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La chiesa ributtata nel mondo

Un’Enciclica per nulla difensiva. Molto lontana dall’approccio di Papa Wojtyla

di Aldo Bonomi

Chi si aspettava un Papa sulla difensiva sulla morale è stato preso completamente in contropiede. Questa è un?Enciclica che esce dalle mura, che rompe i perimetri. E ripropone una Chiesa ?sociale? da sempre. Ringrazio Vita che mi ha invitato a leggere la prima Enciclica di Benedetto XVI, Deus caritas est, perché la lettura è stata davvero sorprendente, inaspettata, e interessantissima, per la potenza dei ragionamenti. Si tratta di un?Enciclica molto mondana, che sta totalmente dentro il mondo. Chi si aspettava che il teologo ex Prefetto della Congregazione della fede fosse il Papa della perimetrazione si sbagliava di grosso, la sua prima enciclica non è per nulla intramoenia, ma extramoenia, totalmente fuori dalle mura. Mi è parso un documento che fa anche un vero passo in avanti rispetto ai ragionamenti wojtyliani che erano sempre molto difensivi rispetto alla famiglia o alla morale sessuale. Questo Papa salta a piè pari ogni approccio morale, chi se lo aspettava? Mentre Woityla ha portato la Chiesa in giro per il mondo, dentro i processi della globalizzazione con i suoi viaggi, le sue visite, i suoi piedi, il suo corpo, questo Papa la Chiesa la mette ?nel? e ?dentro? il mondo, la ributta completamente nel mondo con un ragionamento teologico. In particolare mi hanno colpito due dei ragionamenti contenuti nell?Enciclica. Il primo riguarda il rapporto tra Stato e Chiesa. Il Papa entra nel dibattito attuale sul rapporto tra Stato e Chiesa, un dibattito imperniato sulla dicotomia, un po? frusta, lo «Stato fa la politica», la «Chiesa pensi allo spirito». Benedetto XVI, nell?Enciclica, immette qualcosa di potente, di nuovo in questa dicotomia. Lui dice che lo Stato ha il compito della giustizia, ma sottolinea come anche la Chiesa è però nel mondo, e in quanto tale esprime una visione sociale cristiana, fatta di opere, interventi, iniziative. In quanto tale, la Chiesa ha una sua logica politica. Lo Stato deve garantire la giustizia, ma la Chiesa, ricorda il Papa, deve intervenire nel mondo per far sì che questi elementi della società giusta abbiano senso e vigore, certo, senza sovrapporsi alla politica. Del resto, storicamente, la comunità ecclesiale sta nel mondo e ha una sua dimensione politica, o meglio, pre-politica, pre-istituzionale, pre-statale, in una parola ?sociale?, da sempre. Ma proprio in quanto soggettività temporale, per la Chiesa non ci deve essere nessuna ritirata intimistica, spiritualista. Quella che fa Benedetto XVI è una distinzione che sta tutta nell?ordine temporale, il Papa, cioè, distingue tra Stato e Chiesa come tra due dimensioni temporali. Un altro punto mi ha molto colpito: quello sulla triade di ?sentimenti? su cui ragiona l?Enciclica, Eros, Agape e Caritas. Innanzitutto riconosce che l?Eros è un motore del mondo, non lo nasconde come forza dell?attrazione e della riproduzione, e questa è già una novità, mi sembra. Ma proprio perché lo riconosce ci dice due cose che in questa società si dimenticano (la nostra è una società attenta alla sessualità, ai problemi di genere e della riproduzione). Sono due dimensioni che lui sottolinea in modo potentissimo, l?agape, cioè la relazione come dono, e la caritas che sola costruisce relazioni sociali. Nella misura in cui alla relazione tra due polarità, eros, non si dà agape, cioè la gratuità dello scambio, e caritas, cioè la solidarietà, non si costruiscono vere relazioni sociali, non si fa società. Ecco ancora come questa è un?Enciclica fortemente politica, che sta totalmente nel mondo.


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