storia nel rispetto dei valori, capace di bilanciare la personalizzazione della piccola organizzazione con la gestione strategica dell?impresa. – Il fatto che il non profit, in particolare l?associazionismo e il volontariato, sia di antiche origini comporta la presenza, in esso, di uno strato consolidato di storia, valori, stili, meccanismi, relazioni ed ?equilibri?, che è difficile, ma può essere necessario modificare. L?imprenditore solidale deve essere capace di innovare nella continuità, di rispettare il passato inducendo però il futuro, facendo progressivamente maturare i cambiamenti, evolvere i valori e gli stili, migliorare il modo di funzionare, crescere le persone e le loro relazioni, dentro un disegno strategico per tutto l?ente. In un contesto, quale quello non profit, in cui storia, valori, relazioni hanno un particolare significato. – Il fatto che le dimensioni tipiche, soprattutto in provincia, siano medie e piccole, a fronte delle grandi sfide e aspettative che stanno investendo il terzo settore, oggi, nei paesi evoluti, comporta che l?imprenditore sociale deve essere capace di bilanciare e difendere la flessibilità, l?informalità, il clima che le persone si attendono dagli enti non profit, e che ne rappresentano un punto di forza, con le opportunità di sviluppo e la visione strategica che il futuro può richiedere. Contesto locale Ambito di azione locale, livelli di intervento quasi esclusivamente esecutivi, azioni congiunte tra istituzioni, lavoro per progetti. – L?ambito di azione tipico delle associazioni e delle cooperative sociali è decisamente locale, comunale, intercomunale (molto significativo per le cooperative sociali), al massimo provinciale. – I livelli dell?azione del non profit sono pressoché totalmente esecutivi e operativi, quasi mai consultivi, politici, programmatori, decisionali. In altre parole, al non profit vengono delegate attività esecutive di servizi, ma esso non viene praticamente mai coinvolto sulle scelte. – Vi è, soprattutto da parte delle cooperative sociali, una forte propensione a collaborare, all?interno di un forte tessuto connettivo, costituito da coordinamenti sovralocali (per esempio consorzi) e nazionali (centrali cooperative, per tali istituzioni). Frequenti paiono essere i collegamenti fra cooperative e associazioni. Tale attitudine, probabilmente, rappresenta, oltre che un portato di natura culturale, anche un modo per superare i limiti delle piccole dimensioni, dell?ambito locale di azione, dei bassi livelli di competenza, che rischierebbero di relegare le istituzioni non profit a una posizione subordinata alle istituzioni pubbliche ed economiche e che le priverebbero di ogni potere negoziale. – Si opera per progetti, come conseguenza sia della natura delle attività tipiche, sia dei meccanismi di finanziamento, sempre più orientati a sostenere progetti e sempre meno rivolti alle istituzioni in quanto tali. Il lavoro per progetti, peraltro, consente una buona flessibilità dell?organizzazione, una maggiore responsabilizzazione e il coinvolgimento dei collaboratori, un clima più amichevole grazie alle ridotte dimensioni e durate, una più chiara evidenza dei risultati raggiunti. Modello originale Alla luce di tutto ciò, emerge come l?imprenditore sociale è portatore di un originale modello sociale, politico e organizzativo, all?interno della propria comunità. L?imprenditore non profit: sensibile alla comunità, attore politico, agente di cooperazione, esperto di project management. – La natura locale dell?ambito di azione connota il manager solidale come un ?imprenditore locale?: egli deve conoscere la realtà locale ed essere in questa ben inserito, deve assumersi i bisogni e gli interessi prima di tutto della comunità, non può sacrificare l?appartenenza e il radicamento territoriale a favore della ricerca di economie di scala e di operazioni di diversificazione geografica. In tali casi, è meglio ?gemmare? una nuova realtà, oppure collegarsi a una realtà già esistente in un?altra zona. – Il manager solidale deve progressivamente conquistare al non profit un ruolo più alto di quello meramente esecutivo: se davvero il non profit dovrà essere un attore così importante, nel futuro delle società, occorre che le istituzioni non profit rivendichino, naturalmente essendo in grado di giocarlo!, un ruolo anche consultivo, di disegno congiunto delle politiche, di decisione e programmazione, insieme alle istituzioni pubbliche e agli attori economici. – La cooperazione, anche tra istituzioni, oltre che nei confronti delle comunità, è uno dei veri punti di forza del settore non profit. Il manager solidale deve farsi attore di cooperazione, attivatore di reti, costruttore di sinergie, promotore di lobbying. Nel rispetto delle individualità istituzionali e delle autonomie organizzative, che, nel non profit, sono particolarmente importanti. – Il manager sociale deve conoscere il project management e sapere come strutturare e gestire una organizzazione che opera prevalentemente in tale modo. Struttura organizzativa, meccanismi di funzionamento, gerarchie e divisione di competenze, gestione economico-finanziaria, meccanismi di verifica dei risultati, tutto, in una organizzazione per progetti, si configura in modo specifico, con proprie cadenze e modalità. Enti pubblici Collaborazione con gli enti pubblici e troppe aspettative nei loro confronti. – Le opportunità di lavoro, per le istituzioni non profit, cooperative sociali e associazioni, provengono prevalentemente dalla collaborazione con enti locali, Usl, ospedali, case di riposo, scuole, per le aree dei servizi sociali, assistenziali e sanitari, dell? educazione e della formazione. Dal canto loro, è indubbio che le amministrazioni pubbliche sono orientate alla costituzione di formule miste, istituzionali e/od organizzative, per una più efficace ed efficiente produzione e distribuzione dei servizi pubblici, che vedono come un attore rilevante proprio il settore non profit. – Non solo per le opportunità di lavoro, ma anche rispetto alle condizioni per operare, le istituzioni pubbliche sono viste come particolarmente importanti, da parte degli enti non profit. Da esse ci si attendono leggi favorevoli, finanziamenti sicuri e congrui, contratti di lavoro adeguati, politiche del lavoro specifiche, l?assunzione di un ruolo e la predisposizione di una serie di elementi che gli enti pubblici, in realtà, non possono essere in grado di offrire, soprattutto fino a che il Terzo settore non abbia un ruolo maggiormente istituzionalizzato e riconosciuto e non goda di un maggiore potere contrattuale. Ecco perché il manager non profit deve essere particolarmente capace di gestire i rapporti con le istituzioni e anche di trovare strade alternative in autonomia.


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