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La piccola ong di “secchioni” che ha messo alle corde Apple

di Chiara Caprio

Sono passati sette anni dal primo giorno di lavoro a Sacom, ma Debby Chan non ha mai smesso. Dopo le prime battaglie contro la Disney, questa giovane attivista e ricercatrice di Hong Kong ha investito tutta se stessa in una piccola ong oggi composta solo da studenti e professori, quasi tutti volontari. Sono stati Debby e i giovani ragazzi di Sacom – Students and Scholars Against Corporate Misbehavior a rendere pubblici tutti gli abusi subìti dagli operai di Foxconn, potente gigante dell’industria cinese, concessionario Apple e non solo. Che si tratti di contratti o del terribile caso dei suicidi a catena tra gli operai, Sacom è il cane da guardia dei diritti dei lavoratori cinesi, attraverso collaborazioni con altre ong che si occupano di questi temi ed entrando, quando possibile, direttamente nelle fabbriche, soprattutto nel Sud della Cina, anche utilizzando attivisti che si fanno assumere sotto copertura. E se il caso Apple sembra essere sulla strada giusta, il prossimo obiettivo sono invece i Giochi olimpici.

Secondo un vostro rapporto, le mascotte per le Olimpiadi di Londra sono prodotte a costi umani molto alti. Che cosa sta succedendo in queste aziende?
Il Comitato olimpico ha un codice di condotta che dovrebbe essere rispettato dai fornitori. Noi quindi siamo partiti da questo codice e abbiamo studiato negli ultimi mesi del 2011 qual è la situazione presso la Yancheng Rainbow Arts and Crafts Company di Dafeng City, dove vengono prodotte le mascotte. Abbiamo riportato numerose violazioni dei diritti dei lavoratori, tra cui intimidazioni, assenza di contratti, mancanza del rispetto del salario minimo, straordinari e maternità non pagati. E sono solo alcuni dei problemi che abbiamo riscontrato. Abbiamo denunciato questa situazione ma continueremo, in attesa di una risposta ufficiale dalle aziende e dal Comitato olimpico. Su questo fronte lavoriamo in collaborazione con l’organizzazione Fair Play e a breve usciremo con un nuovo e dettagliato rapporto delle violazioni sistematiche che questi lavoratori stanno subendo.
In questi ultimi mesi si parla molto di Apple. Avete riscontrato dei miglioramenti negli stabilimenti Foxconn dove vengono prodotti iPad e iPod?
Non abbiamo registrato alcun miglioramento significativo a Chengdu e Zheng- zhou. A Chengdu, alcuni lavoratori hanno dichiarato che le pause giornaliere sono salite a tre nell’arco di 24 ore e che gli orari sono più regolari, come da contratto. Il vero problema comunque è che non c’è trasparenza. Non ho alcun dubbio che Apple farà qualcosa, il problema è venire a conoscenza di questo qualcosa in maniera trasparente. Apple generalmente è piuttosto lenta nel rispondere a queste problematiche: nel caso degli avvelenamenti a Suzhou, avvenuti nel 2010, ha risposto alle richieste dei lavoratori e della società civile solo dopo un anno e mezzo. Quando ci fu l’esplosione a maggio scorso, sia Apple sia Foxconn non rilasciarono alcuna dichiarazione. Hanno pubblicato un report solamente a gennaio scorso: ci sono voluti ben sette mesi per avere una parvenza di risposta, dopo tutte le nostre denunce.
Come riuscite a tenere monitorate le diverse aziende?
Per prima cosa, non riuscendo a mettere direttamente pressione al governo cinese, ci siamo concentrati sui codici di condotta delle compagnie, che tendono sempre a mostrare una situazione rosea e a voler convincere i consumatori che i loro prodotti non sono frutto di una moderna schiavitù. Il tema della responsabilità sociale delle aziende è centrale ed è il focus della nostra azione: andiamo a verificare se le promesse inserite nei codici vengono mantenute e denunciamo le violazioni che accertiamo. La nostra sede è Hong Kong, da dove possiamo operare tranquillamente, anche se in Cina hanno oscurato il nostro sito. Da qui, grazie alla rete di professori universitari e studenti, abbiamo creato un network di volontari in tutta la Cina. Chiaramente dobbiamo prendere delle precauzioni, non possiamo rivelare la loro identità e anche nelle comunicazioni online e telefoniche dobbiamo essere cauti. A livello di tecniche utilizziamo tutto ciò che rientra nelle normali ricerche, interviste dirette con i lavoratori in particolare. Altra tecnica poi è quella dei lavoratori sotto copertura. Cerchiamo lavoro nelle aziende seguendo la procedura normale e poi una volta che siamo dentro proseguiamo il nostro lavoro di ricerca. In sei anni di attività, nessun volontario è stato scoperto o ha avuto problemi.
A proposito dei volontari, Sacom è composta quasi esclusivamente da studenti, e proprio sul tema degli studenti-lavoratori avete lanciato una nuova petizione. In cosa consiste?
Sì, abbiamo lanciato una petizione che è leggibile sul nostro sito. Quella degli studenti-lavoratori è una pratica molto comune. Le aziende li assumono come lavoratori temporanei, perché molti di questi ragazzi, che generalmente frequentano corsi di tipo professionale, ad esempio per diventare guide turistiche o insegnanti di lingue, devono completare degli stage dai tre ai 12 mesi presso aziende private. Questi stage dovrebbero essere fatti presso aziende affini al settore di studi, ma in realtà non è così. Abbiamo accertato che in molti casi finiscono per essere reclutati presso gli stabilimenti di Foxconn come lavoratori a tutti gli effetti. È anche una forma di lavoro non-volontario, perché non possono rifiutarsi. Se decidono di non partecipare agli stage presso Foxconn, non si diplomeranno. In vari casi, la scuola si rifiuta di rilasciare il diploma. Questi stage forzati possono accadere solo perché Foxconn è molto influente: in alcune aree centrali della Cina le autorità locali stabiliscono degli accordi (attraverso cui passano anche finanziamenti ovviamente) secondo cui sono obbligate a rifornire Foxconn di forza lavoro, quindi a procurare stagisti e operai. Questo è un quadro che ci è stato tracciato proprio dai lavoratori, che raccontano del reclutamento tramite autorità locali. Sappiamo anche che molti studenti sono riluttanti a lavorare per Foxconn per via delle condizioni molto difficili e stressanti, ma devono farlo ugualmente. Foxconn inoltre recluta gli insegnanti stessi per controllare che gli studenti frequentino gli stage e accettino queste condizioni.
Pensa che tutto questo servirà a migliorare la salute del mercato del lavoro in Cina?
La società civile cinese è ancora molto immatura, ma i lavoratori migranti sono molto più coscienti e battaglieri di quanto si tenda ad immaginare. Tuttavia, per proteggere davvero i diritti dei lavoratori non c’è altra strada che fondare dei sindacati democratici e indipendenti anche in Cina. Ed è su questo punto che premiamo quando abbiamo a che fare con le multinazionali straniere, inclusa Apple: puntiamo sulla necessità di creare sindacati non di partito e i cui rappresentanti siano eletti democraticamente. Sappiamo che è una strada lunga e difficile da percorrere, ma contiamo sulle nostre forze e su quelle dei consumatori, che devono fare la loro parte e premere perché questo si realizzi.


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