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Attivismo civico & Terzo settore

La Lugano bella di Chiapparino

E' direttore del dicastero Giovani ed eventi del Comune svizzero. Un vulcano di idee

di Luca Fiore

Claudio Chiapparino ha un’idea al minuto. Impossibile interrompere questo flusso continuo. In più, Chiapparino passa il tempo a realizzarle, queste idee. E, se qualcuna non è realizzabile, diventa lo spunto per farsene venire una nuova, più fattibile.

Salentino di Uznach (Canton San Gallo), classe 1966, dal 1993 è direttore del dicastero Giovani ed eventi del Comune di Lugano. Quando ha iniziato aveva un solo ufficio e 200mila franchi di budget. Oggi – 17 anni dopo – dà lavoro a cento persone, ha la responsabilità di un bilancio annuo da 3 milioni di franchi e gestisce per la città un pacchetto anti disoccupazione di 15 milioni di franchi. Ma a colpire di Chiapparino, più che i risultati, è il metodo con cui affronta le sfide e che ha conquistato anche chi, agli inizi, lo osteggiava. «Prima del mio arrivo non esisteva una politica del Comune rivolta ai giovani, così ho dovuto inventare tutto da zero. Non sono andato lontano a cercare idee: siccome il mio ufficio era in uno stabile, lo Studio Foce, che ospitava anche una piccola sala teatrale, ho scoperto che quella sala era sfruttata per appena un terzo del tempo, e allora iniziai a far sapere che quello spazio era disponibile per chi lo desiderava. Mi sono arrivate decide e decine di richieste da parte di gruppi musicali, band emergenti, compagnie teatrali che muovevano i primi passi e compagnie professioniste in cerca di spazio. Nel giro di tre anni quello spazio non bastava più a soddisfare le richieste, così decisi di separare la musica dal teatro e ho trovato una sala concerti, la Sala Metro».

 

Non esiste cultura alternativa

«Sempre allo Studio Foce», continua Chiapparino, «accanto al mio ufficio c’era un batterista che dava lezioni private. Volevo mandarlo via: lavorare con quel rumore era impossibile. Poi, chiacchierando con lui in corridoio, mi raccontò che aveva intenzione di mettere in piedi una scuola di musica.

Decisi di aiutarlo: nel giro di due anni si è messo insieme con altri quattro docenti e hanno fondato una scuola di musica moderna i cui programmi sono stati riconosciuti dalla Swiss Jazz School di Berna».

Col tempo l’offerta musicale e teatrale dello Studio Foce comincia a farsi notare e, quasi, a entrare in concorrenza con l’offerta del dicastero Giovani ed Eventi della città. «Noi», spiega Chiapparino, «abbiamo cercato di dare spazio a tutte le realtà che esistevano a Lugano, e fin dall’inizio abbiamo rifiutato categoricamente di accettare la logica per cui quella del Comune era una cultura ufficiale e quella degli altri gruppi era cultura alternativa.

Tanto che, dall’inizio, abbiamo dato spazio sia a livello musicale sia a livello teatrale, anche a quelli che facevano teatro e musica ?non ufficiale?».

Il che crea tensioni e sospetti, anche perché Chiapparino sembra arrivato da un altro pianeta: non è inquadrabile politicamente e sembra non aver pregiudizi verso nessuno.

I primi problemi nascono quando decide di organizzare in piazza Riforma, a Lugano, la principale piazza della città, un concorso per le giovani band locali. «Mi sono detto: questa piazza viene utilizzata per manifestazioni come Estival Jazz e Blues to Bop, che la riempiono con artisti internazionali. Io voglio dimostrare che anche i giovani artisti locali sono in grado di riempire la piazza. Chiamai il concorso ?Palco ai Giovani?. Arrivarono gruppi heavy metal, hard rock e hip-hop, cose un po’ pesanti per il salotto buono della città». Fu un successo, ma parecchi si scandalizzarono.

 

I giovani di allora sono cresciuti

Non solo. A Lugano esiste un gruppo di autonomi di sinistra che, all’inizio, collaborano con Chiapparino. Poi nel 1996 la rottura: gli autonomi occupano i Mulini Bernasconi e ci installano un centro sociale autogestito dicendo che non accettano più di condividere degli spazi con altri. «Noi continuammo a ospitare e dare spazio a gruppi e realtà che si definivano ?alternative? e che, in alcuni casi, non trovavano spazio al centro sociale. Questo nostro atteggiamento creò nuovi consensi, non perché usassimo una strategia particolare, ma perché il nostro desiderio profondo era dare spazio a tutti», racconta Chiapparino. «Doveva essere poi il pubblico a confrontarsi con il messaggio che ciascuno di questi lanciava. Questo mi sembra un modo civile e interessante di stimolare la creatività, anche perché dare spazi non basta; bisogna creare anche rapporti e relazioni, mettere in contatto le varie realtà in modo che nasca un confronto e non si creino compartimenti stagni. C’è un’altra cosa di cui ci siamo accorti: le cose che facevamo piacevano non solo ai giovani, ma piacevano a tutti. Anche perché, dopo 17 anni, la maggior parte delle persone che partecipano alle nostre iniziative sono adulti».

Il dicastero di Chiapparino non offre solo spazi di creatività, ma coinvolge i ragazzi direttamente nell’organizzazione degli eventi. «Fin dall’inizio», spiega, «abbiamo pensato fosse importante che i giovani ricevessero una minima paga per lavorare nelle manifestazioni che organizzavamo. Poi diversi enti hanno cominciato a chiederci aiuto per realizzare le loro manifestazioni.

Così mi sono inventato, nel 1999, l’associazione Sotell (Servizi organizzazione tempo libero e lavoro) i cui soci erano i giovani stessi. Così riuscivamo a far lavorare tra i 50 e i 70 ragazzi».

La Sotell diventa anche un’occasione di incontro tra mondi che altrimenti non si sarebbero conosciuti: c’è il ragazzo di sinistra, il discotecaro, l’intellettuale… Nascono delle amicizie che reggono nel tempo. «Per caso è capitato che tra questi giovani cui davamo lavoro, senza che noi lo sapessimo, ci fosse il figlio di qualche personaggio importante della città. A casa i ragazzi raccontavano quel che facevano con noi, e di quanto lo facessero con gusto. Proprio questo è stato uno dei più importanti canali di consenso politico che abbiamo avuto».

 

Dal pedalò all’arte: tutto è lavoro

Il consenso attorno al dicastero di Chiapparino cresce e nel 2009, nel bel mezzo della crisi finanziaria che tocca anche la ricca Lugano, l’amministrazione comunale decide di affidargli tutto il pacchetto anti crisi, 15 milioni di franchi. La missione è ostica: trovare le vie per reinserire i disoccupati di Lugano nel mondo del lavoro.

Basti un dato: la percentuale di giovani disoccupati è doppia rispetto a quella della media del Canton Ticino. Ma perché chiedere proprio a Chiapparino? Lui non se lo chiede. Piuttosto, dà fondo a tutte le sue risorse inventive.

Un bar in riva al lago può essere, per esempio, un posto dove imparare il lavoro di barista. C’è una giovane disoccupata laureata in storia dell’arte? Trasformiamo una sala della sede del dicastero in una galleria d’arte.

Il dicastero non ha la mensa? Facciamo la mensa e facciamoci lavorare i disoccupati. L’affitta-pedalò sul lungolago va in pensione? Rileviamone l’attività e creiamo due o tre nuovi posti di lavoro.

Ma non è solo una questione di lavoro e di stipendi. Emblematici sono gli incontri con Carlo Ossola, italianista di fama mondiale, o con lo scrittore Luca Doninelli.

Con Ossola nasce un ciclo di incontri rivolti proprio ai ragazzi dei programmi per disoccupati: tra marzo e maggio scorso, durante l’orario di lavoro, in 50/60 vanno all’università della Svizzera Italiana per seguire i corsi.

«Queste esperienze permettono ai ragazzi di allargare gli orizzonti, danno nuove opportunità. Io a questi ragazzi, che durante il giorno montano e smontano palchi e transenne, ho detto che se non hanno fatto l’università è perché sono stati chiamati a un altro compito non meno dignitoso, ma questo non vuol dire che le cose che si dicono in università non le possono capire. Dopo aver sentito il professor Ossola parlare di letteratura, in aula ci sono tornati spontaneamente anche per gli altri incontri».

«A Luca Doninelli, invece, ho chiesto di venire a fare con i miei ragazzi quel lavoro di ?antropologia narrativa? dal quale è nato il libro Milano è una cozza. Gli ho chiesto di fare qualcosa di analogo su Lugano, coinvolgendo i miei giovani. Sviluppando questo lavoro con Luca alcuni di loro sono fioriti, altri hanno migliorato il loro rendimento scolastico. Doninelli ha poi voluto che incontrassero personalità che li aiutassero in questo lavoro. Così sono venuti a Lugano a conoscerci il professor Giulio Sapelli, il fotografo di fama mondiale Gabriele Basilico, il direttore editoriale di Vita Riccardo Bonacina… Tutti questi ospiti sono rimasti colpiti dalla nostra realtà, e hanno chiesto di poter tornare, di inventarci insieme altre iniziative».

Chiapparino, un’idea al minuto. Ma come fa a non stancarsi dopo tanti anni? «È una sorta di inquietudine quella che mi muove. Uno struggimento per questi ragazzi, perché vorrei che fossero felici in quello che fanno. Non è questione di pianificazione: le idee nascono dall’incontro con loro e con le loro storie. Più sto con loro e più mi appassiono: la fatica passa in secondo piano».


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