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La geografia della povert

L’ultimo rapporto dell’Onu sulla povertà nel mondo. In Occidente la miseria coincide con l’impossibilità di accedere alle opportune tecnologiche e di occupazione

di Paolo Giovannelli

«Una volta, dopo i miei viaggi nell?Africa povera, scrivevo per rassicurare i nostri operai, impiegati e professionisti sul fatto che, ?per fortuna?, tutti noi vivevamo nella opulenta società occidentale. Oggi, invece, la povertà ci coinvolge. Occuparsene non è più nemmeno un fatto di buon cuore». Così un noto giornalista introduceva la scorsa settimana la presentazione dell?ottava edizione del Rapporto sullo sviluppo umano dell?agenzia di sviluppo delle Nazioni Unite (Undp), focalizzato sull?analisi della povertà. Dunque, c?è una povertà senza confini, mobilissima e strisciante, che ha raggiunto anche il ?nostro? mondo, oltre ai cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Per combatterla, l?Onu, in ritardo sulla realtà, chiede in tutta fretta aiuto alla società civile e al volontariato.Il nuovo tipo di povertà, misurato dall?Undp con un finora inedito ?indice di povertà umana? (Ipu), è ?la povertà di scelte e di opportunità?, che le Nazioni Unite scoprono «molto più paralizzante della povertà di reddito. In pratica, chi diventa povero e non ha accesso soprattutto alle risorse tecnologiche ha, purtroppo, infinite possibilità di restare tale rispetto al passato. Il Rapporto 1997 aggiunge che, per scongiurare l?escalation planetaria di una cruenta guerra quotidiana, porta a porta, fra poveri e ricchi, i governi dovranno controllare decisamente il libero mercato che, per vocazione, concentra ricchezza e sapere tecnologico. E, contemporaneamente, azzerare i debiti del Terzo mondo, per far reggere tutti sulle proprie gambe. Facile, a parole. Se i poveri sono certamente in netto aumento nei Paesi ricchi, gli aspetti in cui la povertà dell?Occidente si presenta vengono definiti ?curiosi? dai rappresentanti dell?Undp: una povertà che non cresce nei settori dell?emarginazione, tristi buchi neri delle società contemporanee, bensì in quelli dell?occupazione. Il caso degli Stati Uniti è emblematico: sempre più lavoratori del ceto medio, cadono in disgrazia o rischiano di farlo presto. I laureati, inoccupati, rientrano tout-court nei nuovi poveri. L?Italia, pur riducendo la povertà di reddito (10,6% nel 1986 contro il 6,5% del 1991), sta sviluppando una forma particolarmente odiosa di povertà, quella che colpisce i bambini, di cui ben il 10,5% vive ormai al di sotto della stessa soglia di povertà. Inoltre, le Nazioni Unite lanciano l?allarme sul tipo di disoccupazione italiana, che è di lungo periodo. Contro le medie 1995 degli altri Paesi industrializzati, 16 per cento per gli uomini e 17 per cento per le donne, il Belpaese registra nello stesso periodo, poco incoraggianti 27 per cento e 36 per cento. Anche se nel mondo industrializzato oltre 100 milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà, più di 5 milioni sono senza casa e 37 milioni senza lavoro, alle Nazioni Unite si dicono comunque ottimisti sul futuro dell?umanità e attendono di sconfiggere – definitivamente, assicurano – la forma di povertà grave, quella della fame e della sete, che riguarda approssimativamente 800 milioni persone, entro i primi decenni del prossimo secolo. Chi volesse ordinare il Rapporto sullo sviluppo umano 1997 dell?Undp può richiederlo a ?Rosenberg e Sellier? Editori, via Andrea Doria 14, 10123 – Torino. Telefono: 011/8127820. Il prezzo è di lire 32mila. Poveri di casa nostra Il processo di integrazione europea, orientato su parametri prevalentemente economici e finanziari, sembra ignorare la dimensione sociale. All?euroseminario ?Unione europea ed esclusione sociale?, che si svolgerà i prossimi venerdì 27 e sabato 28 giugno a Perugia, si parlerà di esclusione sociale, disoccupazione, immigrazione. L?iniziativa è organizzata dal centro culturale ?Francesco Luigi Ferrari? di Modena, dalla Caritas regionale umbra e dall?Istituto regionale di ricerche economiche e sociali (Irres) dell?Umbria. Per informazioni: Irres, tel 075/5043805.


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