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La social card? Fa la spesa al supermercato

A maggio 24 milioni sono stati destinati alla grande distribuzione contro i 5,5 del piccolo dettaglio. Ecco perché

di Marco Vitale

Il supermercato più vicino, prima storia, è giù a valle. È la terza settimana del mese e i soldi iniziano a scarseggiare. Quei quaranta euro della social card farebbero davvero comodo ma, a più di mille metri d’altezza, c’è solo uno spaccio e la signora che lo gestisce forse non sa neanche come sia fatto il pos, il terminale in cui si striscia la tessera blu. La latteria, seconda storia, è proprio dietro l’angolo. Per arrivarci non bisogna attraversare neanche la strada. La soluzione ideale per un anziano. Il lattaio però, anche lui, non ha il pos. Storie, inventate, ai tempi della social card. Ma verosimili. Storie che avrebbero un finale diverso se, al posto della tessera di plastica, ci fossero i buoni acquisto. La possibilità di introdurre dei ticket di carta, va ricordato, è contemplata dal decreto istitutivo della social card per venire incontro ai beneficiari che vivono «nelle aree in cui non sono diffusi terminali di pagamento elettronico» ma, finora, è rimasta sulla carta.
Dal ministero dell’Economia e delle Finanze, interpellato da


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